Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 gennaio 2020, n. 707

Licenziamento disciplinare, Cooperativa sociale, Delibera di
esclusione operatrice socio-sanitaria, Reintegra, Riammissione socia,
Indennità risarcitoria, Testo art.
18 St. Lav. vigente all’epoca del licenziamento

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza n.
1124/2017 depositata il 31/10/2017, in parziale riforma della pronuncia di
primo grado, per quanto qui rileva, ha accertato l’illegittimità del
licenziamento disciplinare e della contestuale delibera di esclusione di G.L.,
operatrice socio-sanitaria della cooperativa sociale Onlus A. D., disponendone
la reintegra e la riammissione quale socia, e condannando la cooperativa al
pagamento di una indennità risarcitoria ai sensi dell’art. 18 comma IV, legge n. 300/70,
commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del
licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione.

La Corte di merito, applicando la giurisprudenza di
questa corte, ha ritenuto che dalla illegittimità della delibera di esclusione
della socia lavoratrice, fondata esclusivamente su ragioni disciplinari,
derivasse l’applicazione dell’art.
18 dello statuto dei lavoratori.

2. Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per
cassazione, la cooperativa sociale Onlus A. D., affidato ad un unico motivo,
esclusivamente con riguardo alla parte in cui ha condannato la cooperativa alla
indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal
giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione; ha
resistito con controricorso G.L. deducendo la inammissibilità dell’impugnazione
per tardività e manifesta infondatezza, nel merito, della stessa.

Entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi
dell’art. 378 cod. proc. civ..

 

Ragioni della decisione

 

2.1. Con l’unico motivo di ricorso la cooperativa
ricorrente ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., chiedendone l’annullamento parziale,
per violazione e/o erronea applicazione dell’art. 2 L. n. 142/01, dell’art. 18 St. Lav., come
modificato dall’art. 1 commi 42 e
seguenti della L. n. 92/2012.

Avrebbe errato, infatti, nella prospettazione
difensiva, il giudice territoriale allorché, dopo aver ritenuto applicabile la
tutela di cui all’art. 18
dello Statuto dei Lavoratori, in ragione della ritenuta illegittimità del
licenziamento e della delibera di esclusione fondata solo sulle ragioni
disciplinari, ha applicato la tutela risarcitoria prevista dall’art. 18 cit. nel testo
previgente alla legge n. 92/2012, e non in
quello in vigore all’epoca del licenziamento, che stabiliva che la misura
dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della
retribuzione globale di fatto e che – se applicato- nel caso di specie avrebbe
comportato la condanna al massimo a 12 mensilità invece che a 33 (quante erano
quelle tra la data del licenziamento, del 8.12.2014 e la data in cui la
lavoratrice ha esercitato l’opzione di cui all’art. 18 c. 4 dello Statuto,
rinunciando alla reintegra in favore del pagamento dell’indennità sostitutiva).

3. – In via pregiudiziale di rito, va affermata la
tempestività del ricorso, notificato entro il termine ordinario di 60 giorni
dalla notificazione della sentenza di appello (avvenuta il 9 novembre 2017,
mentre il ricorso per cassazione, come si evince dal timbro in calce allo
stesso, risulta notificato a mezzo posta dall’avv. ai sensi dell’art. 3 della
legge 53 del 1994, con consegna tempestiva all’agente postale del 28 dicembre
2017) conformemente al disposto dell’art. 4 della legge n. 890 del
20/11/1982.

3.1. il ricorso è fondato.

La giurisprudenza di questa corte ha da tempo
chiarito che la L. n. 142 del 2001, recante
disposizioni in tema di revisione della legislazione in materia
cooperativistica, ha definitivamente ratificato la possibilità di rendere
compatibili, anche nelle cooperative di lavoro, mutualità e scambio,
ridimensionando la portata di una concezione puramente associativa del fenomeno
cooperativo. Ciò in quanto il legislatore ha previsto testualmente che “il
socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente
all’instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in
forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i
rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce
comunque al raggiungimento degli scopi sociali” (così l’art. 1, comma 3,
come modificato dalla L. n. 30 del
2003, art. 9, che ha fornito al lavoro cooperativo una nuova configurazione
giuridica, con l’introduzione, in favore dei soci, di un complesso di tutele
minime ed inderogabili).

E’ allora evidente che il rinvio operato alla
normativa dello statuto dei lavoratori (e, in parte qua, dell’art. 18 cit.) non può essere considerato
un rinvio materiale, poiché in caso di modifica della normativa dello statuto
dei lavoratori, rispetto a quella vigente all’epoca di entrata in vigore della
norma di rinvio (l’art. 2
cit.), ciò introdurrebbe un ingiustificato elemento di disparità di trattamento
tra tutti i lavoratori, assoggettati alla disciplina dell’art. 18 di volta in volta
ratione temporis applicabile, ed i lavoratori di società cooperative, rispetto
a quali si dovrebbe cristallizzare il testo dell’art. 18 vigente nell’anno
2001.

Tal interpretazione, irragionevolmente in contrasto
con la ratio legis della normativa specifica, che ha inteso equiparare la
posizione dei lavoratori soci di cooperative agli altri lavoratori, e che
introdurrebbe un regime di tutela differenziato non previsto dalla norma (e
favorevole, nel caso di specie, ai medesimi lavoratori soci di cooperativa),
non pare neppure sostenuta dalla corte territoriale che si è limitata ad
applicare quella tutela senza soffermarsi sulla ragione di tale scelta.

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata,
nella parte in cui condanna la cooperativa al pagamento di una indennità
risarcitoria ai sensi dell’art.
18 comma IV, legge n. 300/70, commisurata all’ultima retribuzione globale
di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione,
affinchè altra sezione della Corte di Appello di Bologna, in applicazione del
testo dell’art. 18 comma 3
dello Stat. Lav. vigente all’epoca dei fatti, individui la misura del
risarcimento da riconoscere alla lavoratrice, tenendo conto che, in ogni caso,
la misura dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici
mensilità della retribuzione globale di fatto, conformemente al seguente
principio di diritto; “In tema di società cooperativa di produzione e
lavoro, l’art. 2 della I. n. 142
del 2001, esclude l’applicazione dell’art. 18 dello statuto dei
lavoratori nell’ipotesi ove, con il rapporto di lavoro, venga a cessare
anche quello associativo, sicché l’accertata illegittimità della delibera di
esclusione del socio, con conseguente ripristino del rapporto associativo,
determina l’applicabilità della tutela di cui all’art. 18 nel testo vigente
all’epoca del licenziamento”.

Il giudice del riesame dovrà altresì provvedere al
regolamento delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in
diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio
di legittimità.

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