La motivazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo non può basarsi sull’affermazione generica della “libertà dell’impresa di modulare il proprio assetto organizzativo”, essendo invece necessario spiegare perché il ridimensionamento aziendale abbia comportato il riassetto che aveva reso necessaria la soppressione della concreta posizione (nella specie di direttore amministrativo).
Nota a Cass. ord. 5 novembre 2019, n. 28435
Kevin Puntillo
La verifica del rapporto di congruità causale fra scelta imprenditoriale e licenziamento per giustificato motivo oggettivo è indispensabile e, in caso di diversa ripartizione di determinate mansioni fra più dipendenti, non basta che i compiti un tempo espletati dal lavoratore licenziato siano stati distribuiti ad altri, poiché è necessario che “tale riassetto sia all’origine del licenziamento anziché costituirne mero effetto di risulta” (v. Cass. n. 29238/201, annotata in questo sito da F. ROSSI, Licenziamento per giustificato motivo e soppressione del posto; Cass. n. 25201/2016; Cass. n. 19185/2016, annotata in questo sito da F. DURVAL, Licenziamento per giustificato motivo e redistribuzione delle mansioni).
È quanto sottolinea la Corte di Cassazione (ord. 5 novembre 2019, n. 28435), cassando parzialmente la sentenza della Corte di Appello di Bologna 17 febbraio 2015, n. 499, che aveva omesso ogni accertamento in concreto circa la sussistenza del collegamento eziologico tra le ragioni alla base della riduzione di personale ed il mutamento organizzativo, limitandosi ad affermare la possibilità astratta per il datore di modulare il riassetto organizzativo senza dare conto del “nesso causale tra le accertate ragioni e l’effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa”.