Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 gennaio 2020, n. 920

Tributi, IRPEF, FONDENEL, Cessazione del rapporto di lavoro
– Liquidazione in forma capitale del trattamento di previdenza integrativa
aziendale, Tassazione separata

 

Ritenuto in fatto

 

1. B. C. impugnava il silenzio rifiuto opposto
dall’Amministrazione finanziaria all’istanza di rimborso delle ritenute operate
dal fondo previdenziale denominato FONDENEL, in precedenza PIA, nel momento in
cui, cessato il rapporto di lavoro come dirigente ENEL, il fondo predetto gli
aveva corrisposto una somma di denaro, in luogo del trattamento di pensione
integrativa. La somma corrisposta era frutto della trasformazione, avvenuta nel
1986, di un trattamento assicurativo in base a polizza attivata dall’azienda
per i propri dirigenti, in un rapporto previdenziale, che al momento della
cessazione del rapporto di lavoro prevedeva la corresponsione di una rendita
previdenziale o, in alternativa, come avvenuto nel caso di specie, di un
capitale. Ad avviso del contribuente, la somma percepita era assoggettabile
solo alla ritenuta del 12,50%, come i redditi di capitale, la cui base
imponibile era determinabile secondo le disposizioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art.
42, comma 4, (nel testo vigente precedentemente alla riforma del 2004, ora art. 44).

2. La tesi del B. veniva respinta dalla Commissione
Tributaria Provinciale di Pisa la quale riteneva che le somme percepite dal
ricorrente provenissero da un fondo a gestione di tipo previdenziale e non
assicurativo. La Commissione Tributaria Regionale della Toscana con sentenza n.
24/32/07 del 27.3.2007 rigettava l’appello interposto dal B. confermando la sentenza
di primo grado.

3. La controversia perveniva quindi all’esame di
questa Corte che con sentenza n. 30326 del 2011, confermando il principio
enunciato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 13642/2011, accoglieva il ricorso
del contribuente nella considerazione che i giudici di merito avevano errato
nello statuire che l’intera somma percepita dal medesimo, a titolo di
liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale,
fosse soggetta al regime impositivo della tassazione separata e, quindi, alla
medesima aliquota del TFR. Conseguentemente, cassando tale decisione contenuta
nella sentenza impugnata, aveva assegnato al giudice di rinvio il compito di
distinguere, nella somma percepita dal contribuente a titolo di liquidazione
del trattamento di previdenza integrativa aziendale, la parte derivante dal
rendimento maturato fino al 31.12.2000, generato dalla gestione sul mercato, da
parte del Fondo, del capitale accantonato e di applicare a tale parte
l’aliquota del 12,50%, secondo il meccanismo impositivo dettato dall’articolo 6 L. 482/85.

4. All’esito del giudizio di rinvio la Commissione
Tributaria Regionale della Toscana, con la sentenza oggetto del presente
gravame (n. 259/9/14 pronunciata il 3.2.2014 e depositata rii.2.2014), in
accoglimento del ricorso del contribuente riconosceva il diritto del medesimo
al rimborso di € 72.126,25, nella considerazione che la consulenza tecnica
d’ufficio, espletata nel corso del giudizio, aveva confermato che i capitali
rinvenienti dalla contribuzione dei dipendenti Enel aderenti al Fondo PIA,
erano stati effettivamente investiti, secondo un tasso di rendimento variabile
che aveva consentito la realizzazione di un rendimento netto e che la redditività
degli accantonamenti effettuati per finanziare la prestazione PIA risultava
corrispondente alla redditività ottenuta da Enel sul mercato.

5. Avverso tale decisione l’Agenzia ha proposto
ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste il contribuente con
controricorso.

6. Il ricorso è stato fissato nella camera di
consiglio del 10.7.2019, ai sensi degli artt. 375,
ultimo comma, e 380 bis 1, c.p.c.

7. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Considerato in diritto

 

1. Con il primo motivo l’Agenzia ricorrente deduce
“violazione o falsa applicazione dell’art. 63 del d.lgs. 31 dicembre
1992 n. 546 e degli artt. 384, 392 e 394 c.p.c.
in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.”,
perché il giudice regionale avrebbe deciso in difformità del principio di
diritto formulato nel giudizio rescindente.

2. Con il secondo motivo deduce “violazione o
falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e del
principio di non contestazione di cui allo stesso art.
115 c.p.c. e conseguenziale violazione dell’art.
394 c.p.c. in relazione all’art. 360, 1° comma,
n. 4 c.p.c.”, in quanto la C.T.R., disponendo l’applicazione
dell’aliquota del 12,50% sul rendimento, avrebbe violato l’art. 115 c.p.c., e conseguenzialmente il principio
di diritto enunciato nella sentenza di rinvio decidendo la controversia in
totale difformità delle precise e univoche allegazioni di controparte.

3. Le censure dell’Agenzia, da trattare
unitariamente in quanto connesse, sono fondate.

4. Invero, il giudice di legittimità, nella sentenza
n. 30326/2011, richiamati i principi enunciati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 13642 del 2011, aveva fra l’altro
stabilito che il presupposto dell’applicazione della ritenuta del 12,50% fosse
correlato all’ accertamento sulla natura e quantità del rendimento che sarebbe
stato liquidato a favore del contribuente, dovendo la C.T.R. accertare se e
quando, sulla base delle norme contrattuali applicabili, i capitali rivenienti
dalla contribuzione fossero stati effettivamente investiti sul mercato
finanziario, quali fossero i risultati dell’investimento e in qual modo era
stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole
posizioni individuali. Il giudice del rinvio, sulla base di tali verifiche,
avrebbe poi dovuto quantificare la parte della somma complessivamente erogata
al contribuente corrispondente rendimento netto derivante dalla gestione sul
mercato finanziario

capitale accantonato mediante la contribuzione del
lavoratore e del datore di lavoro, per poi calcolare l’imposta dovuta. Ora, è
vero che spetta al contribuente, il quale invoca il diritto alla ripetizione
della maggiore ritenuta praticata dal sostituto di imposta, fornire la prova
del fondamento della sua pretesa, dimostrando quale sia la parte dell’indennità
ricevuta ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di
riferimento (cfr. Cass. 12267/2017; Cass. 10285/2017), ma nel caso di specie, la
C.T.R. si è limitata a ritenere sufficiente una consulenza avente ad oggetto la
stima degli accantonamenti individuali effettuati a bilancio dall’Enel per il
finanziamento della P.I.A e dei relativi rendimenti generali. E ciò ancorché
fosse stato demandato al giudice di merito di accertare l’effettiva presenza di
un rendimento del capitale accantonato, conseguente all’impiego del capitale
sul mercato, cui applicare l’aliquota agevolata di cui all’art. 6 L. n. 482 del
1995.

5. Come stabilito dalle Sezioni Unite, infatti, con
riferimento agli importi versati sino al 31.12.2000, il diritto al rimborso
della eccedenza di imposta versata rispetto alla aliquota del 12,50% non doveva
riguardare tutti gli importi erogati sino a tale data (come ritenuto nella
sentenza impugnata), ma doveva essere limitato “alle somme liquidate per
il rendimento”, ossia alle somme rinvenienti dall’investimento sul mercato
del capitale accantonato, alle quali soltanto è applicabile l’aliquota del
12,50% propria dei redditi di capitale (cfr. Sezioni
Unite sentenza n. 13642 del 2011).

6. Nel caso di specie La C.T.R. non si è uniformata
ai principi di diritto fissati da questa Corte. Infatti, come si evince dalla
stessa sentenza impugnata, risulta che il rendimento non è quello rinveniente
dall’investimento sul mercato finanziario delle somme accantonate, ma deriva da
una riserva contenuta nel bilancio Enel costituita per fronteggiare i futuri
esborsi riconoscendo un rendimento corrispondente alla redditività ottenuta sul
mercato dall’intero patrimonio Enel; ciò che per definizione è altra cosa
rispetto all’investimento sul libero mercato delle somme da parte del Fondo di
gestione, dal quale soltanto può derivare un reddito assimilabile al reddito di
capitale e perciò sottoposto alla aliquota del 12,50% vigente ratione temporis
(in senso conforme Sez. 5, n. 10285 del 2017
pagg.15 e 16).

7. Conseguentemente, il ricorso va accolto e non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa
nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente. Il recente
formarsi della giurisprudenza, in materia, giustifica la compensazione delle
spese del giudizio

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e
non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide la causa nel
merito rigettando il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese
dell’intero giudizio.

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