Il datore di lavoro che stipula un contratto a tempo determinato deve provare di avere operato la valutazione dei rischi (DVR).
Nota a Trib. Milano 10 ottobre 2019, n. 2300
Giuseppe Rossini
Ai fini della validità del termine apposto ai contratti di lavoro, è onere del datore di lavoro provare di aver effettuato la valutazione dei rischi ai fini della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
Lo afferma il Tribunale di Milano (10 ottobre 2019, n. 2300), il quale rileva che l’obbligo imposto al datore di lavoro di operare la valutazione dei rischi (contenuta in apposito documento avente data certa e conservato dal datore stesso: v. artt. 17 e 28, D.LGS. n. 81/2008) costituisce un presupposto di legittimità del contratto a termine (art. 20, co 1, lett. d), D.LGS. n. 81/2015).
Il legislatore ha infatti inteso predisporre una più “intensa protezione dei rapporti di lavoro sorti mediante l’utilizzo di contratti atipici, flessibili e a termine, ove incidono aspetti peculiari quali la minor familiarità del lavoratore e della lavoratrice sia con l’ambiente di lavoro sia con gli strumenti di lavoro a cagione della minore esperienza e della minore formazione, unite alla minore professionalità e ad un’attenuata motivazione”.
Assume così particolare pregnanza l’obbligo di sicurezza dei lavoratori meno esperti ed estranei all’organizzazione lavorativa (v. Cass. n. 11622/2007).
Inoltre, incombe sul datore di lavoro l’onere di provare di aver attuato la valutazione dei rischi nei termini richiesti dalla normativa, ossia mediante la forma scritta ad substantiam. È infatti necessario che, a fronte dell’eccezione del lavoratore, il datore di lavoro produca tempestivamente in giudizio il documento scritto, quale prova certa del DVR.
E, qualora sia ravvisabile, come nella fattispecie, una totale carenza probatoria sui fatti idonei a giustificare la valutazione dei rischi, il contratto a termine si trasforma ab origine in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (art. 20, co. 2, D.LGS. n. 81/2015).