Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 gennaio 2020, n. 2226

Danno da demansionamento, Risarcimento, Differenze
retributive, c.c.n.I. studi professionali

 

Rilevato che

 

Gli avv. P.S. e A.M., quali associati dello studio
legale S., proponevano appello avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo n.
74914, con cui venne parzialmente accolta la domanda della loro ex impiegata
A.V., nei cui confronti venne riconosciuto un credito di € 11.425,29 a titolo
di differenze retributive, oltre €.8.330,00 a titolo di risarcimento del danno
da demansionamento.

Resisteva la lavoratrice, proponendo appello
incidentale circa il ridotto credito riconosciuto rispetto alle domande, oltre
al mancato riconoscimento del danno da licenziamento illegittimo.

Con sentenza depositata il 24.4.15, la Corte
d’appello di Brescia accoglieva parzialmente l’appello principale, riducendo il
credito ad € 1.247,12 per differenze retributive e respingendo per il resto.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso
la V., affidato ad otto motivi, cui resistono con controricorso lo studio
legale associato S. ed i suoi associati. Entrambe le parti hanno depositato
memoria.

 

Considerato che

 

1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia la
violazione eo falsa applicazione degli artt. 2108
c.c. e 5, co.5, d.lgs n. 663,
oltre ad omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti (superiore orario di lavoro svolto).

Il motivo è inammissibile ex art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., mirando nella
sostanza ad un riesame e rivalutazione delle circostanze di causa, esaminate
dai giudici d’appello, dalle quali sarebbe a suo avviso emersa, ad un preteso
esame più attento, la prova del superiore orario di lavoro osservato.

2. – Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c.e 2697 c.c.,
oltre all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto
di discussione tra le parti. Lamenta che la sentenza impugnata ritenne
erroneamente che le somme versatele (pacificamente) in supero al dovuto
andavano detratte da quelle reclamate a titolo di straordinario, senza peraltro
un’eccezione in tal senso.

Anche tale motivo non si sottrae ad una statuizione
di inammissibilità, riguardando a ben vedere la valutazione delle risultanze
istruttorie ed in particolare quella della remunerazione dello straordinario
accertata dalla Corte di merito. Non emerge inoltre alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c., risultando che lo Studio richiese
espressamente di detrarre da quanto reclamato dalla V., anche a titolo di
straordinario, quanto effettivamente, ed in surplus, percepito dalla stessa.
Questa Corte deve inoltre rimarcare che non trattandosi di eccezione di
compensazione in senso proprio, ma solo di accertare le reciproche posizioni di
dare ed avere tra le parti, iuxta alligata, non può ravvisarsi alcuna
violazione dell’art. 112 c.p.c. ferma teoricamente
restando la legittimità o meno del riferito sistema di remunerazione dello
straordinario, che tuttavia la sentenza impugnata ha accertato essere avvenuta
con la corresponsione delle dette somme aggiuntive, sicché la censura si
risolve in un inammissibile dissenso rispetto agli accertamenti fattuali
compiuti dal giudice del merito.

3. – Con terzo motivo la V. denuncia la violazione
dell’art. 2103 c.c., oltre all’omesso esame di
un fatto decisivo per il giudizio. Lamenta che la sentenza impugnata escluse il
reclamato diritto all’inquadramento nel 3°livello del c.c.n.I. studi
professionali che era invece emerso dall’istruttoria.

Il motivo è inammissibile, mirando dichiaratamente
ad una rivisitazione dell’intero materiale istruttorio e testimoniale in
particolare.

Né rileva evidentemente che in un periodo successivo
a quello oggetto di censure, lo Studio abbia poi riconosciuto alla V. il
3°livello retributivo da essa reclamato sin dall’inizio del rapporto, non
potendo a ciò attribuirsi alcun riconoscimento per il passato in assenza di
prove in tal senso.

4. – Con quarto motivo si denuncia ancora la
violazione dell’art. 2103 c.c., oltre
all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamentando l’erronea
valutazione dei giudici di merito in ordine al denunciato demansionamento. Come
è agevole comprendere trattasi ancora una volta di un mero ed inammissibile
dissenso della V. rispetto all’apprezzamento delle circostanze di causa da
parte della Corte bresciana alla luce della declaratoria contrattuale
collettiva.

5. – Con quinto motivo la lavoratrice denuncia la
violazione dell’art. 2109 c.c. (oltre
all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio). Lamenta, in modo non
del tutto perspicuo, una mancata statuizione circa la natura del credito per
mancato riposo settimanale ed alla relativa prescrizione, senza chiarire i
termini processuali della questione, rendendo così la censura inammissibile.

6. – Lo stesso dicasi in ordine al sesto motivo, con
cui si lamenta la violazione del c.c.n.I. studi professionali in tema di
trasferta, lamentandosi inoltre la mancata statuizione della sentenza impugnata
sul punto.

La censura è inoltre inammissibile dolendosi la lavoratrice
di una omessa pronuncia senza alcuna denuncia di violazione dell’art. 112 c.p.c. e non avendo comunque la V.
chiarito in quali esatti termini la questione venne ritualmente sottoposta
all’esame del giudice d’appello.

7. – Con settimo motivo si denuncia la violazione
dell’art. 2120 c.c. per non avere la Corte di
merito esaminato la questione dell’incidenza dello straordinario sul t.f.r.
(cui sembra aggiunto il mancato computo, agli stessi fini, degli scatti di
anzianità).

Il motivo è inammissibile in quanto la lamentata
omessa pronuncia è veicolata non dalla violazione dell’art. 112 c.p.c., ma dalla violazione dell’art. 2120 c.c., fermo restando che esso difetta di
una chiara indicazione degli esatti termini in cui le questioni sarebbero state
sottoposte al giudice di appello. Va peraltro rimarcato che il calcolo del
t.f.r. è stato elaborato da c.t.u. contabile le cui conclusioni non risultano
contestate dalla lavoratrice nella sede appropriata e comunque in sede di
appello dopo il deposito dell’elaborato peritale.

8. – Con ottavo motivo la lavoratrice denuncia la
violazione dell’art. 3 L. n.
60466, lamentando in sintesi che la sentenza impugnata riconobbe
erroneamente ricorrere nella fattispecie una ipotesi di giustificato motivo
oggettivo di licenziamento.

Il motivo, che pure presenta ancora evidenti profili
di inammissibilità quanto alla proposta diversa ricostruzione dei fatti, è
comunque infondato avendo la sentenza impugnata accertato che la ragione del
licenziamento risiedeva nella necessità di disporre di una segretaria a tempo
pieno mentre la V. operò sempre in un rigido part time da lei stessa richiesto.

Il ricorso principale deve essere pertanto
rigettato.

9. – Col ricorso incidentale lo Studio professionale
denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. per
avere la sentenza impugnata ritenuto provato lo svolgimento di lavoro
straordinario da parte della V..

Il ricorso incidentale è inammissibile in quanto
diretto ad una diversa valutazione delle circostanze di causa sul punto
rispetto a quella operata dalla Corte di merito a pag.10 della sentenza.

10. Entrambi i ricorsi debbono essere dunque
rigettati, con conseguente compensazione delle spese di lite.

 

P.Q.M.

 

Rigetta entrambi i ricorsi e compensa integralmente
tra le parti le spese di lite.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.
1152, nel testo risultante dalla L. 24.12.12
n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento, da parte di ambo le parti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma
del comma 1 bis dello stesso art.
13, se dovuto.

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