Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 gennaio 2020, n. 2236
Professione di biologo, Società in regime di convenzione,
Quota di partecipazione, Contributo integrativo, Pagamento
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 7480/2013,
ha rigettato l’appello proposto dal C.P.A. di A.F. & C. s.a.s., nonché da
C.M., nei confronti dell’ASL Napoli 1 Centro, dell’Ordine Nazionale dei Biologi
e dell’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Biologi, avverso la sentenza
emessa dal Tribunale in funzione di Giudice del lavoro della stessa città, che
aveva rigettato la domanda proposta dalle citate parti appellanti al fine di
ottenere l’accertamento dell’obbligo dell’ASL NA 1 di corrispondere per tutte
le prestazioni ricevute dal Centro il contributo ENPAB del 2% per la quota
della società facente capo a C.M., biologo iscritto all’ENPAB, con condanna
della detta ASL al pagamento della somma di euro 19.371,93 per quanto dovuto al
M. per il mancato versamento del contributo integrativo maturato sulle
prestazioni relative al periodo gennaio 2001 – dicembre 2007 ed accessori.
2. La Corte territoriale ha individuato il quadro
normativo di riferimento nell’art.
8 d.lgs. n. 103/1996 e nell’art. 4 del Regolamento di disciplina delle
Funzioni di Previdenza dell’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore
dei Biologi ed ha accertato che il dottor C.M. esercita la professione di
biologo nell’ambito del C.P.A. di A.F. & C. s.a.s., in regime di
convenzione con ASL NA 1, essendone lo stesso M. socio con quota di
partecipazione al 25%.
La questione relativa all’obbligo dell’ASL di
versare il contributo integrativo è stata risolta valorizzando il rapporto
sinallagmatico esistente tra retribuzione e contribuzione, per cui, si è
affermato che – trattandosi di struttura convenzionata esercitata in forma
societaria – i compensi relativi alle singole prestazioni non possono che
confluire nel bilancio della società che è autonomo centro di imputazione giuridica,
come del resto previsto dal regime convenzionale voluto dalla legge n. 833 del 1978 e pure dal regime
dell’accreditamento di cui all’art.
6, comma sei, I. n. 724 del 1994.
3. Da tali presupposti, la Corte ha tratto la
conseguenza che la ratio della normativa sia nel senso di lasciare che il
pagamento del contributo integrativo resti a carico della società, a nulla
rilevando che la convenzione intercorsa tra la stessa e l’ASL NA 1 Centro
prevedesse il contrario e ciò dal momento che non era stato richiesto il
pagamento in base a tale convezione.
4. Avverso tale sentenza propone ricorso per
cassazione il dottor C.M. in proprio e n.q. di amministratore del Centro sulla
base di due motivi illustrati da memoria.
5. Resiste con controricorso ENPAB che ha pure
depositato memoria. ASL Napoli 1 Centro ha depositato controricorso, con
successiva memoria, notificato a controparte in data 8.11.2019. L’Ordine dei
biologi è rimasto intimato.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente va rilevata la tardività del
controricorso, notificato solo in data 8 novembre 2019 e, quindi, in violazione
del disposto dell’art. 370 c.p.c., secondo cui
lo stesso va notificato entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito
per il deposito del ricorso; nel caso di specie, il ricorso è stato notificato
il 19 giugno 2014 e depositato il 3 luglio 2014, mentre il termine per tale
deposito sarebbe scaduto il 9 luglio 2014. Il controricorso è, quindi,
inammissibile.
2. A mente del medesimo articolo, in mancanza di
notificazione entro il termine previsto del controricorso, la parte intimata
non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale,
cosa avvenuta nel caso di specie.
3. Con il primo motivo di ricorso si denuncia
violazione e falsa ed erronea applicazione della legge
n. 335 del 1995, del d.lgs.
n. 103 del 1996 (art. 6, 7, 8) e del Regolamento ENPAB (art. 4) e
contraddittorietà della motivazione, in ragione del fatto che dal complesso
normativo sopra indicato, vincolante non solo per gli iscritti alla Cassa ma
per tutti i soggetti dell’ordinamento, si evince che la maggiorazione del 2%
(cd. contributo integrativo) deve essere applicata su tutti i redditi connessi
all’esercizio dell’attività professionale di biologo anche se si tratti di
attività svolta sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa (artt. 8 d.lgs. n. 103/1996 e 4
Reg. ENPAB) ed il biologo ha diritto a ripetere le somme versate a tale titolo
direttamente dal soggetto che si avvale della sua prestazione. La stessa
normativa regolamentare, peraltro, prevede che nel caso in cui il biologo sia
socio o membro di una società o di una associazione professionale, sarà la
stessa società od associazione ad applicare la maggiorazione per la quota di
competenza di ogni singolo socio o associato iscritto all’Ente e l’ammontare
complessivo annuo delle maggiorazioni obbligatorie dovute all’Ente dal singolo
iscritto è calcolato su una percentuale dei corrispettivi lordi conseguiti
dalla associazione o società corrispondente alla quota di partecipazione agli
utili spettanti all’iscritto stesso (art. 4, comma 1, Reg. ENPAB). Il
contributo integrativo, che ha finalità solidaristiche all’interno della
categoria, viene riscosso direttamente dall’associazione o società partecipata
ai sensi dell’art. 4, comma 2, Reg.
4. Il secondo motivo di ricorso denuncia la falsa
applicazione dell’art. 6, comma
6, I. n. 724 del 1994 e dell’art. 1, commi
39 e 40, I. n. 243 del 2004 in relazione alla erroneità delle ulteriori
motivazioni addotte dalla sentenza impugnata con riferimento alla incidenza,
sulla questione controversa, del regime delle tariffe predeterminate dalla
Regione, destinato a remunerare il servizio reso dalla società. Tale regime,
che è ispirato a perseguire vantaggi di spesa pubblica, non produce effetti
sulla diversa obbligazione di legge di tipo previdenziale che, al pari di
quella tributaria, non è eludibile dalle parti e, semplicemente, si aggiunge al
costo del servizio professionale reso. Ugualmente errato, ad avviso della
ricorrente, è il riferimento all’art. 1, commi
39 e 40, I. n. 243 del 2004 che espressamente escludono la rivalsa nei
confronti del SSN per la corresponsione del contributo integrativo nei
confronti delle società professionali mediche ed odontoiatriche in qualunque
forma costituite.
5. I motivi, da trattare congiuntamente in quanto
connessi, sono fondati.
6. Il ricorrente, sostanzialmente, addebita alla
sentenza impugnata una errata interpretazione del quadro normativo al cui
interno si colloca la fattispecie che attiene alla individuazione del soggetto
effettivamente gravato dell’obbligo di versare all’Ente di Previdenza per i
biologi il contributo integrativo previsto dall’art. 8 del d.lgs. n. 103 del 1996
e dall’art. 4 del Regolamento ENPAB.
7. Va ribadito che la privatizzazione degli enti
previdenziali dei liberi professionisti fu disposta dalla I. 24 dicembre 1993, n. 537 (art.
1°, commi 32 e 33) ed attuata con il d.lgs. 30
giugno 1994, n. 509 ed il d.lgs. 10 febbraio
1996, n. 103.
8. In particolare, l’art. 1 d.lgs. 509 del 1994 ha
assoggettato a trasformazione in associazioni o in fondazioni di diritto
privato molteplici enti pubblici gestori, regolando tale processo di
privatizzazione con la previsione di apposita deliberazione dei competenti
organi di ciascun ente, imponendo l’assenza di finanziamenti pubblici o altri
sostegni pubblici di carattere finanziario.
9. Corte cost., 18
luglio 1997, n. 248 e 5 febbraio 1999, n. 15,
hanno precisato che tale processo di trasformazione non ha dato luogo ad una
privatizzazione sostanziale, essendo rimasto immutato il carattere
pubblicistico dell’attività istituzionale svolta dagli enti privatizzati,
“articolandosi sul diverso piano di una modifica degli strumenti di
gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti stessi”.
10. In tale contesto va letto l’art. 8 d.lgs. n. 103 del 1996,
che nella versione originaria, per quanto qui di interesse, prevede: <1.
[…] 2. Gli iscritti agli albi o elenchi […] sono tenuti a presentare
domanda di iscrizione alla gestione o ente previdenziale secondo le modalità
rispettivamente previste per esse e ad effettuare i relativi adempimenti
contributivi, ivi compreso il contributo integrativo a carico dell’utenza,
nelle misure e alle scadenze stabilite. 3. Il contributo integrativo a carico
di coloro che si avvalgono delle attività professionali degli iscritti è
fissato nella misura del 2 per cento del fatturato lordo ed è riscosso
direttamente dall’iscritto medesimo all’atto del pagamento previa
evidenziazione del relativo importo sulla fattura>.
11. Ai sensi dell’art. 4 del Regolamento di
disciplina della funzione di previdenza adottato dall’ENPAB vigente ratione
temporis: <Gli iscritti all’Ente devono applicare una maggiorazione
percentuale su tutti i corrispettivi che concorrono a formare il reddito
imponibile dell’attività autonoma di libera professione, conseguito anche sotto
forma di collaborazione coordinata e continuativa, e devono versare all’Ente il
relativo ammontare, indipendentemente dall’effettivo pagamento che ne abbia
eseguito colui che si avvale dell’attività professionale, La maggiorazione è
ripetibile nei confronti di quest’ultimo.
Le Associazioni Professionali e le Società alle
quali partecipa un iscritto all’Ente devono applicare la maggiorazione per la
quota di competenza di ogni singolo socio o associato iscritto all’Ente.
L’ammontare complessivo annuo delle maggiorazioni
obbligatorie dovute all’Ente dal singolo iscritto è calcolato su una
percentuale dei corrispettivi lordi conseguiti dalla associazione o società
corrispondente alla quota di partecipazione agli utili spettante all’iscritto
stesso […]>.
12. Da quanto sin qui esposto emerge con particolare
evidenza che la riscossione da parte del professionista del contributo
integrativo, pari al due per cento del fatturato da porre a carico dell’utenza
mediante evidenza in fattura, deriva direttamente dalla legge e tale
disposizione è chiaramente rivolta a chiunque si trovi nella situazione
descritta. Inoltre, la disposizione regolamentare, contenente la ulteriore
disciplina del sistema di riscossione del contributo, laddove l’attività
professionale sia resa in forma associata o societaria, realizza una legittima
applicazione del potere regolamentare previsto dall’art. 6 del citato decreto
legislativo n. 103 del 1996.
13. Come questa Corte di legittimità ha più volte
affermato (vd. da ultimo Cass. n. 4608 del 2019 e le pronunce ivi richiamate)
il principio di autonomia riconosciuto alle Casse professionali dal d.lgs. 594
del 1994 e dal d.lgs. n. 103 del 1996 realizza,
nel rispetto della natura pluralista dell’intero sistema previdenziale, lo
scopo di rispettare le istanze del gruppo professionale nella gestione
dell’assicurazione obbligatoria, all’interno dello spazio assegnato loro dalla
legge (art. 3, comma 12, I. n.
335 del 1995), senza il concorso finanziario da parte dello Stato.
14. L’ attribuzione di autonomia gestionale,
organizzativa e contabile a tali associazioni o fondazioni, con i limiti dovuti
«alla natura pubblica dell’attività svolta» (art. 2, 1° co.), garantisce ai
nuovi soggetti autonomia statutaria e regolamentare (art. 1, 4 0 co.) ed il
finanziamento attraverso i versamenti contributivi dei propri iscritti, con
divieto di contribuzioni pubbliche (art. 1, 1° e 3° co.), pur permanendo, nei
loro confronti, il controllo pubblico (art. 3).
15. Con l’entrata in vigore della legge n. 133 del 2011, i contributi integrativi,
posti appunto a carico di chi si avvale delle attività professionali degli
iscritti, sono imposti nella misura fissata mediante delibera delle casse o
enti di previdenza competenti, approvata dai Ministeri vigilanti, in misura
percentuale rispetto al fatturato lordo e sono riscossi direttamente
dall’iscritto medesimo all’atto del pagamento, previa evidenziazione del
relativo importo nella fattura.
16. La legge suddetta ha pure previsto che, al fine
di migliorare i trattamenti pensionistici degli iscritti alle casse o enti di cui
al presente decreto legislativo e a quelli di cui al decreto
legislativo 30 giugno 1994, n. 509, che adottano il sistema di calcolo
contributivo è riconosciuta la facoltà di destinare parte del contributo
integrativo all’incremento dei montanti individuali, senza nuovi o maggiori
oneri per la finanza pubblica garantendo l’equilibrio economico, patrimoniale e
finanziario delle casse e degli enti medesimi, previa delibera degli organismi
competenti e secondo le procedure stabilite dalla legislazione vigente e dai
rispettivi statuti e regolamenti.
17. Se questo è, in sintesi, il peculiare ambito
normativo che connota il rapporto previdenziale intercorrente, in generale, tra
biologo ed Enpab è evidente, che ipotizzare, come impone la tesi seguita dalla
sentenza impugnata, che la regola generale della riscossione del contributo
integrativo a carico dell’utenza non si debba applicare laddove la prestazione
del biologo sia resa quale socio di società accreditata presso l’Azienda sanitaria,
non risponde né al dato testuale delle norme sopra riportate e neanche ad una
logica di equa distribuzione degli obblighi contributivi tra gli iscritti
all’Ente di previdenza che è, invece, punto essenziale della solidarietà
categoriale.
18. Senza alcuna giustificazione, infatti, il
biologo socio o associato si troverebbe gravato di oneri contributivi maggiori
rispetto ai colleghi non associati pur fruendo delle medesime prestazioni
previdenziali.
19. In realtà, al contrario di quanto ritenuto dalla
sentenza impugnata, l’autonomia soggettiva della società professionale o
dell’associazione non incide sul rapporto previdenziale intercorrente tra
l’iscritto e l’Ente ed il vincolo associativo (o societario) riverbera solo
sulle concrete modalità di calcolo dell’importo contributivo dovuto, come fatto
palese dal disposto dell’art. 8 del Reg. citato che dispone che l’ammontare
complessivo annuo delle maggiorazioni obbligatorie dovute all’Ente dal singolo
iscritto è calcolato su una percentuale dei corrispettivi lordi conseguiti
dalla associazione o società corrispondente alla quota di partecipazione agli
utili spettante all’iscritto stesso.
20. La regolamentazione contributiva appena
descritta non soffre, dunque, di alcuna lacuna, per cui non vi è spazio per
interpretazioni analogiche o solo estensive che attingano al disposto dell’art. 1, comma 39, I. n. 243 del 2004.
21. Tali disposizioni, peraltro, non condividono la
ratio di quelle sopra applicate. Come affermato dalla giurisprudenza di questa
Corte di legittimità (Cass. n. 10959 del 2018; Cass. n. 11257 del 2016; Cass.
n. 11591 del 2016) esse sono relative alle società professionali mediche od
odontoiatriche ed quelle di capitali ed attribuiscono a ciascun medico la quota
parte della contribuzione di spettanza individuale, prevedendo che “le
medesime società indicano i nominativi dei medici e degli odontoiatri che hanno
partecipato alle attività di produzione del fatturato, attribuendo loro la
percentuale contributiva di spettanza individuale”: si è ritenuta la
portata specifica della disposizione nel senso che la stessa impone una lettura
appropriata e tecnica della parola “fatturato”, giacché essa non
avrebbe significato ove la base di calcolo fosse già costituita dalle fatture
emesse dai professionisti a fronte dei compensi ricevuti dalla società.
22. L’intento teleologico della norma in esame
conferma che la L. n. 243 del 2004 è
intervenuta a colmare una lacuna normativa (l’assoggettamento a contribuzione
delle attività dei medici specialisti esterni operanti in strutture
societarie), attraverso la previsione del prelievo contributivo sul fatturato
annuo delle società, in qualsiasi forma costituite, prodotto dalle prestazioni
specialistiche rese dai medici e odontoiatri nei confronti del Servizio
pubblico. Si è voluto così evitare che, attraverso lo schermo della struttura
societaria, l’attività di lavoro del medico in regime di libera professione
fosse sottratta alla contribuzione previdenziale.
23. In definitiva, il ricorso va accolto, la
sentenza va cassata e rinviata per nuovo esame della fattispecie facendo
applicazione del disposto degli artt.
8 d.lgs. n. 103 del 1996 e 4 del Regolamento ENPAB sopra citato.
24. Il giudice del rinvio, che si designa nella
Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, regolerà anche le spese del
giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda la
regolazione delle spese del giudizio di legittimità.