Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 febbraio 2020, n. 2525

INAIL, Riduzione della capacità lavorativa, Rendita
unificata, Percentuale invalidante, Domanda di revisione, Termini

 

Fatti di causa

 

1. La Corte d’Appello di Cagliari, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale, dichiarava l’INAIL tenuto ad adeguare la rendita
unificata di cui è titolare S.O., già rapportata ad una percentuale invalidante
del 55% (di cui il 33% per silicosi e il 25% per angioneurosi) alla maggiore
misura complessiva di riduzione della capacità lavorativa del 59%, con
decorrenza dalla prima rata successiva alla domanda di revisione.

2. La Corte territoriale recepiva le conclusioni del
consulente tecnico, secondo le quali vi era stato sin dal settembre 2008, data
di presentazione della domanda di revisione, un peggioramento sia della fibrosi
interstiziale tipica della silicosi che dell’angioneurosi; riteneva tuttavia
che dell’aggravamento dell’angioneurosi non si potesse tenere conto al fine di
riconoscere all’assicurato una rendita maggiore, in quanto la prestazione per
tale parte era ormai stabilizzata con riferimento alla percentuale del 25%,
essendo decorsi più di 15 anni dalla costituzione della rendita, avvenuta nel
1978.

3. Per la cassazione della sentenza S.O. ha proposto
ricorso, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito l’INAIL con
controricorso.

4. L’INAIL ha depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c.

 

Ragioni della decisione

 

5. Il ricorrente deduce la violazione e falsa
applicazione degli articoli 80,
83, 131, 132 e 137 del d.p.r. n 1124 del 1965.
Richiama le sentenze delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione n. 6403 del 25 marzo 2005 e n.
12023 del 19/12/1990 e sostiene che nelle ipotesi di revisione di rendita
unica occorrerebbe procedere al riesame dei postumi di tutti gli infortuni e
alla valutazione della complessiva riduzione dell’attitudine al lavoro, purché
la rendita unica così ricostituita non sia inferiore a quella liquidata per i
precedenti infortuni e già consolidata.

6. Il ricorso non è fondato, pur dovendo la
motivazione della Corte territoriale essere corretta nel senso che si va ad
esporre.

7. In via generale, occorre premettere che il
termine per l’esercizio del diritto alla revisione della rendita INAIL
stabilito dagli artt. 83 e
137 del d.P.R. n. 1124 del
1965, e successivamente dall’art.
13 commi 4 e 7 del d.lgs n. 38 del 2000 (di dieci o quindici anni,
rispettivamente, per gli infortuni e le malattie professionali), opera sul
piano sostanziale, incidendo sull’esistenza stessa del diritto, in quanto
individua l’ambito temporale entro il quale assumono rilevanza le successive
modificazioni delle condizioni fisiche del titolare incidenti sull’attitudine
al lavoro, collegando la legge al decorso del tempo una presunzione assoluta di
definitiva stabilizzazione delle condizioni fisiche. Ne consegue che lo spirare
di detti termini non preclude la proposizione della domanda di revisione,
purché esercitata entro il termine di prescrizione triennale dalla scadenza del
periodo di revisione, fermo restando che l’aggravamento o il miglioramento
devono essersi verificati entro il decennio o il quindicennio dalla
costituzione della rendita (così, da ultimo, Cass.
n. 1048 del 17/01/2018 e Cass. n. 20009 del
22/09/2010).

8. In tema di rendita unificata, nell’arresto n. 6403 del 25/03/2005 le Sezioni Unite di questa
Corte hanno affermato che dalla data di costituzione della rendita unica
comincia a decorrere un nuovo termine per la revisione, che, una volta
maturato, rende immodificabile la misura della rendita da erogare. Hanno
aggiunto, richiamando la sentenza n. 318 del 6
giugno 1989 della Corte Costituzionale, che il risultato inabilitante
complessivo derivante dalla revisione della rendita unificata può essere
accertato anche in misura inferiore a quello provocato dall’infortunio (o dalla
malattia professionale) i cui postumi si sono consolidati, purché la rendita
complessiva da erogare non sia inferiore a quella parametrata alla percentuale
già consolidatasi anteriormente all’unificazione (v., in senso conforme, Cass. 4/11/2013, n. 24702).

9. La disciplina dei termini di revisione delle
rendite unificate muove, quindi, dal principio che con la costituzione della
rendita unica cessa la rendita pregressa, poiché a quest’ultima si sostituisce
una nuova rendita commisurata al danno globale, considerato nel suo insieme e
non già nelle singole componenti, sulla base di un giudizio medico-legale di
sintesi. Ciò peraltro non esclude, come affermato testualmente dalla richiamata
sentenza della Corte Costituzionale, che «nell’ipotesi di infortuni policroni,
intervallati da oltre un decennio – e cioè in un’ipotesi in cui vi e addirittura
da presumere il peggioramento dell’inabilità del plurinfortunato – non vi è
motivo alcuno di discostarsi dal criterio del quod plerumque accidit nel senso
della invariabilità». Conclusione che deve di necessità applicarsi anche al
caso delle malattie professionali.

10. In breve, dalla costituzione della rendita
unificata decorre un nuovo termine per la relativa revisione; qualora
l’unificazione abbia riguardato rendite i cui postumi si erano già
anteriormente consolidati, la revisione della rendita unica non può determinare
una riduzione della percentuale invalidante al di sotto di quella già a suo
tempo consolidatasi.

11. Ulteriore questione si pone con riferimento al
caso, che viene in rilievo nella presente causa, di rendita unificata ai sensi
dell’art. 80 del d.P.R. n.
1124 del 1965 derivante da più inabilità soggette a diverso regime
temporale di revisione (infortuni, malattie professionali, silicosi ed
asbestosi, o anche malattie neoplastiche, infettive e parassitane).

12. Le Sezioni Unite di questa Corte, avallando
l’opzione interpretativa già adottata da Cass. n. 6499 del 2003, nella sentenza n. 6402 del 25/03/2005 (coeva a quella
già richiamata al punto 8) hanno chiarito che in tale caso il termine (esterno,
cioè decorrente dalla data della costituzione della rendita unificata) entro il
quale può procedersi a revisione della rendita per variazioni dello stato di
inabilità dell’assicurato, dev’essere individuato in relazione al regime
giuridico del consolidamento proprio della componente dell’inabilità
complessiva di cui si rileva la variazione, dovendo quindi operarsi una
scomposizione all’interno della rendita unica in relazione alle diverse
inabilità, derivanti da eventi differenti.

13. Ha rilevato che una soluzione che assoggettasse
la revisione ad un termine diverso da quello stabilito per ciascuno dei tipi di
evento in relazione ai quali è stata costituita la rendita unica si porrebbe in
contrasto con una o più norme poste dal T.U. (con l’art. 83, in caso di termine
unico quindicennale, con l’art.
137 in caso di termine unico decennale, con l’art. 146 V comma in caso di
rendita derivante anche da silicosi o asbestosi, o di altre patologie di cui al
citato art. 23 d.lgs. n. 38/2000),
in assenza di una regola generale alla quale ricondurre il termine unitario
prescelto.

14. Hanno precisato le Sezioni Unite che «ciò non
significa peraltro annullare gli effetti dell’unificazione della rendita e
scomporre i singoli elementi della valutazione del grado di inabilità, per
determinare separatamente l’Inabilità conseguente a ciascun evento lesivo: la
distinzione si attua solo sul piano dei limiti temporali alla possibilità di
operare la revisione, limiti che devono essere riferiti al regime proprio della
singola componente».

15. In definitiva, «ove sia dedotto in giudizio il
consolidamento della rendita unificata, per il decorso del termine per la
revisione, il giudice adito deve quindi stabilire, sulla base delle allegazioni
e delle prove acquisite al giudizio, a quale componente dell’inabilità
complessiva sia da riferire la variazione della riduzione dell’attitudine
lavorativa in relazione alla quale è stata formulata la domanda
dell’assicurato, o è stato disposto il provvedimento dell’Istituto;
conseguentemente, la tempestività della revisione deve essere affermata o
esclusa in base al regime temporale proprio dei postumi dell’evento lesivo di
cui è stata fatta valere la variazione, operando quindi il termine decennale o
quindicennale a seconda che questa riguardi i postumi dell’infortunio o la
malattia professionale. Ugualmente, dovrà essere esclusa l’applicabilità di un
termine di revisione quando la componente di riferimento riguardi le patologie
di cui all’art. 146 del T.U.
1124/1965».

16. Applicando i suddetti principi al caso di
specie, occorre premettere in fatto che, secondo quanto si legge nella sentenza
gravata, la rendita per angioneurosi era stata costituita nel 1978, quella per
silicosi nel 1982 e la costituzione della rendita unificata era avvenuta nel
1992 (l’INAIL riferisce in memoria di costituzione che l’unificazione daterebbe
al 1982, ma la differenza non incide sull’esito del ragionamento su cui v.
oltre). La domanda di revisione era stata inoltrata nel settembre 2008 e da
tale data l’ausiliare nominato dalla Corte d’appello, con accertamento fattuale
in ordine al quale non sono stati formulati rilievi, aveva fatto decorrere
l’aggravamento dei postumi relativi sia alla malattia polmonare sia all’angioneurosi.

17. In applicazione dei principi sopra esposti, deve
quindi affermarsi che, essendo decorsi nel settembre 2008 più di quindici anni
dalla data di costituzione della rendita unificata, doveva e poteva tenersi
conto dell’aggravamento relativo alla malattia polmonare (per la quale l’art. 146 V comma T.U. non
prevede termini di revisionabilità), mentre era ormai intangibile la
percentuale invalidante derivante dalla componente angioneurosi, consolidatasi
al quindicennio nella misura del 25%.

18. La soluzione adottata dalla Corte, secondo la
quale la rendita unificata non poteva risentire dell’aggravamento dei postumi
d’invalidità derivanti dalla componente angioneurosi, risulta quindi conforme a
diritto, seppure la Corte nella motivazione valorizzi la data di costituzione
della rendita per angioneurosi e non quella di costituzione della rendita
unificata.

19. Segue coerente il rigetto del ricorso.

20. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono
la soccombenza.

21. L’esito del giudizio determina la sussistenza
dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30
maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228 (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi €
4.000,00 per compensi professionali, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso
delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
ove dovuto.

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