Fra licenziamento per riduzione di personale e licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo vi è una identità di motivi che impone al datore di lavoro il controllo sindacale.
Nota a Cass. 16 gennaio 2020, n. 808
Gennaro Ilias Vigliotti
Il datore di lavoro, completato l’iter per il licenziamento collettivo, non può procedere, sulla base delle medesime ragioni negoziate con la controparte sindacale, all’ulteriore licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo di uno o più lavoratori, sottraendo al confronto con il sindacato I licenziamenti individuali così effettuati, sebbene riconducibili agli stessi motivi oggetto della comunicazione iniziale.
Nelle procedure preliminari alla riduzione di personale, il negoziato con le organizzazioni sindacali realizza, infatti, un effettivo coinvolgimento del soggetto collettivo nelle scelte organizzative della impresa, che vincola il datore di lavoro al rispetto delle scelte concordate anche dopo la chiusura della procedura; gli impegni assunti dall’impresa vengono meno solo per effetto del modificarsi della situazione aziendale che costituisce il presupposto dell’accordo raggiunto.
È quanto afferma la Corte di Cassazione (16 gennaio 2020, n 808, parz. difforme da App. Genova n. 389/2017), la quale precisa che “è l’identità dei motivi che determinano la situazione di eccedenza – nonché dei motivi tecnici, organizzativi e produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure alternative – che impone all’imprenditore di veicolare la libertà di impresa nell’ambito del controllo sindacale, senza poter procedere a successivi licenziamenti individuali; identità da intendere, naturalmente, non in senso formale ma in senso sostanziale ovvero come parità delle situazioni di fatto poste a base, rispettivamente, della procedura di licenziamento collettivo e del licenziamento per giustificato motivo oggettivo”.