La perdita di un appalto può giustificare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore addetto soltanto se il datore di lavoro provi l’impossibilità della sua ricollocazione, dovendosi considerare a tal fine anche gli altri contratti di appalto in corso.
Nota a Trib. Torino 13 novembre 2019, n. 1676
Fabio Iacobone
In caso di disdetta di un contratto di appalto è possibile sopprimere una posizione lavorativa, licenziando il dipendente (che curava le lavorazioni in appalto) solo se egli non possa essere impiegato in altro modo (Cass. nn. 23222/2010 e 7381/2010).
È quanto afferma il Tribunale di Torino (13 novembre 2019, n. 1676) richiamando l’indirizzo consolidato della giurisprudenza secondo cui l’effettività di una modifica organizzativa che determini la soppressione di un posto di lavoro non è da sola sufficiente a costituire un giustificato motivo oggettivo di licenziamento, che include anche l’inesistenza di altri posti di lavoro in cui ricollocare utilmente il lavoratore (v., fra tante, Cass. n. 27792/2017 e Cass. n. 20436/2016).
Il Tribunale precisa anche che l’onere del datore di lavoro di dimostrare l’impossibilità di una diversa utilizzazione del lavoratore va assolto in riferimento a tutte le sedi dell’attività aziendale, “essendo sufficiente la limitazione dell’offerta alla sede cui il lavoratore licenziato era addetto soltanto nel caso di preliminare rifiuto del medesimo a trasferirsi altrove” (v. Cass. n. 7717/2003 e Cass. n. 9369/1996).
Dal canto suo, il lavoratore non ha l’onere di allegare i posti di lavoro in cui avrebbe potuto essere utilmente impiegato per evitare il licenziamento (v. Cass. n. 27792/2017, cit.; Cass. n. 24882/2017, annotata in questo sito da A. LARDARO, I requisiti di legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e Cass. n. 9869/2017).