Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 febbraio 2020, n. 3634
Contributi pretesi dall’INPS, Gestione artigiani, Termine
decennale di prescrizione, Valore probatorio che deve riconoscersi al verbale
di accertamento e la
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Lecce confermava la
sentenza del Tribunale di Taranto che aveva rigettato l’opposizione proposta da
V.S. avverso la cartella esattoriale recante l’importo di vecchie lire
4.930.988 a titolo di contributi pretesi dall’INPS per la gestione artigiani
relativamente agli anni 1990, 1991 e 1998 e di vecchie lire 732.922.616 a
titolo di contributi per i lavoratori dipendenti per il periodo dal giugno 1985
al febbraio 1995.
2. La Corte argomentava che correttamente il
Tribunale aveva applicato alla fattispecie il termine decennale di prescrizione
in luogo di quello quinquennale in vigore dall’ 1.1.1996, in ragione della
norma di cui all’art. 3 comma 9
della I. n. 335 del 1995 ed in virtù del fatto che I’ accertamento
ispettivo da cui aveva tratto origine la pretesa impositiva era stato
notificato al S. il 27/10/1995. Inoltre, riteneva che il Tribunale avesse
correttamente valutato le deposizioni testimoniali assunte dagli ispettori
verbalizzanti, alla luce del valore probatorio che deve riconoscersi al verbale
di accertamento e la cui efficacia di prova non risultava diminuita dalla
circostanza che in esso non risultassero trascritte le dichiarazioni raccolte
dal verbalizzante, il quale aveva confermato di aver proceduto alla redazione
dell’atto dopo aver sentito i dipendenti presenti e raffrontato quanto da essi
riferito con la documentazione aziendale. Né poteva avere valore in senso
contrario il diverso contenuto delle deposizioni rese in giudizio dai
lavoratori, alla luce non solo dei possibili condizionamenti da parte del
datore di lavoro, ma anche della maggiore precisione che contraddistingue le
dichiarazioni rese nell’immediatezza dei fatti nella specie peraltro risalenti
a molti anni addietro.
3. Per la cassazione della sentenza V.S. ha proposto
ricorso, affidato a due motivi. L’INPS, anche quale mandatario di SCCI s.p.a.,
si è costituito con procura speciale in calce alla copia notificata nel
ricorso, mentre Equitalia sud s.p.a. non ha svolto attività difensiva.
Ragioni della decisione
4. Come primo motivo di ricorso il S. deduce la
violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 commi 9 e 10 della I. n.
335 del 1995 per non avere la sentenza ritenuto prescritto il credito
vantato sia per contributi che per somme aggiuntive. Sostiene che il verbale di
accertamento non sarebbe atto idoneo a determinare il perdurante regime di
prescrizione decennale né l’interruzione della prescrizione, essendo stato
prodotto agli atti del giudizio solo dalla parte opponente e non anche
dall’INPS e non avendo l’INPS dimostrato di averlo notificato. Aggiunge che
tale verbale non avrebbe potuto valere come atto interruttivo della
prescrizione per le sanzioni civili e le obbligazioni accessorie. Aggiunge che
l’INPS non aveva compiuto alcun atto interruttivo della prescrizione dei
crediti successivamente all’iscrizione a ruolo della pretesa contributiva.
5. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2700 e 2697 c.c., della I. n. 689 del 1981, art. 23 comma
12, nonché error in procedendo ex art. 360 nn.
3 e 5 c.p.c.. Il ricorrente lamenta che la fondatezza del credito
contributivo sia stata ritenuta sulla sola base del contenuto dell’accertamento
ispettivo, che neppure riportava il preciso contenuto delle dichiarazioni,
senza tenere conto delle dichiarazioni rese in senso contrario dai lavoratori
interessati.
6. Il primo motivo di ricorso è infondato.
L’ art.
3 della legge n. 335 del 1995, che ha introdotto il nuovo termine
quinquennale di prescrizione per le contribuzioni di previdenza e assistenza
sociale obbligatorie, ha aggiunto al comma 10 che continua ad applicarsi il
termine (decennale) di prescrizione già in vigore prima di tale modifica
normativa nel caso di «atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate
nei rispetto della normativa preesistente».
7. Questa Corte ha già chiarito che con l’inciso
«procedure iniziate» (che non ha riguardo ad atti interruttivi della
prescrizione, ma a vicende che, per espressa volontà di legge, conservano
l’applicazione del vecchio termine prescrizionale decennale per i contributi
relativi a periodi precedenti alla data di entrata in vigore della detta legge n. 335 del 1995, v. Cass. S.U. n. 6173 del
07/03/2008) il legislatore ha inteso anche quelle che, pur non richiedendo
l’instaurazione del contraddittorio con il debitore, si concretano comunque in
una serie di atti finalizzati inequivocabilmente al conseguimento della pretesa
creditoria (cfr. Cass. n. 11529/2013, Cass. n. 46/2009, Cass. n. 1468/2004,
Cass. n. 12822/2002). Deve trattarsi di atti univocamente finalizzati al
recupero dell’evasione contributiva, proprio in virtù dell’intento del
legislatore di realizzare un «effetto annuncio» idoneo ad evitare la prescrizione
dei vecchi crediti (come precisato da Cass.
06/07/2015, n. 13831). Sulla scorta di tali principi, è stato ritenuto atto
idoneo anche la redazione di verbali di accertamento meramente interni (Cass.
n. 11529 del 2013, cit. ), sicché certamente tale era l’accertamento ispettivo
valorizzato dal giudice di merito.
8. Il secondo motivo, che nella sostanza formula una
critica alla ricostruzione delle risultanze fattuali operato dal giudice di
merito, è parimenti infondato.
Occorre premettere che al presente giudizio si
applica ratione temporis la formulazione dell’art.
360 comma 1 n. 5 c.p.c. introdotta dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n.
83, conv. dalla I. n. 134 del 2012, che ha
ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla
motivazione, nel senso chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014, secondo il quale la
lacunosità e la contraddittorietà della motivazione possono essere censurate
solo quando il vizio sia talmente grave da ridondare in una sostanziale
omissione, né può fondare il motivo in questione l’omesso esame di una risultanza
probatoria, quando essa attenga ad una circostanza che è stata comunque
valutata dal giudice del merito. Secondo le S.U., l’omesso esame deve quindi
riguardare un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi,
non un punto o un profilo giuridico) principale o primario (ossia costitutivo,
impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè
dedotto in funzione probatoria), non un mezzo di prova il cui esito si lamenti
travisato e male interpretato.
9. E’ però da escludere che nel caso ci si trovi
innanzi a una delle indicate patologie estreme dell’apparato argomentativo,
considerato che gli aspetti valorizzati nel ricorso sono stati tutti esaminati
dalla Corte territoriale, ma ritenuti superati dalle ulteriori risultanze o
comunque non decisivi. Ne deriva che sotto nessun profilo la motivazione può
dirsi omessa, né può quindi procedersi in questa sede a nuova valutazione delle
medesime circostanze.
10. Occorre inoltre qui ribadire che il verbale di
accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con
riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua
presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti,
nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle
dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata non si estende agli
apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante né ai fatti di cui i
pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della
cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali
considerazioni logiche (Cass. n. 23800 del 07/11/2014). Pur non essendo forniti
di efficacia probatoria privilegiata in ordine alle circostanze di fatto che
essi segnalino di aver accertato nel corso dell’inchiesta per averle apprese da
terzi, né in ordine alla veridicità del contenuto di quanto agli ispettori
riferito, i verbali dei pubblici ufficiali possono fornire utili elementi di
valutazione anche sotto tale aspetto nell’eventuale successivo giudizio di
opposizione, costituendo elementi di convincimento con i quali il giudice deve
criticamente confrontarsi (Cass. n. 15208 del
03/07/2014).
11. Ne discende che sfugge al sindacato di legittimità
la valutazione compiuta dal giudice di merito che ha valorizzato le
dichiarazioni rese dagli informatori agli ispettori, confrontandole con le
ulteriori emergenze processuali, tra cui le deposizioni testimoniali rese in
giudizio, e fornendo dell’esito di tale valutazione compiuta motivazione,
sindacabile nei soli limiti del novellato articolo
360 n. 5 c.p.c.
12. Non vi è stata pertanto alcuna violazione
dell’onere della prova, ma una valutazione complessiva delle risultanze
acquisite.
13. Segue coerente il rigetto del ricorso.
14. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in
assenza di attività difensiva delle parti intimate.
15. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n.
115 del 2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
ove dovuto.