Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 febbraio 2020, n. 3758

Tributi, IRPEF, Redditi di lavoro dipendente indebitamente
percepiti, Obbligo di dichiarazione nell’anno di percezione, Onere deducibile
nell’anno di restituzione

 

Rilevato

 

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per
cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Sicilia, di
accoglimento dell’appello proposto dalla contribuente P. Alba Calogera avverso
una decisione della CTP di Agrigento, che aveva rigettato il ricorso di
quest’ultima avverso un avviso di accertamento per maggior IRPEF 2010;

 

Considerato

 

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il
quale la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del d.P.R. n. 600 del 1973 e
dell’art. 3 comma 1 del d.P.R. n.
917 del 1986, in quanto l’atto impositivo emesso dall’ufficio aveva ad
oggetto il recupero a tassazione delle imposte, sanzioni ed interessi, connesse
alla omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, alla quale la
contribuente era obbligata, per avere la stessa percepito redditi di lavoro
dipendente e assimilati da due diversi sostituti, omettendo, a fronte di ciò,
di inserire detti introiti nella dichiarazione dei redditi; e tale obbligo era
da ritenere sussistente anche in ipotesi di restituzione delle somme percepite,
in quanto i redditi di lavoro dipendente ed assimilati concorrevano alla
formazione del reddito imponibile secondo il criterio di cassa e cioè in quanto
percepiti; nella specie, dagli atti di causa, era incontestato che le somme
erano state indebitamente percepite dalla contribuente; che le stesse non
risultavano essere state dalla medesima restituite e che le medesime non erano
state inserite nella dichiarazione dei redditi presentata per l’anno d’imposta
in esame;

che la contribuente si è costituita con
controricorso;

che l’unico motivo di ricorso proposto dall’Agenzia
delle entrate è fondato;

che, invero, ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. n. 600 del 1973,
ogni soggetto passivo è tenuto a dichiarare annualmente tutti indistintamente i
redditi posseduti, anche se da essi non consegue alcun debito d’imposta;

che, pertanto, nella dichiarazione dei redditi
conseguiti nel 2010 la contribuente avrebbe dovuto indicare gli emolumenti a
lei erroneamente versati da altra amministrazione dello Stato, in aggiunta a
quelli legittimamente percepiti per altro rapporto d’impiego pubblico,
emolumenti che le erano stati chiesti in restituzione nel 2010 e che, qualora
effettivamente da lei restituiti, avrebbero dovuto comunque essere indicati al
rigo 28 del quadro RP quali oneri deducibili, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera d-bis), del
d.P.R. n. 917 del 1986; che è invero noto non avere la dichiarazione dei
redditi natura di atto negoziale, essendo essa una mera esternazione di scienza
e di giudizio, come tale modificabile ed emendabile, qualora vengano acquisiti
nuovi elementi di conoscenza e di valutazione (cfr. Cass.
n. 4776 del 2011); che il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate va
pertanto accolto; la sentenza impugnata va cassata e gli atti rimessi alla CTR
della Sicilia in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese
del presente giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rimette gli atti alla CTR della Sicilia in diversa composizione, anche per la
determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 febbraio 2020, n. 3758
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