Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 febbraio 2020, n. 4101
Verbale ispettivo, Cartella esattoriale, Agevolazioni
previste dalla legge n. 448 del 1998
Rilevato che
la Corte d’appello di Catania, con sentenza n. 1264
del 28.11.2013, ha accolto l’impugnazione proposta dalla G. Costruzioni s.r.l.
nei riguardi dell’Inps (anche quale mandatario di S.C.C.I. s.p.a.) e di S.
Sicilia s.p.a., avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto le
opposizioni a verbale ispettivo ed a cartella esattoriale proposte dalla
medesima società;
in particolare, la sentenza ha annullato il verbale
di accertamento notificato alla stessa G. Costruzioni s.r.l. in data 27 gennaio
2006 e la consequenziale iscrizione a ruolo ed ha affermato il diritto di
quest’ultima a fruire delle agevolazioni previste dalla legge n. 448 del 1998, ritenendo, di conseguenza,
illegittime le pretese dell’istituto di previdenza;
tali pretese erano derivate dall’accertamento che i
lavoratori per i quali l’opponente aveva fruito degli sgravi, ai sensi della legge n. 448 del 1998, erano stati tutti
dipendenti della S. Costruzioni s.r.l. e, per i medesimi, tale società aveva
fruito, nel periodo immediatamente precedente il transito alla G. Costruzioni
s.r.l., delle agevolazioni per contratti di formazione e lavoro e per
assunzione di disoccupati di lunga durata ai sensi della legge n. 407 del 1990; il controllo della G.
Costruzioni s.r.l. sulla S. Costruzioni s.r.l., inoltre, era provato dalla
circostanza che socio ed amministratore unico della prima era A.L.M., a propria
volta socio di maggioranza ed amministratore unico della seconda; ad avviso
della Corte d’appello, la partecipazione societaria di A.L.M. non integrava la
fattispecie del controllo di cui all’art. 2359 c.c.,
ostativa alla fruizione degli sgravi, giacché le agevolazioni previste dall’art. 3, comma 6, I. n. 448 del 1998
presupponevano l’incremento occupazionale al netto delle diminuzioni
occupazionali in società controllate, mentre sino al luglio 2005 A.L.M.,
amministratore unico di G. Costruzioni s.r.l., possedeva quote di S.
Costruzioni solo per un quinto dell’intero valore delle quote;
per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps,
anche quale mandatario di S.C.C.I. s.p.a., con un due motivi illustrati da
memoria;
resiste G. Costruzioni s.r.l. con controricorso;
S. Sicilia s.p.a. è rimasta intimata;
Considerato che
l’INPS, con il primo motivo, deduce la violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in
relazione all’art. 3, commi 5 e
6, della legge n. 448/1998, in relazione all’art.
360 n. 3 c.p.c., in ragione del fatto che le risultanze del verbale
ispettivo del 27 gennaio 2006 (come peraltro accertato dal primo giudice con il
passo della sentenza trascritto in ricorso) avevano messo in evidenza che
l’amministratore unico di G. Costruzioni s.r.l. A.L.M. era anche socio di
maggioranza della S. Costruzioni s.r.l., essendosi così configurata l’ipotesi
delineata dalle disposizioni di cui si denuncia la violazione, secondo la quale
l’incremento occupazionale va accertato al netto del decremento in società
collegate; evidenzia il ricorrente che tale aspetto fattuale della concreta
fattispecie non era stato mai contestato dalla opponente se non in sede di
ricorso in appello, ove era stato affermato che fino alla data del luglio 2005,
nella società S. Costruzioni s.r.l., l’amministratore possedeva quote per lire
19.600.000, a fronte di un capitale sociale per complessive lire 98.000.000;
tale affermazione, tuttavia, non risultava fondata su alcuna prova e, dunque,
anche il diritto alla fruizione degli sgravi era rimasto privo di prova; con il
secondo motivo, si denuncia, oltre che nuovamente la violazione dell’art. 3, commi 5 e 6, I. n. 448 del
1998, anche il vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione all’accertamento
compiuto dalla sentenza impugnata, quanto alle assunzioni oggetto di
contestazione avvenute tra la fine del 2001 alla fine del 2002, che sarebbe
frutto di una svista, dal momento che la Corte territoriale ha escluso il
controllo di una società sull’altra in base al fatto che in tale periodo il M.
possedeva solo un quinto del capitale sociale, mentre il verbale aveva accertato
che dal maggio 1996 al luglio 2005 il M. aveva partecipazioni per lire
58.800.000 su di un capitale sociale di lire 98.000.000, rivestendo così la
qualità di socio di maggioranza o quanto meno di socio in grado di esercitare
un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria, ai sensi dell’art. 2359 c.c.;
i motivi sono connessi e vanno trattati
congiuntamente; essi sono caratterizzati, innanzitutto, da profili di
inammissibilità in ragione del fatto che, secondo la ricorrente, la sentenza
impugnata avrebbe omesso di considerare il fatto storico della entità della
partecipazione societaria emergente dal verbale ispettivo, posto che tale
documento conterrebbe l’indicazione (diversa da quella affermata in sentenza)
che la partecipazione del M. alla S. Costruzioni s.r.l era, nel periodo di
tempo rilevante, ben superiore a quella ritenuta dalla Corte d’appello, con la
conseguente configurabilità della violazione dell’art. 3, commi 5 e 6, I. n. 448 del
1998; il vizio così rappresentato non può integrare quello previsto dall’art. 360, primo comma n. 5, cod.proc.civ. vigente;
questa Corte di legittimità (sin da Cass. SS.UU.
n. 8053 del 2014) ha affermato che l’art. 360,
primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n.
83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134,
– applicabile ratione temporis alla presente fattispecie – ha introdotto
nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo
all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza
risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito
oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire
che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne
consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il
ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato
omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti
esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato
oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua
“decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori
non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora
il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte
le risultanze probatorie;
nel caso di specie, il ricorrente si duole del fatto
che la Corte territoriale abbia interpretato il verbale ispettivo in modo che
ritiene errato e, quindi, neanche denuncia in effetti l’omesso esame di un
<<fatto storico>> nel senso sopra specificato ma solo
l’interpretazione del documento che tale fatto storico ha introdotto nel
processo; ciò premesso, fermo per quanto appena detto l’accertamento operato
dalla sentenza impugnata in ordine alla partecipazione societaria del M. alla
S. Costruzioni s.r.l., va osservato che la prospettazione dell’Istituto non
propone ulteriori profili concreti rilevanti al fine di evidenziare, per altro
aspetto, l’assenza di reale diversità tra vecchio e nuovo datore di lavoro, ai
fini della necessaria indagine sulla sussistenza del requisito di cui all’art. 3, comma 6, lett. d), della
legge n. 448 del 1998, cioè quello della riconducibilità ad un unico
proprietario delle società indicate in verbale, le cui diminuzioni occupazionali
erano necessarie per valutare se l’intimata aveva realizzato, a sua volta, un
incremento occupazionale nel periodo oggetto di contestazione;
effettivamente la norma in esame, cioè l’art. 3, comma 6, lett. d) della
legge n. 448 del 1998 prevede, per l’ipotesi di società controllate o
facenti capo allo stesso soggetto, che ai fini dello sgravio l’incremento
occupazionale deve essere calcolato al netto delle diminuzioni occupazionali in
società controllate ex art. 2359 cod. civ. o
facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto; pertanto,
nella fattispecie, una volta dimostrata la insussistenza di un controllo
operato dalla G. Costruzioni s.r.l. sulla S. Costruzioni s.r.l. per il tramite
del M., nell’assenza di allegazione, quanto alla materia devoluta
dell’esistenza di un collegamento economico funzionale tra le stesse, il
risultato cui è pervenuta la sentenza impugnata è conforme a diritto;
si è già affermato (Cass.
sez. lav. n. 11379 del 22.5.2014) che gli sgravi contributivi previsti
dall’art. 3, comma 5, legge 23
dicembre 1998, n. 448 hanno lo scopo di favorire lo sviluppo delle imprese
operanti nel Mezzogiorno e l’effettiva occupazione di nuovi dipendenti, per cui
è condizione per il loro riconoscimento, ai sensi dell’art. 3, comma 6, lett. d), della
citata legge, che le aziende operanti in tali territori abbiano realizzato
l’effettiva creazione di nuovi posti di lavoro, eccedenti rispetto al personale
già occupato nelle stesse attività al 31 dicembre dell’anno precedente;
pertanto, non essendo possibile in questa sede di legittimità procedere
all’apprezzamento del materiale probatorio esaminato dai giudici di merito di
cui si è sopra detto, deve ritenersi adempiuto l’onere dell’intimata società di
dimostrare che l’incremento occupazionale, posto a base dei reclamati benefici,
era avvenuto al netto delle diminuzioni occupazionali in società controllate ai
sensi dell’articolo 2359 del codice civile o
facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto; in
definitiva, il ricorso va rigettato;
le spese seguono la soccombenza nella misura
liquidata in dispositivo
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 8000,00
per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura
del 15% e spese accessorie di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,
comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato
D.P.R.