Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 febbraio 2020, n. 4198
Incentivo al posticipo del pensionamento, Retribuzione
pensionabile, Tredicesima e quattordicesima mensilità, Adeguamento del
trattamento pensionistico
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza
n.1073/2014, ha respinto l’appello proposto dall’INPS avverso la pronuncia di
primo grado, resa nei confronti di D.D.G., che aveva dichiarato il diritto
dello stesso lavoratore (fruitore dell’incentivo al posticipo del pensionamento
ai sensi dell’art. 1, I. n. 243 del
2004) alla inclusione nella retribuzione pensionabile di 10/12 della
tredicesima mensilità relativa all’anno 2005, nonché alla inclusione di 4/12
della 14a mensilità relativa all’anno 2005 ed aveva condannato l’Istituto alla
rideterminazione della retribuzione pensionabile secondo i criteri sopra
esposti in favore del ricorrente.
2. Ad avviso della Corte territoriale, infatti,
andava disattesa la tesi dell’INPS sia in ordine alla eccepita decadenza, posto
che si chiedeva solo l’adeguamento del trattamento pensionistico, che quanto al
merito della questione, dal momento che non vi era motivo per calcolare
l’importo in modo diverso da quello ordinario, ossia sulla base dell’anzianità
contributiva e della retribuzione pensionabile maturati al momento della
decorrenza del bonus, il cui effetto era quello di posticipare il pensionamento
e non di modificare la base di calcolo della pensione.
3. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione
l’INPS sulla base di un motivo. Resiste D.D.G. con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso, proposto ai sensi
dell’art. 360, primo comma n.3, cod. proc. civ.-
si deduce la violazione e falsa applicazione di legge (art. 1, co. 12 e 13 legge nr. 243 del
2004, art. 6 D.Igs. nr. 314
del 1997 e successive modificazioni, art.3, comma 11, legge n. 297 del
1982) atteso che ai fini della determinazione della retribuzione
pensionabile, a favore dei lavoratori che hanno esercitato l’opzione, si
applica il principio generale secondo cui le gratifiche e le mensilità
eccedenti la 13ma devono essere computate nel periodo di paga in cui sono
effettivamente percepite, secondo il principio generale di coincidenza
temporale tra obbligo retributivo ed obbligo contributivo; pertanto la
contribuzione corrisposta direttamente al lavoratore per effetto dell’opzione
di cui alla legge n. 243 del 2004,
ex art. 1, commi 12 – 13, includeva i ratei di 13ma e 14ma già maturati i
quali non potevano quindi entrare nella retribuzione pensionabile.
2. Il motivo è infondato in forza dei principi
espressi da questa Corte di legittimità (Cass. n.
25025 del 31.1.2017, n. 21668 del 2017; n. 4627 del 2019) cui si intende dare continuità.
3. Dispone la legge nr. 243 del 2003, art. 1,
comma 12: “Per il periodo 2004-2007, al fine di incentivare il posticipo
del pensionamento, ai fini del contenimento degli oneri nel settore
pensionistico, i lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano maturato
i requisiti minimi indicati alle tabelle di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art.
59, commi 6 e 7, per l’accesso al pensionamento di anzianità, possono
rinunciare all’accredito contributivo relativo all’assicurazione generale
obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori
dipendenti e alle forme sostitutive della medesima. In conseguenza
dell’esercizio della predetta facoltà viene meno ogni obbligo di versamento
contributivo da parte del datore di lavoro a tali forme assicurative, a
decorrere dalla prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa
vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà. Con la
medesima decorrenza, la somma corrispondente alla contribuzione che il datore
di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale, qualora non fosse
stata esercitata la predetta facoltà, è corrisposta interamente al
lavoratore”.
Il successivo comma 13 stabilisce: “All’atto
del pensionamento il trattamento liquidato a favore del lavoratore che abbia
esercitato la facoltà di cui al comma 12 è pari a quello che sarebbe spettato
alla data della prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla
normativa vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà,
sulla base dell’anzianità contributiva maturata alla data della medesima
scadenza.
Sono in ogni caso fatti salvi gli adeguamenti del
trattamento pensionistico spettanti per effetto della rivalutazione automatica
al costo della vita durante il periodo di posticipo del pensionamento”.
4. La questione oggetto del giudizio riguarda la
determinazione della retribuzione pensionabile per il lavoratore che ha
esercitato l’opzione e goduto del c.d. bonus relativo al posticipo del
pensionamento stabilito dalle norme citate ed in particolare occorre stabilire
se, in seguito al godimento del cd. bonus, la retribuzione pensionabile includa
anche il computo dei ratei di tredicesima e di quattordicesima già maturati
all’atto della domanda di esercizio dell’opzione per il conseguimento del bonus
e la prosecuzione del rapporto di lavoro.
5. A fronte della tesi sostenuta dalla difesa del
controricorrente, ed accolta dalla sentenza impugnata, secondo cui la pensione
(e la sua base pensionabile) si cristallizza al momento dell’esercizio
dell’opzione, con inclusione dei ratei di tredicesima e quattordicesima
maturati e su cui erano dovuti i contributi, si contrappone la tesi dell’INPS
secondo la quale nel maturato che integra la base pensionabile non si calcolano
i predetti ratei in quanto i contributi sulle componenti extramensili devono
essere pagati solo nel periodo di paga (dicembre per la tredicesima e giugno
per la quattordicesima) in cui vengono effettivamente corrisposte, secondo il
criterio di cassa che regola il pagamento della contribuzione; pertanto, essi
erano dovuti al lavoratore nel corso della prosecuzione del rapporto, in
conformità al criterio stabilito dalla legge secondo cui con l’esercizio
dell’opzione il lavoratore rinuncia alla contribuzione e la somma
corrispondente alla contribuzione che il datore di lavoro avrebbe dovuto
versare all’ente previdenziale, qualora non fosse stata esercitata la predetta
facoltà, viene corrisposta interamente al lavoratore.
6. La tesi patrocinata dall’INPS è infondata essendo
smentita dalla legge nr. 243 del
2003, art. 1, comma 13, dal quale risulta chiaramente che il trattamento
pensionistico liquidato a favore del lavoratore che abbia esercitato la facoltà
di opzione deve essere ” pari a quello che sarebbe spettato” ove egli
non avesse esercitato la stessa facoltà; e, poiché in caso di cessazione del
rapporto sui ratei di tredicesima e quattordicesima maturati sarebbero stati
versati i contributi, in quanto rientranti nella retribuzione imponibile, lo
stesso deve accadere per l’ipotesi di opzione e prosecuzione del rapporto, in
base al criterio di parità ed alla fictio iuris previsti dalla norma.
7. In conclusione, la retribuzione pensionabile
equivale alla retribuzione imponibile, mentre il criterio di cassa per il
pagamento dei contributi dovuti in relazione a gratifiche, conguagli e premi,
stabilito per il pagamento dei contributi dovuti in relazione a gratifiche,
conguagli e premi, stabilito dal d.lgs.
n. 314 del 1997, art. 6, comma 9, può operare soltanto per i normali rapporti
in corso ma non per quelli cessati prima del mese di corresponsione delle
stesse somme.
8. Pertanto la sentenza della Corte territoriale si
sottrae alle censure di cui al ricorso dell’INPS che va rigettato; le spese
seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00,
oltre Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% e spese
accessorie di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso articolo 13.