Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 febbraio 2020, n. 4195
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Anzianità di servizio
maturata, Stabilizzazione ex art.
1, comma 519, della legge n. 296/2006, Assunzione ex novo, Inquadramento
– Differenze retributive
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Genova, in riforma della
sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto il ricorso, ha
respinto la domanda proposta da I.P. la quale, nel convenire in giudizio il
Consiglio Nazionale delle Ricerche, aveva chiesto il riconoscimento
dell’anzianità di servizio maturata dal 12 maggio 2003 al 31 dicembre 2008,
ossia in epoca antecedente alla stabilizzazione disposta ex art. 1, comma 519, della legge n.
296/2006, e la conseguente condanna dell’ente al pagamento delle differenze
retributive conseguenti all’inquadramento nella diversa fascia stipendiale;
2. la Corte territoriale ha premesso in punto di fatto
che l’appellata era stata assunta quale ricercatrice – profilo III, I fascia
stipendiale – dall’Istituto Nazionale per la Fisica della Materia, ente di
ricerca confluito nel C.N.R. ai sensi del d.lgs. n. 127/2003, con contratto a
termine che prevedeva la possibilità di trasformazione in rapporto a tempo
indeterminato, previa verifica positiva dell’attività svolta;
3. il rapporto era proseguito con il C.N.R. il quale
aveva disposto la definitiva assunzione in applicazione della legge n. 296/2006 e, pertanto, nella specie non
si era verificata una conversione del contratto, bensì un’assunzione ex novo
che aveva comportato l’attribuzione della prima fascia stipendiale e la perdita
dello scatto di anzianità, già maturato dalla ricorrente dopo i primi quattro
anni di attività;
4. il giudice d’appello ha escluso che la P. potesse
utilmente invocare la clausola 4
dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE ed ha evidenziato
che, anche a voler riconoscere l’assoluta identità per contenuto e qualità
delle prestazioni svolte, la diversità di trattamento era giustificata da una
ragione oggettiva, perché solo per le assunzioni a tempo indeterminato l’art.
20, comma 4, del d.lgs. n. 127/2003 richiede, quale requisito di partecipazione
al concorso, una pregressa attività di durata almeno triennale;
5. ad avviso della Corte territoriale ove si
valorizzasse per gli stabilizzati l’intera anzianità maturata sulla base di
rapporti a termine si determinerebbe una discriminazione a contrario in quanto
«la medesima anzianità verrebbe ad essere valutata due volte, sia come
condizione per l’accesso all’assunzione, in qualità di ricercatrice a tempo
indeterminato, sia ai fini della progressione professionale»;
6. per la cassazione della sentenza ha proposto
ricorso I.P. sulla base di due motivi, illustrati da memoria, ai quali il
C.N.R. ha resistito con tempestivo controricorso.
Considerato che
1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., «violazione e falsa
applicazione del d.lgs. n.
368/2001, art. 6, nonché del principio di non discriminazione ex Accordo
quadro CES UNICE e CEEP del 1999 da cui scaturisce la direttiva 1999/70/CE, clausola 4.1 e 4.3» e sostiene, in
sintesi, che ai fini del riconoscimento dell’anzianità di servizio e delle
conseguenti maggiorazioni economiche non può costituire ragione oggettiva la
diversità delle forme di reclutamento perché, come evidenziato dalla Corte di
Giustizia in fattispecie analoga, occorre avere riguardo alle funzioni
esercitate nell’espletamento del contratto di lavoro e l’obiettivo di evitare
il prodursi di discriminazioni alla rovescia in danno dei dipendenti assunti a
seguito del superamento di un concorso pubblico non può mai giustificare una
normativa nazionale che escluda totalmente ed in ogni circostanza la
valorizzazione del servizio prestato in qualità di lavoratore a tempo
determinato;
2. la seconda censura addebita alla Corte
territoriale di avere omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio
oggetto di discussione fra le parti perché non ha considerato che la ricorrente
era stata assunta a seguito di selezione per titoli ed esami che prevedeva i
medesimi requisiti richiesti per le assunzioni a tempo indeterminato, ossia la
laurea in fisica e il dottorato di ricerca o, in alternativa, una documentata
esperienza almeno quadriennale maturata nell’ambito di collaborazioni nazionali
ed internazionali;
3. i motivi di ricorso, da trattare unitariamente in
ragione della loro connessione logicogiuridica, sono fondati;
4. questa Corte si è già pronunciata sulla
questione, che qui viene in rilievo, del riconoscimento dell’anzianità maturata
sulla base di contratti a termine dai dipendenti del C.N.R. e di altri enti di
ricerca, successivamente stabilizzati ai sensi della legge n. 296/2006, ed ha affermato che in tal
caso al lavoratore «deve essere riconosciuta l’anzianità di servizio maturata
precedentemente all’acquisizione dello status di lavoratore a tempo
indeterminato, allorché le funzioni svolte siano identiche a quelle
precedentemente esercitate nell’ambito del contratto a termine, non potendo
ritenersi, in applicazione del principio di non discriminazione, che lo stesso
si trovasse in una situazione differente a causa del mancato superamento del
concorso pubblico per l’accesso ai ruoli della P.A., mirando le condizioni di
stabilizzazione fissate dal legislatore proprio a consentire l’assunzione dei
soli lavoratori a tempo determinato la cui situazione poteva essere assimilata
a quella dei dipendenti di ruolo» (Cass. n. 27950/2017; negli stessi termini
Cass. n. 7118/2018 e Cass. nn. 3473 e 6146 del
2019 queste ultime in tema di personale stabilizzato alle dipendenze
dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica);
5. il principio di diritto è stato affermato
valorizzando la giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale, nelle
pronunce successive agli arresti di questa Corte (Corte di Giustizia 20.6.2019,
causa C-72/18 Ustariz Arostegui; 11.4.2019, causa C-29/18, Cobra Servizios Auxiliares;
21.11.2018, causa C-619/17, De Diego Porras; 5.6.2018,
causa C-677/16, Montero Mateos), ha dato continuità alla propria
interpretazione della clausola 4
dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato allegato
alla direttiva 1999/70/CE ribadendo che:
a) la clausola 4 dell’Accordo esclude in generale ed
in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente
giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa
ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al
giudice nazionale, che ha l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione e di
tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario,
qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte Giustizia 15.4.2008, causa C-268/06,
Impact; 13.9.2007, causa C-307/05, Del Cerro
Alonso; 8.9.2011, causa C-177/10 Rosado
Santana);
b) il principio di non discriminazione non può
essere interpretato in modo restrittivo, per cui la riserva in materia di
retribuzioni contenuta nell’art.
137 n. 5 del Trattato (oggi 153
n. 5), “non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di
richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una
condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato,
allorché proprio l’applicazione di tale principio comporta il pagamento di una
differenza di retribuzione” ( Del Cerro Alonso, cit., punto 42);
c) le maggiorazioni retributive che derivano dall’anzianità
di servizio del lavoratore, costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che
le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato
solo in presenza di una giustificazione oggettiva (Corte
di Giustizia 9.7.2015, in causa C-177/14, Regojo Dans, punto 44, e
giurisprudenza ivi richiamata);
d) a tal fine non è sufficiente che la diversità di
trattamento sia prevista da una norma generale ed astratta, di legge o di
contratto, né rilevano la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione
fra impiego di ruolo e non di ruolo, perché la diversità di trattamento può
essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che
contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle
caratteristiche delle mansioni espletate (Regojo Dans, cit., punto 55 e con
riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.2012, cause C-302/11 e
C-305/11, Valenza; 7.3.2013, causa C-393/11, Bertazzi);
6. la stessa Corte di Giustizia, chiamata a
pronunciare in fattispecie nelle quali veniva in rilievo il mancato riconoscimento
dell’anzianità di servizio maturata in epoca antecedente alla procedura di
stabilizzazione prevista dalla legge n. 296/2006,
ha evidenziato che la clausola 4 «osta ad una normativa nazionale, quale quella
controversa nei procedimenti principali, la quale escluda totalmente che i
periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle
dipendenze di un’autorità pubblica siano presi in considerazione per
determinare l’anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a
tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di
ruolo nell’ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo
rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia giustificata da ragioni
oggettive ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola di cui sopra. Il semplice
fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia compiuto i suddetti periodi
di servizio sulla base di un contratto di un rapporto di lavoro a tempo
determinato non configura una ragione oggettiva di tal genere» (Corte di Giustizia 18.10.2012 in cause riunite da C-
302/11 a C-305/11, Valenza e negli stessi termini Corte di Giustizia 4.9.2014 in causa C – 152/14
Bertazzi);
7. infine la stessa Corte di Giustizia, sempre in
relazione alle procedure di stabilizzazione ex lege
n. 96/2006, ha esaminato anche la questione, prospettata dal giudice del
rinvio, della necessità di evitare discriminazioni alla rovescia, ossia in
danno degli assunti a tempo indeterminato, ed ha evidenziato che l’obiettivo,
pur potendo costituire una «ragione oggettiva» ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo
quadro, «non può comunque giustificare una normativa nazionale
sproporzionata come quella controversa nel procedimento principale, la quale
esclude totalmente e in ogni circostanza la presa in considerazione dei periodi
di servizio svolti da lavoratori nell’ambito di contratti di lavoro a tempo
determinato ai fini della determinazione della loro anzianità in sede di
assunzione a tempo indeterminato e, dunque, del loro livello di retribuzione» (
Corte di Giustizia Bertazzi, cit., punto 16);
8. è sufficiente richiamare quest’ultimo arresto
della Corte per escludere che il principio già affermato nelle pronunce
indicate al punto 4 possa essere rimeditato dal Collegio in ragione di una
pretesa diversità fra i requisiti di accesso al rapporto a termine e quelli
richiesti per la partecipazione alle procedure concorsuali finalizzate
all’assunzione con contratto a tempo indeterminato;
9. va detto, poi, che nel caso di specie la Corte
territoriale ha fondato la pronuncia di rigetto della domanda facendo leva
sull’art. 20 del d.lgs. 4.6.2003 n. 127, che disciplina le diverse tipologie di
rapporto e le relative modalità di assunzione alle dipendenze del C.N.R., ma
non ha in alcun modo valutato la procedura all’esito della quale era stato
concluso il contratto a tempo determinato dedotto in causa, stipulato dalla
ricorrente con l’Istituto Nazionale per la Fisica della Materia, poi confluito
nel C.N.R., previo espletamento di selezione pubblica bandita, in epoca
antecedente all’entrata in vigore del richiamato d.lgs. n. 127/2003 ( il bando,
indicato nel ricorso e depositato ex art. 369 cod.
proc. civ., è del 17.2.2003), sulla base della diversa normativa che
disciplinava il funzionamento dell’ente soppresso, ossia dell’art. 12 del
d.lgs. n. 506/1994 e del regolamento del personale 27.4.2000, pubblicato sulla
G.U. n. 113/2000;
10. il giudice d’appello, in altri termini, ha
ritenuto giustificato il trattamento differenziato valorizzando una
“ragione oggettiva” desunta, in via astratta, dalla normativa che
disciplina le modalità di assunzione alle dipendenze del C.N.R., senza compiere
alcuna comparazione con i requisiti che erano stati richiesti alla P. per
essere assunta con contratto a tempo determinato alle dipendenze dell’I.N.F.M.;
11. il Collegio intende ribadire il principio,
recentemente affermato nella sentenza n. 31149/2019 in tema di ricostruzione
della carriera del personale docente della scuola, secondo cui la clausola 4 dell’Accordo Quadro
attribuisce un diritto incondizionato che può essere fatto valere dal singolo
lavoratore dinanzi al giudice nazionale e non può essere paralizzato da una
norma generale ed astratta, sicché la denunciata discriminazione deve essere
sempre verificata in relazione alla fattispecie concreta dedotta in giudizio e
pertanto, ove la diversità di trattamento si leghi a presupposti giustificativi
non necessariamente sussistenti in relazione ai singoli rapporti, non si può
escludere che la diversità possa essere ritenuta discriminatoria in un caso e
non nell’altro, dipendendo la sua giustificazione dalla ricorrenza di
condizioni che vanno verificate non in astratto bensì con riferimento al
singolo rapporto;
12. in via conclusiva la sentenza impugnata deve
essere cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che
procederà ad un nuovo esame, attenendosi ai principi di diritto sopra enunciati
e provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità;
13 l’accoglimento del ricorso comporta
l’inapplicabilità dell’art. 13.
comma 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di
Genova in diversa composizione.