Anche in assenza di iscrizione all’albo, il giornalista collaboratore fisso ha diritto alla retribuzione per il lavoro svolto.
Nota a Trib. Messina 5 novembre 2019, n. 940
Sonia Gioia e Matteo Iorio
Il giornalista collaboratore fisso svolge un’attività che non richiede un impegno quotidiano con l’obbligo di osservare un orario di lavoro. Tuttavia, per essere qualificato come tale, occorrono i requisiti della “continuità di prestazione, vincolo di dipendenza e responsabilità di un servizio”.
Pertanto, si considera collaboratore fisso “colui che mette a disposizione le proprie energie lavorative per fornire con continuità ai lettori della testata un flusso di notizie in una specifica e predeterminata area dell’informazione, attraverso la redazione sistematica di articoli o con la tenuta di rubriche, con conseguente affidamento dell’impresa giornalistica, che si assicura così la copertura di detta area informativa (v. Cass. n. 21424/2015). Di contro, non sussistono significative distinzioni tra redattore e collaboratore fisso per quanto riguarda il contenuto della prestazione”.
Tale figura professionale si diversifica dal ruolo del “pubblicista”, giornalista non professionale e non soggetto all’obbligo di esclusività (per l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti non è necessario alcun esame, ma solo l’avvenuta pubblicazione di taluni articoli su testate giornalistiche).
È quanto chiarisce il Tribunale di Messina 5 novembre 2019, n. 940, che, accertata la sussistenza di un vincolo di subordinazione, seppur “attenuato”, ai sensi dell’art. 2, c.n.l.g., ha riconosciuto ad una giornalista, impiegata irregolarmente, la retribuzione del collaboratore fisso anche per il periodo in cui non era iscritta all’albo, affermando, da una parte, che la mancata iscrizione al medesimo albo rende il contratto nullo e, dall’altra, che il giornalista ha diritto a percepire la retribuzione per il periodo di lavoro prestato, ex art. 2126 c.c.
Nella fattispecie, la giornalista, attenendosi alle direttive del direttore responsabile, era adibita al settore informativo specifico della cronaca bianca e della politica regionale ed impegnata pressoché quotidianamente:
a) nella raccolta di notizie e nella loro elaborazione autonoma mediante redazione di numerosi articoli, inviati anche da casa nei giorni di sabato e domenica;
b) nella raccolta di comunicati stampa e del loro inserimento nel sito web;
c) nella elaborazione di “pezzi” in materia di cultura e spettacolo, partecipando alle relative riunioni redazionali.
In merito al carattere della subordinazione in ambito giornalistico, il Tribunale rileva, in linea con l’orientamento giurisprudenziale consolidato, che esso è “attenuato per la creatività e la particolare autonomia qualificanti la prestazione lavorativa, nonché per la natura prettamente intellettuale dell’attività stessa, con la conseguenza che, ai fini dell’individuazione del vincolo, rileva specificamente l’inserimento continuativo ed organico delle prestazioni nell’organizzazione d’impresa”, richiamando tre importanti decisioni della Cassazione:
- Cass. n. 22785/2013 che, ai fini della qualifica di redattore, ha ritenuto decisivo il pieno inserimento del lavoratore nell’attività redazionale, con utilizzazione di strumentazione (computer e cellulare) fornita dalla casa editrice e con la stabile preposizione a settori di informazione o rubriche fisse, nonché l’assoggettamento del medesimo al potere decisionale e di controllo del capo cronista, che impartiva direttive e poteva richiedere prestazioni ulteriori, quali l’impaginazione e la redazione dei titoli rispetto alla mera redazione di articoli;
- Cass. n. 22882/2008, la quale ha sottolineato che mediante la prestazione giornalistica subordinata il datore di lavoro assicura, per un apprezzabile periodo di tempo, la soddisfazione di una esigenza informativa del giornale con la sistematica compilazione di articoli su specifici argomenti di rubriche e, quindi, detto inserimento esige il permanere della disponibilità del lavoratore, pur nell’intervallo fra una prestazione e l’altra;
- Cass. n. 8068/2009, per la quale la subordinazione non è esclusa dal fatto che il giornalista goda di una certa libertà di movimento e non sia obbligato al rispetto di un orario predeterminato o alla continua permanenza sul luogo di lavoro, non essendo neanche incompatibile con il suddetto vincolo la commisurazione della retribuzione a singole prestazioni.
Quanto al lavoro giornalistico subordinato, instaurato con editori di giornali e quotidiani telematici, le Sezioni Unite della Cassazione (n. 23469/2016) hanno equiparato, in tutto o in parte, i giornali telematici a quelli tradizionali purché si riscontri l’esercizio, da parte di entrambi in forme simili, di un’attività professionale di divulgazione e commento di notizie ed informazione esercitata “da parte di soggetti particolarmente qualificati, in regime di trasparenza anche quanto a fonti di finanziamento e sostanzialmente di riferimento”, secondo regole (preliminarmente elaborate) di responsabilità o doveri o rispetto di limiti ed autoamministrate prevalentemente per l‘organizzazione in albi di natura pubblicistica.