Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 febbraio 2020, n. 5168

Tributi, IRAP, Professionisti, Autonoma organizzazione,
Presupposti

 

Rilevato che

 

C.V. ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza n. 240/44/2013, depositata dalla Commissione Tributaria Regionale
della Campania il 15.11.2013;

ha riferito di aver presentato istanza di rimborso
dei versamenti eseguiti ai fini Irap per gli anni d’imposta 2004/2008 perché,
esercitando l’attività di medico generico convenzionato con il Sistema Sanitario
Nazionale senza autonoma organizzazione, contestava i presupposti di
assoggettamento all’imposta. Seguiva il silenzio della Agenzia, avverso il
quale aveva presentato ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di
Napoli, che con sentenza n. 284/32/11 rigettava la domanda. L’Ufficio però
adiva la Commissione Tributaria Regionale della Campania, che con la pronuncia
ora impugnata accoglieva l’appello.

Il contribuente censura con due motivi la sentenza:

con il primo per violazione o falsa applicazione
degli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 446
del 1997, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3
c.p.c., per l’erronea interpretazione della disciplina Irap, in rapporto ai
presupposti di assoggettamento all’imposta e in particolare al concetto di
“autonoma organizzazione”, nonché l’omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione e l’omesso esame di un punto decisivo della
controversia, in relazione all’art. 360 co. 1
c.p.c. per l’erronea valutazione della natura ed incidenza delle spese
riportate nelle dichiarazioni dei redditi e delle mansioni svolte dalla
segretaria di studio;

con il secondo per omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione, nonché l’omesso esame di un punto decisivo della
controversia, in relazione all’art. 360 co. 1, n. 5
c.p.c., per non aver chiarito in qual modo i beni strumentali e il lavoro
dipendente della segretaria, peraltro assunta solo per gli anni 2007 e 2008,
potessero incidere sulla organizzazione del lavoro del contribuente,
riconducendolo tra i soggetti passivi dell’imposta.

Ha chiesto pertanto la cassazione della sentenza,
con le conseguenti statuizioni.

Si è costituita l’Agenzia, che ha contestato i
motivi di ricorso, di cui ha chiesto il rigetto.

 

Considerato che

 

Il primo motivo, che sebbene apparentemente
sovrapponga vizi motivazionali ed errores iuris sostanzialmente nel corpo delle
argomentazioni distingue le censure sui due vizi denunciati, è fondato e trova
pertanto accoglimento, sebbene limitatamente alla violazione e falsa
applicazione di norme di diritto, rivelandosi inammissibile il vizio
motivazionale, anche invocato, alla luce della nuova formulazione del n. 5 del comma
1 dell’art. 360 c.p.c.

Presupposto per l’assoggettamento all’imposta è
<<l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta
alla …. prestazione di servizi” (art. 2 del d.lgs. n. 446/1997),
applicabile anche alle “persone fisiche, le società semplici e quelle ad
esse equiparate a norma dell’art. 5,
comma 3, del predetto testo unico (ndr. d.P.R. n. 917/1986) esercenti arti
e professioni, di cui all’art. 49
comma 1, del medesimo testo unico>> (art. 3, lett. c, del d.lgs. n. 446/1997).

Quanto al significato di “autonoma
organizzazione” già la Corte Costituzionale,
con sent. n. 156 del 2001, aveva puntualizzato che l’imposta incide su un
fatto economico diverso dal reddito, cioè su quel quid pluris aggiunto dalla
struttura organizzativa alla attività professionale, tale da costituire un
indice di capacità contributiva idonea a giustificare l’assoggettamento al
tributo, il che non implica alcun limite quantitativo, di prevalenza o meno
rispetto al lavoro autonomo esercitato, bensì semplicemente un giudizio di
valore sulla idoneità di quella organizzazione a potenziare le possibilità
produttive del professionista. La Corte di legittimità ha esplicitato la
nozione di autonoma organizzazione nell’esercizio dell’attività di lavoro
autonomo, riconoscendola ai fini IRAP quando il contribuente: a) sia, sotto
qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito
in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b)
impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il
minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di
organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (in
tal senso già cfr. Cass., sent. 3676 del 2007;
Cass., sent. n. 25311 del 2014). Nel
perimetrare ulteriormente l’assoggettamento ad Irap del lavoratore autonomo le
Sez. U, da ultimo intervenute, hanno affermato che il requisito dell’autonoma
organizzazione, previsto quale presupposto dell’imposta dall’art. 2 cit., non ricorre quando il
contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non
eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di
lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive (Sez. U,
sent. n. 9451/2016).

La Corte ha anche affermato che per la soggezione ad
IRAP dei proventi del professionista autonomo è necessario che la struttura
organizzata di cui questi si avvalga faccia capo allo stesso non solo ai fini
operativi, ma anche sotto il profilo organizzativo, in conseguenza non
riconoscendo ad esempio la soggettività passiva all’imposta dell’avvocato che,
collaborando presso importanti studi legali, ne aveva utilizzato la struttura
organizzativa, traendone utilità (Cass., ord. n.
4080/2017, con riferimento alla attività di avvocato). Si è anche detto che
il professionista che svolga l’attività all’interno di una struttura altrui,
così difettando di autonomia organizzativa, non è assoggettato all’Irap (Cass., sent. n. 21150/2014). Con specifico
riferimento alla professione di medico generico convenzionato con il SSN si è
affermato che la disponibilità di uno studio, avente le caratteristiche e
dotato delle attrezzature indicate nell’art. 22 dell’Accordo collettivo
nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale,
reso esecutivo con d.P.R. n. 270 del 2000, rientrando nell’ambito del
“minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale,
ed essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del
rapporto convenzionale, non integra, di per sé, in assenza di personale
dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto
impositivo (Cass., 22027/2017; 13405/2016).

E stato anche chiarito, con orientamento
ormai consolidato, che non ricorre il necessario presupposto della autonoma
organizzazione ove il professionista si avvalga di un cd. assistente di sedia,
ossia di un infermiere generico assunto “part time”, il quale si
limiti a svolgere mansioni di carattere esecutivo, o di una segretaria, figure
collaborative che anche per i tempi e le modalità di impiego non sono idonee ad
accrescere le potenzialità professionali del medico (ex multis, Cass., 12084/2018; 9786/2018).
Peraltro si è affermato che incombe sull’Ufficio l’onere di dimostrare le
caratteristiche della strumentazione tecnica e la portata dell’eventuale
attività di collaborazione, indicando gli elementi di fatto necessari ad
integrare il presupposto d’imposta (Cass., 23999/2016).

L’accertamento spetta al giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

Questi gli approdi ermeneutici della giurisprudenza
di legittimità, nel caso di specie il giudice tributario d’appello ha
riconosciuto la sussistenza dei presupposti dell’imposta nei confronti del C.
considerando che il contribuente <<…dichiarò , nel quadro RE della
dichiarazione dei redditi, costi relativi a: 1) quote di ammortamento per
l’acquisto di beni mobili; 2) spese per prestazioni di lavoro dipendente; 3)
compensi corrisposti a terzi per attività professionali, ammontanti ad €
18.574.0 per l’anno 2008, a fronte di un compenso lordo totale di € 127.602,00,
a € 20.455.0 per l’anno 2007, a fronte di un compenso lordo totale di €
133.748,00, a € 18.800.0 per l’anno 2006, a fronte di un compenso totale di €
104.824,00, ed a € 17.625.0 per l’anno 2005, a fronte di un compenso lordo
totale di € 101.792,00.

Inoltre l’Ufficio ha allegato, senza che
l’affermazione sia stata contestata dall’appellato che, per gli anni di imposta
in esame il C. aveva sostenuto costi per un lavoratore dipendente>>. Da
ciò ha desunto la sussistenza dei presupposti per l’assoggettamento del
ricorrente all’Irap.

Risulta evidente che gli elementi assunti a sostegno
della attribuzione della soggettività passiva al tributo siano del tutto
inadeguati. Si pretende di valorizzare l’occupazione di un dipendente, di cui
non sono neppure accennate le funzioni esplicate, si fa riferimento a costi,
che incidono sul reddito complessivo nella misura del 15-18%, senza chiarire la
natura dei medesimi, e peraltro, tenendo conto che almeno per alcuni anni il
ricorrente ha tenuto una segretaria, del tutto coerenti con il pagamento di una
retribuzione minima per un dipendente regolarmente denunciato. Trattasi in ogni
caso di costi che risultano sostenuti nella misura che ci si possa attendere
per la gestione di uno studio medico.

Dunque la pronuncia del giudice regionale non fa
corretta applicazione delle norme che regolano l’assoggettamento all’irap del
professionista, alla luce della interpretazione resa dalla giurisprudenza di
legittimità.

L’accoglimento del primo motivo assorbe il secondo.

 

Ritenuto che

 

La sentenza va dunque cassata e il giudizio rinviato
dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa
composizione, per un nuovo esame sulla base dei principi enunciati e degli
elementi probatori disponibili, oltre che per la decisione sulle spese del
presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa
composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio
di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 febbraio 2020, n. 5168
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