Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 febbraio 2020, n. 5189
Tributi, IRPEF, Prestazione in forma di capitale erogata dal
Fondo di previdenza integrativa esterna per i dirigenti Enel alla cessazione
del rapporto di lavoro, Regime fiscale applicabile, Omessa prova
sull’effettivo investimento del capitale, Tassazione separata, Legittimità
Rilevato che
l’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza
n. 2004/25/14, depositata in data 3/12/2014, con la quale la Commissione
Tributaria Regionale del Veneto, Sez. Venezia – Mestre ha rigettato l’appello
principale dell’Ufficio, ed accolto, invece, il gravame incidentale proposto da
V.G., in sede di giudizio di riassunzione, a seguito della decisione (ord. n.
12433/2012) di questa Corte che aveva cassato la sentenza di secondo grado
avente ad oggetto il regime fiscale applicabile alle prestazioni erogate dal
fondo integrativo dell’Enel ai propri dipendenti, alla cessazione del rapporto
di lavoro;
In particolare il contribuente, lamentava, nel giudizio
d’appello, di aver subito l’applicazione sulla somma percepita, assimilata ai
fini imponibili a TFR, della trattenuta operata in base all’art. 16 TUIR (tassazione separata)
anziché, quella del 12,50% prevista ex art. 6, della legge n. 482 del
1985;
per quanto qui rileva, la CTR, richiamati i principi
di diritto indicati da questa Corte nella pronuncia rescindente, riconosceva,
infine, il diritto della contribuente all’applicazione dell’aliquota del
12,50%;
avverso tale pronuncia, ricorre l’Agenzia
affidandosi ad un unico motivo;
il contribuente resiste con controricorso.
Considerato che
1. con l’unico motivo di ricorso viene denunciata la
violazione dell’art. 360, comma 1°, n. 4, c.p.c.,
per avere la CTR, omesso di motivare, limitandosi a riportare lo svolgimento
dei fatti (nella parte narrativa) ed affermando in punto di diritto di ritenere
“legittima la richiesta avanzata dal contribuente, nei limiti e nelle
modalità temporali stabiliti dalla Corte”;
2. pur dovendosi ravvisare l’esiguità della
motivazione espressa dal giudice d’appello, formulata con semplice richiamo ai
principi della sentenza rescindente, il gravame nel merito risulta fondato per
quanto dappresso esposto;
3. il “thema decidendum” consiste nello
stabilire quale sia il regime fiscale del Fondo di previdenza integrativa
esterna per i dirigenti E., chiamato a gestire una forma di previdenza
complementare a capitalizzazione individuale sulla base di quanto previsto
dagli interventi legislativi intervenuti in materia (D.lgs. n. 124/1993-art. 1,
comma 5°, della legge n.
30/1997-art. 9, comma 1°, Iett. A 9, del D.lgs.
n. 168/2001);
4. ciò posto, premesso, in via generale, che il
giudizio di rinvio costituisce un processo chiuso tendente ad una nuova
statuizione (nell’ambito fissato dalla sentenza di cassazione) in sostituzione
di quella cassata, e comporta, di conseguenza, che i limiti e l’oggetto siano
delimitati dalla sentenza di annullamento; nel caso che occupa la sentenza
impugnata non risulta conforme ai principi di diritto sanciti nella pronuncia
di cassazione con rinvio;
5. in particolare, questa Corte, con l’ordinanza,
rescindente, n. 12433/2012, richiamando, espressamente, ed in linea con la sentenza n. 13642/2011 delle Sezioni Unite, ha vincolato
il giudice del rinvio all’applicazione del seguente principio: “In tema di
fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad
un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore
del d.lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di
previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa
previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a)
per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è
assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a), e 17 del
T.U.I.R., solo per quanto riguarda “la sorte capitale”
corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del
rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d.
rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 della legge n. 482 del 1985;
b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica
interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a), e 17 del
T.U.I.R.”;
6. con riferimento al fondamentale concetto di
“rendimento” la citata pronuncia delle Sezioni Unite ha precisato,
infine, che si tratta del “rendimento netto, imputabile alla gestione sul
mercato da parte del Fondo del capitale accantonato”.
7. sul punto, la successiva giurisprudenza di questa
Corte, si è attestata con numerosi arresti (“ex plurimis – Cass. n. 15853/18, 720/17, 10604/15, 10285/2017) ai quali il Collegio ritiene di dover
dare continuità, su una lettura dei principi affermati dalle Sezioni Unite,
secondo la quale: a) il predetto più favorevole criterio impositivo può trovare
applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo investimento
e/o gestione, da parte del fondo, sul mercato finanziario o su altre tipologie
di mercato (es. mercato immobiliare), del capitale accantonato e che ne
costituiscono il rendimento (Cass. nn. 15853/18,
720/17, 10604/15, 8310/14, 22950/13, 7728/13); b) sono tali le somme derivanti
dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non
necessariamente finanziario, non anche quelle calcolate attraverso l’adozione
di riserve matematiche e di sistemi tecnico- attuariali di capitalizzazione, al
fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali
concordate; c) deve escludersi che tale rendimento possa corrispondere alla
redditività sul mercato dell’intero patrimonio ENEL; d) gli accantonamenti
operati in regime di P.I.A., prima del 1998 non conferiscono natura
assicurativa alla prestazione, posto che non costituiscono redditi da capitale
derivanti da contratti di capitalizzazione; e) la prova dell’avvenuto
investimento secondo le modalità di cui sopra, deve essere fornita dal contribuente;
8. per quanto precede, il ricorso deve essere
accolto, poiché la sentenza impugnata ha ritenuto di applicare al caso in
disamina, senza alcuna distinzione tra capitale accantonato ed investimenti
effettuati sullo stesso, la ritenuta d’imposta del 12,50% ai sensi della citata
legge n. 482/85, disattendendo, in tal modo, i
principi posti dalla pronuncia rescindente; né il contribuente ha fornito prova
sull’effettivo investimento del capitale secondo i principi dianzi richiamati;
9. la sentenza impugnata va cassata, e non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, al sensi del secondo comma dell’art. 384
c.p.c., con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;
10. il consolidamento della giurisprudenza di questa
Corte, nella materia in disamina, intervenuto solo, dopo la proposizione del
ricorso, induce a compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda del contribuente. Spese del
giudizio compensate.