Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 febbraio 2020, n. 5416

Cartella esattoriale, Contributi omessi,Verbale ispettivo,
Regolarizzazione dei rapporti di lavoro, Contestazione

Rilevato in fatto

 

che, con sentenza depositata il 20.12.2013, la Corte
d’appello di Bari ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato
l’opposizione proposta da G.N. avverso la cartella esattoriale con cui gli era
stato ingiunto il pagamento di contributi omessi in danno di taluni lavoratori,
come da contestazione riveniente da precedente verbale ispettivo;

che avverso tale pronuncia G.N. ha proposto ricorso
per cassazione, deducendo nove motivi di censura, illustrati con memoria;

che l’INPS e la società concessionaria dei servizi
di riscossione hanno resistito con controricorso;

 

Considerato in diritto

 

che, con i primi due motivi, il ricorrente denuncia
violazione dell’art. 437 c.p.c. e dell’art. 26, d.P.R. n. 600/1973, per avere
la Corte di merito ritenuto la tardività dell’eccezione di inesistenza della
notifica della cartella; che, con il terzo motivo, il ricorrente lamenta
violazione degli artt. 437 c.p.c.e 3, comma 10, I.
n. 335/1995, per avere la Corte territoriale ritenuto la tardività
dell’eccezione di prescrizione dei contributi, siccome proposta per la prima
volta in quella sede di gravame;

che, con il quarto e il nono motivo, il ricorrente
si duole di violazione degli artt. 416, 420 e 437 c.p.c.
per avere la Corte di merito ritenuto incontestato il fatto costitutivo
dell’obbligazione contributiva e non avere ammesso le prove orali;

che, con il quinto, il sesto, il settimo e l’ottavo
motivo, il ricorrente censura variamente l’accertamento contenuto nella
sentenza impugnata circa il fatto costitutivo del debito per contributi
ritenuto a suo carico;

che i primi due motivi difettano d’interesse,
essendo consolidato il principio di diritto secondo cui, in tema di riscossione
di contributi e di premi assicurativi, il giudice dell’opposizione alla
cartella esattoriale che ritenga illegittima l’iscrizione a ruolo non può
limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la
fondatezza della domanda di pagamento dell’istituto previdenziale, valendo al
riguardo gli stessi principi che governano l’opposizione a decreto ingiuntivo (così
da ult. Cass. n. 17858 del 2018);

che il terzo motivo appare invece fondato,
costituendo ius receptum il principio secondo cui, operando il divieto di
proposizione di nuove eccezioni in appello soltanto per le eccezioni in senso
proprio relative a fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto fatto
valere in giudizio, cioè per le eccezioni non rilevabili d’ufficio, ed essendo
in materia previdenziale il regime della prescrizione già maturata affatto
differente rispetto a quello proprio della materia civile, in considerazione
della sua sottrazione alla disponibilità delle parti e della sua rilevabilità
anche d’ufficio dal giudice (cfr. tra le numerose Cass. nn. 23116 del 2004,
27163 del 2008, 21830 del 2014, 9865 del 2019), nelle controversie aventi ad
oggetto il pagamento di contributi previdenziali obbligatori l’eccezione di
prescrizione non può rientrare fra quelle ricomprese nel divieto di cui all’art. 437, comma 2°, c.p.c. (così, espressamente,
Cass. n. 27163 del 2008, cit.);

che, con riguardo al quarto e al nono motivo, va
premesso che i giudici di merito hanno fatto discendere la non contestazione
relativa alla tardiva regolarizzazione dei rapporti di lavoro indicati al punto
4.1 dell’impugnata sentenza e al maggior orario di lavoro ivi riportato dal
fatto che, sebbene si trattasse di fatti che erano stati comunicati all’odierno
ricorrente con il verbale ispettivo richiamato nella cartella esattoriale,
nondimeno «il ricorso introduttivo del giudizio recava una contestazione
(assolutamente) generica dell’obbligo contributivo», che era stato «in qualche
modo contestato solo dietro deposito di una memoria (già utilizzata nel corso
del procedimento amministrativo e dal primo giudice non ammessa» (così la
sentenza impugnata, pag. 6), e, pur a fronte delle allegazioni ivi riportate
circa la diversità di talune circostanze relative alle date di assunzione dei
lavoratori coinvolti nell’accertamento e dell’orario di lavoro da loro
espletato, hanno giudicato inammissibile la prova testimoniale articolata
dall’odierno ricorrente, sul presupposto che essa fosse stata proposta per la
prima volta in sede di gravame (ibid., pag. 8); che, a tale ultimo riguardo,
risulta per contro che l’odierno ricorrente aveva articolato la prova con i
testi P., N. e S. già all’udienza ex art. 420
c.p.c., tenutasi in data 8.6.2007 davanti al giudice di prime cure (così il
verbale d’udienza, per come ritualmente trascritto a pag. 37 del ricorso per
cassazione);

che, a fronte di tale richiesta, risulta erronea
l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata circa la necessità di
stralciare dal thema probandum i fatti dedotti dall’INPS già con il verbale di
accertamento e poi con la memoria di costituzione, essendosi chiarito che, in
tema di opposizione a cartella esattoriale avente ad oggetto crediti
contributivi, il principio per cui la mancata contestazione del fatto
costitutivo del diritto ne rende inutile la prova siccome non più controverso,
trova applicazione solo quando la parte opponente, attrice in senso formale ma
convenuta in senso sostanziale, non prenda posizione in maniera precisa,
rispetto ai fatti allegati nella memoria di costituzione dell’ente
previdenziale, nella prima difesa utile, e cioè nell’udienza di cui all’art. 420 c.p.c., in quanto, attribuendo analoga
efficacia di allegazione ai fatti contenuti in atti extraprocessuali (quale la
cartella esattoriale o, come nella specie, il verbale ispettivo ivi richiamato)
verrebbe interrotta la circolarità, necessariamente endoprocessuale, tra oneri
di allegazione, di contestazione e di prova di cui al combinato disposto degli artt. 414, nn. 4 e 5, e 416
c.p.c. (Cass. n. 31704 del 2019, che ha superato l’opposto principio
affermato da Cass. n. 27274 del 2018); che, alla stregua di quanto sopra, il
quarto e il nono motivo di ricorso appaiono fondati, risultando erronea la
decisione impugnata sia nella parte in cui pretende di far discendere una
“non contestazione” dal contenuto del ricorso introduttivo del
giudizio a suo tempo proposto dall’odierno ricorrente per cassazione, sia nella
parte in cui, sulla scorta di tale (insussistente) non contestazione, non ha
ammesso le prove orali che erano state da lui ritualmente richieste all’udienza
ex art. 420 c.p.c.;

che, pertanto, la sentenza impugnata, assorbiti gli
ulteriori ‘ motivi, va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte
d’appello di Bari, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese
del giudizio di cassazione;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo, il quarto e il nono motivo di
ricorso, rigettati i primi due e assorbiti gli altri. Cassa la sentenza
impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello
di Bari, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio
di cassazione.

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