La trattenuta operata in busta paga per le spese di gestione della procedura di cessione del quinto è illegittima.
Nota a Trib. Milano 13 gennaio 2020, n. 2632
Alfonso Tagliamonte
La scritturazione in busta paga della cessione del quinto e la relativa gestione costituiscono, per il datore di lavoro, un adempimento accessorio, derivante dal rapporto di lavoro e strettamente collegato all’esercizio di diritti dei lavoratori. Gli oneri derivanti da tali adempimenti, perciò, gravano sul datore di lavoro.
Lo afferma il Tribunale di Milano (13 gennaio 2020, n. 2632), discostandosi dalla precedente sentenza di merito (Trib. Latina 26 novembre 2015, n. 1148), secondo cui: 1) gli oneri e i costi di gestione discendenti dalla corresponsione della retribuzione a terzi possono essere regolati da specifici accordi; 2) qualora manchino regole previste dal ccnl anche aziendale ovvero accordi degli istituti di credito, il datore di lavoro potrà, imputare i costi in questione al dipendente dandogli, all’atto di notifica della cessione, preventiva comunicazione circa le modalità con le quali saranno computati e addebitati i costi a suo carico; 3) non v’è dubbio, inoltre, che la gestione della cessione del credito “non sia esente da costi per il datore di lavoro, dovendo quest’ultimo, e per di più solo, destinare propri dipendenti alla corretta contabilizzazione della procedura di cessione del quinto dello stipendio, attenendo a diverse operazioni amministrative e, appunto contabili”.
Il Tribunale di Milano, invece, precisa che scritturare in busta paga la cessione del quinto e la gestione correlata rappresenta, per il datore di lavoro, uno degli “adempimenti accessori più tipici”, al pari delle scritturazioni relative alle assenze per malattia, alla fruizione dei congedi parentali e dei benefici di cui alla L. n. 104/1992; si tratta, in altre parole, di uno degli “adempimenti necessitati dall’esercizio di specifici diritti di cui i prestatori di lavoro sono titolari”.
Sotto il profilo dei costi, poi, il Tribunale di Milano sostiene che essi “rientrano comunque nell’ordinaria attività di un’impiegata amministrativa addetta alla gestione delle pratiche del personale dipendente” e che, in ogni caso, la società avrebbe dovuto dimostrare l’aggravamento della gestione degli incombenti amministrativi, vale a dire la necessità di ricorrere alla prestazione di ulteriori risorse, ovvero allo straordinario di quelle già assunte, a causa della maggiore gravosità e del maggior costo degli adempimenti.