Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 marzo 2020, n. 6094

Contratto di inserimento, Presupposti, Lavoratore decaduto
dall’impugnazione del contratto, Progetto individuale di inserimento

Fatti di causa

 

1. Con sentenza n. 1496/2016, resa pubblica il 18
gennaio 2017, la Corte di appello di Milano, in riforma della sentenza del
Tribunale di Monza, ha respinto la domanda di R.B. volta ad ottenere la
dichiarazione di nullità o di illegittimità del contratto di inserimento
stipulato con E. S.p.A. il 17 dicembre 2008.

2. La Corte di appello ha rilevato in primo luogo, a
sostegno della propria decisione, che il lavoratore era decaduto
dall’impugnazione del contratto, riguardando la norma di cui al comma 1 bis
dell’art. 32 I. n. 183/2010
le sole ipotesi di licenziamento ed inoltre essendo il rapporto già concluso
alla data di entrata in vigore della legge.

3. La Corte ha poi ritenuto che, nel caso di specie,
fossero stati rispettati i parametri cui doveva rispondere il contratto ai
sensi dell’art. 55 d.lgs. n.
276/2003, posto che, da un lato, la necessità – espressamente prevista
dalla norma – del consenso del lavoratore al progetto individuale di inserimento
non implica anche che esso debba essere preceduto da una negoziazione specifica
mediante trattativa e, dall’altro, che le indicazioni del progetto risultavano
concretamente e adeguatamente correlate all’esigenza di consentire
l’adattamento del lavoratore al settore di destinazione.

4. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per
cassazione il lavoratore con tre motivi, cui ha resistito la società con
controricorso, assistito da memoria.

5. Il ricorso, già fissato per l’adunanza camerale
del 18 giugno 2019, è stato rinviato a nuovo ruolo per consentirne la
trattazione in pubblica udienza.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo viene dedotta la violazione e
falsa applicazione dell’art. 6
della I. n. 604/1966, come modificato dall’art. 32 I. n. 183/2010 e dall’art. 54 d.l. n. 225/2010
convertito nella I. n. 10/2011, nonché
contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, per avere la
Corte di appello di Milano erroneamente ritenuto che il ricorrente fosse
decaduto dall’impugnazione del contratto.

2. Con il secondo viene dedotta la violazione e
falsa applicazione degli artt. 55
e 56 d.igs. n. 276/2003, nonché dell’Accordo
Interconfederale 11 febbraio 2004 e del C.C.N.L.
del Terziario, Distribuzione e Servizi, per avere la Corte di appello
ritenuto sussistente nella specie uno specifico progetto individuale di
inserimento, sebbene esso fosse stato redatto su un modulo utilizzato per tutti
i lavoratori assunti con tale tipo di contratto e non fosse stato concordato
tra datore di lavoro e lavoratore.

3. Con il terzo viene dedotto il vizio di cui all’art. 360 n. 5, nonché violazione e falsa
applicazione del d.lgs. n. 276/2003 e del d.lgs. n. 368/2001, per avere la Corte di appello
omesso di esaminare un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti e
cioè che il progetto di inserimento prodotto dalla società si riferiva all’E.
di L. di P. mentre il ricorrente era stato applicato, anche per lunghi periodi,
presso altre unità produttive.

4. Il primo motivo è fondato, posto che – come
precisato da questa Corte (Sez. U n. 4913/2016)
– “l’art. 32, comma 1 bis,
della I. n. 183 del 2010, introdotto dal d.l.
n. 225 del 2010, convertito con modificazioni dalla I. n. 10 del 2011, nel prevedere “in sede di prima
applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle
disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del
licenziamento, si applica a tutti i contratti ai quali tale regime risulta
esteso e riguarda tutti gli ambiti di novità di cui al novellato art. 6 della I. n. 604 del 1966,
sicché, con riguardo ai contratti a termine non solo in corso ma anche con
termine scaduto e per i quali la decadenza sia maturata nell’intervallo di
tempo tra il 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore del c.d. collegato
lavoro) e il 23 gennaio 2011 (scadenza del termine di sessanta giorni per
l’entrata in vigore della novella introduttiva del termine decadenziale), si
applica il differimento della decadenza mediante la rimessione in termini,
rispondendo alla ratio legis di attenuare, in chiave costituzionalmente
orientata, le conseguenze legate all’introduzione ex novo del suddetto e
ristretto termine di decadenza”.

5. Il ricorso, tuttavia, non può essere accolto, non
essendo adeguatamente censurata, con gli ulteriori motivi, la seconda e
autonoma ragione decisoria espressa in sentenza e cioè l’accertata conformità
del contratto individuale intercorso fra le parti alla fattispecie legale di
cui agli artt. 55 e 56 d.lgs. n.
276/2003.

6. Al riguardo, si deve anzitutto rilevare che il
terzo motivo risulta inammissibile.

7. Esso, infatti, non si conforma al paradigma del
nuovo vizio “motivazionale”, quale risultante a seguito delle
modifiche introdotte con il decreto legge 22
giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella I. 7 agosto 2012, n. 134, e delle precisazioni
fornite da questa Corte a Sezioni Unite con le
sentenze n. 8053 e n. 8054/2014 e con le successive numerose conformi.

8. Con tale giurisprudenza è stato invero chiarito
che l’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nella sua
nuova formulazione, “introduce nell’ordinamento un vizio specifico
denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico,
principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o
dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le
parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe
determinato un esito diverso della controversia)”; con la conseguenza che
“nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt.
366, primo comma, n. 6 e 369, secondo comma, n.
4 cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il fatto storico, il cui
esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti
esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione
processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame
di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un
fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque
preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto
di tutte le risultanze probatorie”.

9. Nella specie, non risulta dimostrata dal
ricorrente né la “decisività” (quale attitudine a condurre ad un
esito diverso della controversia) dell’elemento fattuale, di cui si assume il
mancato esame, né l’osservanza degli oneri di deduzione specificamente
delineati nella richiamata giurisprudenza di questa Corte.

10. Quanto al secondo motivo di ricorso, lo stesso è
da ritenersi infondato.

11. Al riguardo si rileva in via preliminare che
l’onere di specifica indicazione del progetto (ex art. 56 del d.lgs. n. 276/2003)
“può essere soddisfatto anche attraverso il richiamo di un documento
esterno al contratto che contenga il progetto, purché specificamente
individuato e conforme alle prescrizioni dell’art. 55” (Cass. n. 23037/2018).

12. E’ stato altresì ritenuto che “il contratto
di inserimento, regolato dagli artt.
54 e ss. del d.lgs. n. 276 del 2003 (applicabile ratione temporis), è
connotato dalla finalità formativa ed è qualificabile come contratto a causa
mista, risultante dallo scambio tra lavoro retribuito e addestramento
finalizzato alla acquisizione di una più definita professionalità, per
l’inserimento (o reinserimento) nel mondo del lavoro. Ne consegue che la
carenza del progetto individuale, preordinato a garantire l’adeguamento delle
competenze professionali del lavoratore, come pure l’articolazione del rapporto
secondo moduli esecutivi incompatibili con le finalità di formazione, integrano
un vizio genetico della causa contrattuale, tale da determinare la conversione
in contratto di lavoro a tempo indeterminato” (Cass.
n. 22687/2018).

13. Ora, accertare che il progetto individuale sia
“preordinato a garantire” l’adeguamento delle competenze
professionali del lavoratore al contesto lavorativo, in cui egli andrà a
inserirsi, costituisce apprezzamento di merito che, se immune da vizi logici e
giuridici e adeguatamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità.

14. Nella specie, tale apprezzamento risulta
compiuto dalla Corte d’appello nella sentenza impugnata, là dove, con ampia
motivazione, anche sulla scorta di un’analitica indagine di contenuto, è posto
in evidenza (p. 5, 4° capoverso e successivi, e p. 6) come il progetto
individuale dell’odierno ricorrente fosse allineato ai “contenuti
legali” di un valido progetto di inserimento ex art. 55 d.lgs. n. 276/2003, vale
a dire di un progetto specificamente modulato “allo scopo di realizzare,
secondo la causa del modello lavorativo in questione, il suo adattamento al
settore di destinazione”.

15. Né ha pregio il rilievo, secondo il quale il
contenuto del progetto individuale dovrebbe essere “concordato” tra
il datore di lavoro e il lavoratore, richiedendo la disposizione, di cui all’art. 55 cit., quale condizione
per l’assunzione con contratto di inserimento, la definizione del progetto
“con il consenso del lavoratore”: ciò che, esprimendo la necessità di
una mera approvazione, in esito ad una complessiva valutazione di rispondenza
alla eventuale professionalità già acquisita e di percorribilità dell’iter di
adeguamento, esclude l’esigenza di “una sua negoziazione specifica
mediante una trattativa”, come esattamente ritenuto dal giudice di
appello.

16. In conclusione, il ricorso deve essere respinto,
con regolamento delle spese come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 200,00 per
esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al
15% e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115
del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1
bis dello stesso articolo 13,
ove dovuto.

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