Le accuse di ladrocinio rivolte ad un dirigente aziendale non hanno rilievo disciplinare quando sono frutto di una reazione emotiva ed istintiva della lavoratrice, esasperata dai reiterati inadempimenti datoriali.

Nota a Trib. Milano 30 dicembre 2019, n. 3002

Matteo Iorio

In materia di licenziamento disciplinare non sussiste una condotta rilevante ai fini della violazione di norme e regole applicabili ai contratti di lavoro qualora le espressioni irriguardose impiegate dal dipendente siano frutto di una reazione meramente emotiva nell’immediatezza di una situazione di difficoltà e/o disagio.

Lo ha stabilito il Tribunale di Milano (30 dicembre 2019, n. 3002) in relazione al caso di una lavoratrice (impiegata presso un’impresa di servizi con mansioni di cameriera) licenziata per giusta causa poiché aveva accusato il datore di lavoro e i suoi superiori di essere dei “ladri”. Ciò subito dopo aver ricevuto il cedolino e riscontrato irregolarità nella determinazione delle quote di retribuzione.

La dipendente aveva più volte lamentato inesattezze nel calcolo delle sue competenze (consistenti, in particolare, nella non corrispondenza tra le ore di lavoro indicate nella busta paga e quelle effettivamente svolte) e cercato, invano, di porvi rimedio “interloquendo con la società – anche per il tramite del rappresentante sindacale – nel pieno rispetto dei principi di correttezza, lealtà e continenza”.

Al riguardo, tenuto conto dei frequenti inadempimenti datoriali e dei comportamenti sempre corretti della lavoratrice, il giudice ha escluso la rilevanza disciplinare della condotta della dipendente, in quanto frutto di una “reazione puramente istintiva ed emotiva” tenuta nell’immediatezza di una situazione di difficoltà, condannando, perciò, la società alla reintegra della stessa e al pagamento di un’indennità risarcitoria (commisurata, ai sensi dell’art. 3, co. 2, D.LGS. n. 23/2015, all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR), corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento a quello della ripresa dell’attività lavorativa, dedotto l’aliunde perceptum.

Ciò, in quanto l’evento fenomenicamente verificatosi ma privo di illiceità (come nel caso di specie) è da parificarsi al fatto materialmente insussistente che rende applicabile la tutela reintegratoria ai sensi dell’art. 18, co. 4, L. n. 300/1970 (c.d. Statuto dei Lavoratori), come modificato dall’art. 1, co. 42, lett. b), L. n. 92/2012 (c.d. legge Fornero) (Cass. ord. n. 3655/2019, annotata in questo sito da P. VELARDI, Lavoro durante l’assenza per malattia; Cass. n. 20540/2015).

Reintegra per la dipendente che dà del ladro al datore di lavoro
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