Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 marzo 2020, n. 6448

Sgravi connessi all’assunzione di lavoratori iscritti nelle
liste di mobilità, Mancata allegazione dei fatti di causa, Mancato esercizio
dei poteri officiosi nel giudizio di merito, Esistenza di fatti o mezzi di
prova, idonei, rispetto ai quali avrebbe potuto e dovuto esplicarsi l’officiosa
attività di integrazione istruttoria

Considerato in fatto

1. La Corte d’appello di Catania ha confermato la
sentenza del Tribunale che, ritenuta la prescrizione di parte dei contributi
pretesi, ha rigettato per il resto l’opposizione alla cartella proposta dalla
soc V.G. srl avente ad oggetto il pagamento di Euro 372.539,35 a favore
dell’inps.

La Corte ha rilevato che la società aveva goduto di
sgravi connessi all’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità
ex L. n. 223/1991 o provenienti da lunga
disoccupazione ex lege 407/1990; che, con
riferimento ai lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, l’unica
documentazione allegata al ricorso introduttivo era la comunicazione ex art. 4 L. n. 223/1991 della
soc. C.S. editoriali snc, il verbale di riunione con le organizzazioni
sindacali, la lista dei dipendenti di detta società, la delibera
dell’assessorato regionale dell’inserimento dei 32 lavoratori nella lista di
mobilità; che la soc. opponente non aveva prodotto i contratti di formazione e
lavoro che assumeva di aver concluso con detti lavoratori, né aveva indicato il
numero ed il nominativo dei numerosi dipendenti del C.S. Editoriali collocati
in mobilità assunti dalla V.; che la società non aveva neppure allegato la
sussistenza degli altri requisiti per godere degli sgravi nonostante le
contestazioni dell’Inps.

La Corte territoriale ha rilevato, inoltre, che la
società non aveva allegato che i lavoratori assunti con contratto a tempo
indeterminato fossero disoccupati da almeno 24 mesi o sospesi dal lavoro e
beneficiari del trattamento straordinario di integrazione salariale e che solo
in appello aveva escluso interferenze o coincidenze tra le due società .

Ha osservato, circa la richiesta di integrazione
della documentazione con l’attivazione dei poteri officiosi ex art. 421, che l’esercizio di tali poteri
presupponeva l’allegazione precisa delle circostanze rilevanti da parte della
società e che nella fattispecie l’opponente aveva formulato allegazioni in
ordine al diritto di usufruire degli sgravi del tutto generiche (in ordine ai
dipendenti assunti ed ai contratti stipulati ) o mancanti in relazione ai
requisiti relativi agli assetti societari ed all’insussistenza dei
licenziamenti.

Premesso che era onere della società provare la
sussistenza dei requisiti per avere diritto agli sgravi la Corte territoriale
ha concluso rilevando rilevato che tale onere non era stato assolto dalla
società.

2. Avverso la sentenza ricorre in cassazione la soc.
V.G. con 4 motivi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 cpc.

Resiste l’Inps.

 

Ritenuto in diritto

 

3. Con il primo motivo la società denuncia
violazione dell’art. 2697 cc, degli art. 115 e 116 cpc,
dell’art. 416 cpc, degli artt. 24 e 111 Cost.
in relazione all’intervenuta menomazione del diritto di difesa e del principio
del contraddittorio .

Censura l’affermazione della Corte secondo cui
doveva essere la società a provare il diritto agli sgravi.

4. Con il secondo motivo denuncia violazione degli art. 421 e 437 cpc,
degli artt. 24 e 111
Cost. Lamenta che era stata respinta la richiesta di integrazione del
materiale probatorio eventualmente con l’esercizio dei poteri officiosi
sussistendo elementi di indagine nel processo che avrebbero potuto essere
sviluppati .

5. Con il terzo motivo denuncia violazione dei
principi dell’effettività della tutela giurisdizionale e del giusto processo
anche con riferimento all’art. 6
della CEDU; degli artt 3, 24 e 111 Cost. lamentando che i principi applicati in
tema di onere probatorio erano contrari alla CEDU e che la società non aveva
avuto un giudizio equo.

6. Con il quarto motivo denuncia violazione
dell’effettività del diritto europeo e della mancata osservanza dei limiti al
principio dell’autonomia procedurale come garanzia di questo . Osserva che i
principi in tema di prova del diritto all’ottenimento dei benefici non
risultavano compatibili con la piena attuazione dei diritti di matrice europea
rendendone ardua l’estrinsecazione.

7. Il ricorso è infondato.

8. Quanto ai primi tre motivi va osservato che
un’autonoma questione di malgoverno dell’art. 2697
c.c. può porsi soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito
l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo
le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti
costitutivi ed eccezioni e non invece ove oggetto di censura sia la valutazione
che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (cfr Cass. n.
15107/2013, n. 13395/2018).

Nella specie la Corte territoriale non ha in alcun
modo violato la norma in esame atteso che costituisce principio consolidato
che, in materia di sgravi e fiscalizzazioni, essendo il pagamento dei
contributi un’obbligazione nascente dalla legge, spetta al debitore dimostrare
il suo esatto adempimento e, quindi, grava sull’impresa che vanti il diritto al
beneficio contributivo l’onere di provare la sussistenza dei necessari
requisiti in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata
(cfr. Cass. n. 5137/2006, Cass. Sez. U. n. 6489/2012; Cass. n. 13011/2017).

La Corte territoriale , in particolare, quanto ai
lavoratori iscritti nelle liste di mobilità nonché agli sgravi per avvenuta
stipula di contratti di formazione e lavoro, ha rilevato che la V. non aveva
depositato i contratti di assunzione dei dipendenti collocati in mobilità dalla
ditta Centro Servizi Editoriali e che aveva solo genericamente affermato
l’avvenuta stipula di contratti di formazione senza però documentarli, né indicare
i nominativi e il numero degli assunti .

In relazione agli sgravi ex art. 8, comma 9, della legge
407/1990, la Corte ha rilevato che la società neppure aveva allegato, né in
primo grado, né in appello, che i lavoratori assunti fossero disoccupati da
almeno 24 mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario
di integrazione salariale.

A ben vedere le censure sollevate dalla ricorrente
si risolvono in una critica all’apprezzamento operato concordemente dai giudici
di merito circa la valutazione del materiale probatorio esistente in atti ed in
ordine alla sua inadeguatezza a fornire la prova della sussistenza dei
requisiti richiesti dalla legge per poter godere degli sgravi .

Quanto al mancato esercizio dei poteri officiosi va
richiamato il costante indirizzo di questa Corte secondo cui nel rito del
lavoro, il ricorrente che denunci in cassazione il mancato esercizio dei poteri
istruttori di ufficio nel giudizio di merito, deve riportare in ricorso gli
atti processuali dai quali emerge l’esistenza di una “pista
probatoria” qualificata, ossia l’esistenza di fatti o mezzi di prova,
idonei a sorreggere le sue ragioni con carattere di decisività, rispetto  ai quali avrebbe potuto e dovuto esplicarsi
l’officiosa attività di integrazione istruttoria demandata al giudice di
merito, ed allegare, altresì, di avere espressamente e specificamente richiesto
tale intervento nel predetto giudizio (cfr tra le tante Cass. ord. n 22628/2019) . Nella specie la Corte
territoriale ha opposto proprio la mancanza di allegazioni precise circa le
circostanze rilevanti poste a fondamento della domanda e dunque correttamente
non ha fatto ricorso ai poteri officiosi.

8. Va, infine, rilevata l’infondatezza dei richiami
alla normativa CEDU, alla violazione del diritto di difesa ed al diritto ad un
giusto processo stante la loro assoluta inconcludenza rispetto alla fattispecie
in esame ove la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi
costantemente applicati da questa Corte .

9. Per le considerazioni che precedono il ricorso
deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese
processuali liquidate come in dispositivo.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data
di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13 , comma 1 quater, dpr n
115/2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare
le spese processuali liquidate in Euro 15.000,00 per compensi professionali,
oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché Euro 200,00 per
esborsi. Ai sensi dell’art. 13 ,
comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il
ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13 se dovuto.

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