Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 marzo 2020, n. 6450
Cartella di pagamento, Somme dovute per omissione versamento
dei contributi di malattia, maternità e disoccupazione, Ente pubblico
economico
Rilevato che
1. con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di
Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado che aveva accolto
l’opposizione a ruolo e a cartella di pagamento, proposta dalla S.S.I.C.A. –
Azienda Speciale della Camera di Commercio di Parma (di seguito S.), per somme dovute
per omissione versamento dei contributi di malattia, maternità e
disoccupazione, nel periodo luglio 2009 – marzo 2010;
2. per la Corte di merito, e per quanto in questa
sede rileva, la S. non poteva essere destinataria dell’obbligazione contributiva
per maternità e malattia, prevista dall’art. 20, secondo comma, d.l. n.112
del 2008 perché, in quanto ente pubblico economico soggetto alla vigilanza
del Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato, non rientrava nel novero
delle imprese (dello Stato, di enti pubblici o di enti locali) partecipate
dallo Stato e interessate da processi di privatizzazione; né l’obbligazione
contributiva derivava dal settore di appartenenza, per essere l’attività svolta
dalla S. riconducibile al settore industria del quale era emanazione;
3. avverso tale sentenza ricorre l’INPS, anche quale
procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a., con ricorso affidato ad un motivo,
cui resiste, con controricorso, la S. S.I.C.A. – Azienda Speciale della Camera
di Commercio di Parma;
Considerato che
4. con il motivo di ricorso l’INPS, deducendo
violazione delle disposizioni in tema di contribuzione per disoccupazione
involontaria, di malattia e di maternità (rispettivamente r.d.l. n.1827 del 1935, art.37;
L.n.138 del 1943, art. 6; L.n.1204 del 1971, art.21) e
dell’art. 20, d.l.n.112 del 2008,
conv., con modif, in L.n.133 del 2008 e del
decreto legislativo n.540 del 1999, assume che il rinvio operato dal
legislatore alle regole di diritto comune del rapporto di lavoro subordinato
per disciplinare i rapporti di lavoro instaurati dalla S. (art.5 d.lgs. n. 540
del 1999) comporta, sotto il profilo previdenziale, l’applicazione della
disciplina generale in tema di debenza della contribuzione (nella specie, per
disoccupazione ordinaria, malattia, maternità) non rinvenendosi alcun
fondamento normativo per l’esenzione dall’obbligazione; sostiene, in via
residuale, l’erronea interpretazione dell’art. 20, secondo comma, del
d.l.n.112 del 2008 ed assume, infine, che pur volendo condividere
l’interpretazione della Corte di merito l’approdo finale non sarebbe
l’esenzione dall’obbligazione ma il riemergere delle regole generali che
obbligano tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, al pagamento della
contribuzione nella misura e per le voci ordinarie, in mancanza di una
specifica disciplina di esenzione;
5. il ricorso è da accogliere;
6. va premesso che il tema del quale si controverte,
la debenza dell’obbligazione contributiva, nella specie a titolo di
contribuzione minore, non costituisce profilo estraneo alla causa petendi, come
asserisce la parte controricorrente manifestando di non accettare tale nuova
impostazione del problema pur senza sollevare, in coerenza, profili di
inammissibilità del ricorso;
7. è bene ricordare che l’improponibilità, nel
giudizio di cassazione, di questioni non dibattute nelle precedenti fasi opera
con esclusivo riferimento alle questioni che implichino una modificazione dei
termini in fatto della controversia e non anche a quelle la cui novità concerne
profili di diritto (ex multis, Cass.n. 9812 del 2002 e numerose successive
conformi);
8. le Stazioni Sperimentali per l’industria sono
organizzazioni di risalente tradizione, la cui disciplina è evoluta nel tempo,
che svolgevano, in collaborazione con i settori produttivi di riferimento,
attività di sperimentazione e di ricerca industriale finalizzate al sostegno
della competitività delle imprese;
9. la SSICA fu istituita con decreto reale del 2
luglio 1922, n. 1396 (Regia S. sperimentale per l’industria delle Conserve
Alimentari in Parma), con sede presso i locali forniti dalla Camera di
commercio di Parma, all’esito di un’evoluzione che rinviene le radici alla fine
del 1800 ed aveva visto assumere da parte delle industrie di settore del
territorio parmigiano una funzione di rilievo;
10. anteriormente, e successivamente, sono state
istituite altre Stazioni Sperimentali, tutte connotate, fin dalle origini,
dalla localizzazione in base al criterio della pertinenza e rilevanza
dell’industria di riferimento in relazione ad una determinata area
territoriale;
11. il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 540
(Riordino delle S. sperimentali per l’industria, a norma dell’articolo 11 della Legge 15 marzo
1997, n. 59) le ha configurate quali «enti pubblici economici» sottoposti
«alla vigilanza del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato»
(art. 2, comma 1), senza introdurre sostanziali modifiche alle attività
espletate, primariamente consistenti nella «ricerca industriale e attività di
sviluppo precompetitiva» (art. 2, comma 2, lettera a), ed al criterio di
localizzazione derivante dall’inerenza delle dette attività, di ricerca e
sperimentazione, a settori produttivi peculiarmente sviluppati in determinate
aree territoriali del Paese;
12. l’art.
7, comma 20, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, ha
disposto la soppressione della S.S.I.C.A. ed il trasferimento dei relativi
compiti ed attribuzioni alla Camera di commercio di Parma;
13. in seguito, nell’esercizio della delega
(prevista dall’art. 10, legge n.
124 del 2015) per la riforma dell’organizzazione, delle funzioni e del
finanziamento delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
il decreto legislativo n. 219 del 201, che non
ha modificato il richiamato art.
7, comma 20 (v. Corte cost, n. 86 del 2017), ha disposto la soppressione
delle S.S. e lo svolgimento della relativa attività da parte delle camere di
commercio nella cui circoscrizione territoriale esse avevano sede, demandando
ad un decreto interministeriale l’individuazione di «tempi e concrete modalità
di trasferimento dei compiti»;
14. quanto all’Azienda speciale S. sperimentale che
ha preso il posto della soppressa SSICA, il Giudice delle leggi, con la
sentenza n. 86 del 2017, premesso che sino alla legge n. 580 del 1993 carattere
locale degli interessi e matrice statale degli organi chiamati a rappresentarli
convivevano in una figura istituzionale difficilmente definibile, ha
sottolineato la natura della camera di commercio quale ente pubblico e,
ribadito (richiamando Corte Cost. nn.374 del 2007 e 29 del 2016) che l’art. 1, comma 1, della legge n.
580 del 1993 non contempla affatto l’asserita attribuzione a dette Camere
della natura di enti locali, ma sancisce che sono enti pubblici dotati di
autonomia funzionale» ai quali sono attribuiti compiti che, se necessario,
possono essere disciplinati in «maniera omogenea in ambito nazionale»;
15. ha continuato, il Giudice delle leggi, che
l’attribuzione dei compiti alle camere di commercio, tenuto conto della loro
natura e dell’ampia e composita gamma di funzioni loro conferite, non è (e non
è mai stata) imprescindibilmente correlata alla necessaria dimensione
localistica dell’interesse e soltanto esige che la relativa scelta appaia
giustificata in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione e
adeguatezza (ex plurimis, Corte Cost. nn. 144 del
2014 e 232 del 2011), per cui la
complessiva considerazione delle origini storiche delle S.S., del radicamento
delle stesse in determinati ambiti territoriali, in correlazione con la
tipologia delle attività produttive, apprezzate alla luce della natura e dei
compiti svolti dalle camere di commercio, rendono dunque non manifestamente
irragionevole ed ingiustificata la scelta dei legislatore di attribuire a
quella di Parma i compiti in passato svolti dalla soppressa S. S. conserviera,
sulla scorta di un criterio generale, applicato a tutte le altre, pure
soppresse, S. S.;
16. come rilevato dalla giurisprudenza
amministrativa (v. Cons. stato n.1954 del 2003, in riferimento alla S. S. per
l’Industria delle pelli e delle materie concianti, dette imprese non
costituiscono soggetti chiamanti a fornire un apporto finanziario ad
un’attività di interesse generale di cui beneficiano come esponenti della
collettività indifferenziata ma, al contrario, forniscono un apporto
interessato al fine di sostenere economicamente l’operato di un ente, nella cui
struttura hanno un ruolo significativo, chiamato allo svolgimento di programmi
di ricerca e di carattere tecnico-scientifico di cui beneficiano in modo
specifico ed immediato le imprese che dai risultati di detti programmi traggono
vantaggi in termini imprenditoriali;
17. questa Corte di legittimità è già peraltro
intervenuta a sottolineare la natura di enti pubblici economici della S. S.,
nella specie, per le Industrie delle Essenze e dei Derivati dagli Agrumi, alla
stregua del D.Lgs. n. 540 del 1999, art. 2 che, come esposto nei paragrafi che
precedono, al successivo art. 5, prevede espressamente la applicabilità ai
rapporti di lavoro delle disposizioni del capo 1, titolo 2, del libro 5 del
codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa (v.
Cass. n. 30868 del 2017);
18. in riferimento, poi, alle aziende speciali delle
Camere di Commercio, questa corte ha già affermato che anche nel caso in cui
non siano dotate di personalità giuridica propria, costituiscono comunque una
struttura fornita di un’organizzazione autonoma, distinta da quella
pubblicistica dell’Ente e che opera con modalità e strumenti non dissimili da
quelli delle altre organizzazioni imprenditoriali (v. Cass., sez. U, n. 21503
del 2004) che il rapporto di lavoro del personale dipendente, siccome non
intercorrente con pubbliche amministrazioni, è sottratto all’ambito di
applicazione delle disposizioni di cui al d.lgs. n.
165 del 2001 (v., Cass., Sez. U., n. 12907 del 2003);
19. quanto all’identificazione dei soggetti
destinatari del disposto del d.l.
n. 112 del 2008, art. 20, comma 2, conv. in L. n. 133 del 2008 – del
seguente tenore:« A decorrere dal 1 gennaio 2009, le imprese dello Stato, degli
enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto sono tenute a
versare, secondo la normativa vigente: a) la contribuzione per maternità; b) la
contribuzione per malattia per gli operai”, questa Corte ha elaborato la
ricostruzione sistematica, consolidata con numerose decisioni (v., da ultimo,
Cass. n. 28296 del 2019), alla quale va data continuità;
20. a partire da Cass. n. 2756 del 2014, e poi con
Cass. nn. 18395, 21536, 22291, 28296 del 2019) questa Corte ha affermato
che il riferimento alle imprese dello Stato – secondo un’interpretazione del
testo costituzionalmente orientata al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. – conduce a ritenere che
all’elencazione in essa prevista non può essere attribuito carattere tassativo,
posto che, l’espressione “imprese di Stato” che ricorre nel
linguaggio comune, dal punto di vista giuridico (cioè come volta ad indicare lo
svolgimento diretto da parte dello Stato di un’attività economica, costituita
dall’offerta di beni e servizi in un mercato, a scopo di lucro) non ha
cittadinanza negli Stati membri della UE, ponendosi in contrasto con gli artt. 106 e 107 TFUE, come
interpretati dalla Corte di giustizia UE (vedi, per tutte, Comunicazione della
Commissione UE sull’applicazione delle norme dell’Unione Europea in materia di
aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di
interesse economico generale Testo rilevante ai fini del SEE – 2012/C 8/02 e
ivi ampi richiami);
21. la suddetta espressione – tenendo conto anche
degli artt. 11 e 117
Cost. – non può che essere intesa in senso a-tecnico, come riferita alle
imprese partecipate, in tutto o in parte, dallo Stato e, del pari, la stessa
valenza atecnica deve essere attribuita alla restante parte dell’elencazione
contenuta nel citato comma 2, che quindi va inteso nel senso di assoggettare
alla contribuzione ivi prevista (da effettuare all’INPS): a) tutte le imprese
degli enti pubblici e degli enti locali (di cui al D.Lgs.
18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni e integrazioni), che sono
state interessate, per effetto di norme di legge, di regolamento o convenzione,
da processi di privatizzazione avviati nel corso degli anni ’90 ed ancora in
via di completamento e che hanno continuato ad essere assoggettate ad un regime
previdenziale di tipo pubblicistico, nonché a regimi speciali riconosciuti alle
medesime in forza di specifiche disposizioni normative; b) tutte le imprese a
capitale misto degli enti pubblici e degli enti locali; c) nonché le imprese
costituite a seguito di trasformazioni di enti ed istituti di diritto pubblico,
i cui dipendenti già assoggettati a regimi previdenziali speciali sono poi
confluiti nell’INPDAP;
22. data, dunque, la predetta ricostruzione
sistematica e riconosciuta la natura di ente pubblico economico alla S. S.,
tanto comporta la sua inclusione nel novero dei soggetti tenuti al versamento
dei contributi di maternità e malattia, ai sensi del D.L. n. 112 del 2008, art. 20,
comma 2, conv. in L. n. 133 del 2008;
23. va, poi, aggiunto che, alla stregua dell’ambito
del thema decidendum come definito dalla Corte territoriale, senza alcun cenno
all’indennità di disoccupazione, l’ente previdenziale non ha fatto segno di
censura tale statuizione, limitandosi ad indirizzare le doglianze su un preteso
errore interpretativo delle relative disposizioni che risultano, all’evidenza,
non pertinenti al decisum;
24. la sentenza impugnata va, pertanto cassata e,
per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla
Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, perché proceda a nuovo
esame alla stregua di quanto sin qui detto e provveda anche, alla regolazione
delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla corte d’appello di
Bologna, in diversa composizione.