Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 marzo 2020, n. 6642

Astensione anticipata dal lavoro per maternità, Contribuzione
– Erogazione della connessa prestazione economica, Richiesta, Presentazione
della domanda all’Inps

 

Ritenuto in fatto

 

1. La Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale, per quello che qui ancora rileva escludeva il
diritto dell’INPS alla ripetizione nei confronti di A.A. della contribuzione
trattenuta a titolo di indennità corrisposta per il periodo di astensione
anticipata dal lavoro per maternità ex art. 17 del d.lgs n. 151 del 2001
di una propria dipendente, portata a conguaglio per il periodo dal 21 dicembre
2007 al 23 marzo 2008 per l’importo di € 5851,23.

2. La Corte d’Appello riteneva che, a differenza di
quanto avviene per l’indennità di maternità, in caso di astensione anticipata
dal lavoro l’erogazione della connessa prestazione economica non sia
condizionata alla presentazione della domanda all’Inps, essendo questa
sostituita dalla richiesta di astensione anticipata presentata alla competente
Direzione provinciale del lavoro e dal conseguente provvedimento di ammissione.

Riteneva quindi infondata l’eccezione di
prescrizione dei ratei dell’indennità sollevata dall’istituto previdenziale,
sulla cui base aveva negato il diritto al conguaglio dei contributi.

3. Per la cassazione della sentenza l’Inps ha
proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, illustrato anche con memoria ex art. 378 c.p.c., cui A.A. non ha opposto attività
difensiva.

 

Considerato in diritto

 

4. L’ Inps deduce la violazione e falsa applicazione
del combinato disposto degli articoli
17, 21 e 22 del d.lgs 26 aprile
2001 n. 151 e successive modificazioni, con riferimento agli articoli 7 e 8 della I. 11 agosto
1973 numero 533.

Sostiene che anche nel caso di astensione anticipata
dal lavoro sia necessaria per la percezione della relativa prestazione la
domanda amministrativa all’INPS, pur essendo la stessa disposta dal servizio
ispettivo del Ministero del Lavoro.

5. Il ricorso è fondato.

6. Ai sensi dell’art. 1 del d.l. 30 dicembre 1979,
n. 663, convertito nella legge 29 febbraio
1980, n. 33, richiamato dall’art.
22 comma 2 del d.lgs n. 151 del 2001, l’INPS è l’unico soggetto obbligato
ad erogare l’indennità di maternità, mentre il datore di lavoro ha solo il
dovere di anticiparne l’importo, salvo conguaglio con i contributi e le altre
somme da corrispondere all’Istituto, sempreché la prestazione sia
effettivamente dovuta dall’Istituto previdenziale (Cass.
n. 1172 del 22/01/2015, Cass. n. 669 del 18/01/2001).

7. Anche per l’indennità di maternità, trattandosi
di prestazione previdenziale, vale quindi il principio generale della necessità
della domanda amministrativa, relativo a tutte le controversie di cui all’art. 442 cod. proc. civ. nella materia
previdenziale e nell’assistenza sociale, assolutamente condiviso nella
giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Cass.
n. 23362 del 16/11/2016, Cass. n. 17798 del
8.9.2015, Cass. n. 2063 del 30/01/2014).

8. Si è anche aggiunto, con specifico riferimento
alla questione agitata in causa relativa all’astensione anticipata dal lavoro
ex art. 17 del d.lgs n. 151 del 2001,
che alla carenza della domanda amministrativa non può supplire il provvedimento
emesso dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, dalla Direzione
territoriale del lavoro o dalla ASL, trattandosi di provvedimento che assume
solo la funzione di “un fatto di legittimazione e una condicio iuris della
riconducibilità dell’assenza dal lavoro allo stato di gravidanza e della sua
riconoscibilità come assenza determinata da uno degli eventi protetti”
(cfr. Cass. n. 603/2000) e che non può, dunque,
tenere luogo della domanda diretta ad ottenere la corresponsione dei benefici
economici da parte dell’ente previdenziale (Cass.
n. 29236 del 28.12.2011).

9. Il provvedimento amministrativo che dispone
l’astensione anticipata opera quindi su un piano diverso rispetto alla
corresponsione dei benefici economici da parte dell’ente previdenziale che, pur
costituendo la conseguenza del primo, fa capo a diverso soggetto e soggiace a
diverse regole.

10. Il ricorso deve quindi essere accolto e la
sentenza cassata in parte qua, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in
diversa composizione, che dovrà procedere a nuova valutazione, attenendosi al
principio sopra individuato.

11. Al giudice designato competerà anche la
regolamentazione delle spese del presente giudizio.

12. Non sussistono i presupposti per il versamento,
da parte del ricorrente vittorioso, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30
maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata in
relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per la regolamentazione della
spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano in diversa
composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 marzo 2020, n. 6642
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