Prassi – INPS – Circolare 19 marzo 2020, n. 40
Articolo 2, commi
31-35, della legge 28 giugno 2012, n. 92. Disposizioni in materia di
riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita
SOMMARIO: La circolare fornisce un quadro
riepilogativo delle tipologie di cessazione del rapporto di lavoro per cui si
configura l’obbligo di versamento del c.d. ticket di licenziamento, introdotto
con l’articolo 2, commi 31-35,
della legge n. 92/2012. Sono inoltre trattate le fattispecie di sussistenza
del suddetto obbligo contributivo nelle ipotesi di cessazione del rapporto di
lavoro cui consegua una prestazione pensionistica.
INDICE
1. Premessa
2. Tipologie di cessazione del rapporto di lavoro
per le quali il contributo è dovuto
2.1 Interruzioni di rapporto di lavoro intervenute
nell’ambito delle procedure di cui all’articolo 41 del D.lgs n. 148/2015
(contratto di espansione)
3. Misura del contributo
3.1. Computo dell’anzianità lavorativa
3.2. La misura del contributo nelle fattispecie di
licenziamento collettivo
4. Tipologie di cessazione del rapporto di lavoro
per le quali il contributo non è dovuto
4.1. Licenziamenti effettuati in conseguenza di
cambi di appalto
4.2. L’interruzione del rapporto di lavoro nel
settore delle costruzioni edili
4.3. Datori di lavoro che hanno avviato procedure di
mobilità
5. Obbligo contributivo ai sensi dell’articolo 2, comma 31, della legge n.
92/2012 e cessazione del rapporto di lavoro di lavoratori che maturano il
requisito pensionistico
5.1. Ticket di licenziamento ed assegno ordinario di
invalidità
6. Istruzioni operative
1. Premessa
La legge
28 giugno 2012, n. 92, all’articolo 2, commi da 31 a 35, ha disciplinato il
c.d. ticket di licenziamento.
Il comma 31 della disposizione di cui sopra, come
modificato dall’articolo 1,
comma 250, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, così dispone: “Nei casi di
interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che,
indipendentemente dal requisito contributivo,
darebbero diritto all’ASpI (oggi NASpI), intervenuti
a decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una
somma pari al 41 per cento del massimale mensile di AspI (oggi NASpI) per ogni
dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Nel computo
dell’anzianità aziendale sono compresi i periodi di lavoro con contratto
diverso da quello a tempo indeterminato, se il rapporto è proseguito senza
soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione di cui
al comma 30″.
Con la presente circolare, al fine di uniformare il
comportamento delle Strutture territoriali e tenuto conto dei quesiti
pervenuti, si riepilogano le disposizioni di prassi e le istruzioni operative
già impartite nel corso degli anni per l’applicazione del suddetto obbligo
contributivo e si forniscono ulteriori precisazioni.
2. Tipologie di cessazione per le quali il
contributo è dovuto
Il contributo è dovuto nei casi di interruzione del
rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
I datori di lavoro sono tenuti all’assolvimento
della contribuzione in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto generi in
capo al lavoratore il teorico diritto all’indennità NASpI, a prescindere
dall’effettiva fruizione della stessa (art. 2, comma 31, della legge n.
92/2012).
Tanto considerato, la contribuzione è dovuta nei
casi di cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato a seguito di
licenziamento(NOTA 1):
per giustificato motivo oggettivo; tale tipologia di
licenziamento deve essere valorizzata all’interno del flusso Uniemens con il
codice Tipo cessazione “1A”;
per giusta causa; a seguito di licenziamento
disciplinare; per giustificato motivo soggettivo; tali licenziamenti andranno
valorizzati all’interno del flusso Uniemens con il codice Tipo cessazione “1D”;
per le fattispecie di cui agli articoli 2 e seguenti del D.lgs 4
marzo 2015, n. 23.
Il contributo è altresì dovuto in caso di dimissioni
per giusta causa o di dimissioni intervenute durante il periodo tutelato di
maternità; tali tipologie devono essere valorizzate all’interno del flusso
Uniemens con il codice Tipo cessazione “1S”.
Tra le fattispecie di interruzione del rapporto di
lavoro a tempo indeterminato che soggiacciono all’obbligo contributivo in
argomento devono essere ricomprese anche le dimissioni rassegnate dal
lavoratore ai sensi dell’articolo 2112, quarto
comma, c.c. Il legislatore ha infatti previsto quale giusta causa di
dimissioni nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda la sostanziale
modifica delle condizioni di lavoro.
Il datore di lavoro è parimenti soggetto al
contributo in questione nel caso di interruzione del rapporto di lavoro per
rifiuto del lavoratore del trasferimento ad altra sede della stessa azienda
distante oltre 50 km dalla residenza del lavoratore o mediamente raggiungibile
in oltre 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblico(NOTA 2).
Sussiste altresì l’obbligo contributivo in oggetto
qualora l’interruzione del rapporto di lavoro intervenga a seguito di recesso
del datore di lavoro ai sensi degli articoli 2118
c.c. e 2119 c.c. (codice cessazione di
nuova istituzione “1T”), compresi i casi di recesso del datore di lavoro
durante o al termine del periodo di prova o al termine del periodo di
formazione dell’apprendista di cui all’articolo 42, comma 4, del D.lgs 15
giugno 2015, n. 81, (la cessazione del rapporto di lavoro in applicazione
di questa fattispecie dovrà essere esposta nel flusso Uniemens con il codice
Tipo cessazione di nuova istituzione “1V”), fatto salvo quanto ulteriormente
precisato al successivo paragrafo 4.
Tenuto conto che l’articolo 7, comma 7, della legge
15 luglio 1966, n. 604, come novellato dall’articolo 1, comma 40, della legge n.
92/2012, dispone che a seguito della cessazione del rapporto di lavoro per
risoluzione consensuale ai sensi del medesimo articolo 7 della legge n. 604/1966
“si applicano le disposizione in materia di ASpI” (oggi NASpI), anche per tale
fattispecie il datore di lavoro è tenuto al versamento del c.d. ticket di
licenziamento. Le risoluzioni consensuali intervenute con tale procedura
dovranno essere esposte all’interno del flusso Uniemens con il codice Tipo
cessazione “1H”.
Il contributo in argomento è altresì dovuto nei casi
di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della
procedura di conciliazione di cui all’articolo 6 del D.lgs 4 marzo 2015, n.
23.
Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali,
con interpello n. 13 del 2015, ha infatti
chiarito che non è ostativo al riconoscimento dell’indennità NASpI l’ipotesi di
licenziamento con accettazione dell’offerta di conciliazione di cui al citato articolo 6 del D.lgs n. 23/2015.
Con il medesimo interpello è stato precisato che la risoluzione consensuale in
questione non muta il titolo della cessazione del rapporto di lavoro, che resta
il licenziamento, e pertanto tale fattispecie è da intendersi quale ipotesi di
disoccupazione involontaria conseguente ad atto unilaterale di licenziamento
del datore di lavoro.
2.1 Interruzioni di rapporto di lavoro intervenute
nell’ambito delle procedure di cui all’articolo 41 del D.lgs n. 148/2015
(contratto di espansione)
L’articolo
26-quater, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito,
con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n.
58, ha novellato l’articolo
41 del D.lgs 14 settembre 2015, n. 148, introducendo, in via sperimentale
per gli anni 2019 e 2020, il contratto di espansione.
Per quanto di rilevanza ai fini della presente
trattazione, la norma in esame consente alle imprese interessate di stipulare
un contratto (di espansione) (NOTA 3) che prevede, tra l’altro, la risoluzione
dei rapporti di lavoro in essere con i lavoratori che abbiano i requisiti
previsti dal comma 5 del citato articolo
41, riconoscendo agli stessi un’indennità mensile commisurata al
trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della
cessazione del rapporto di lavoro.
A seguito della risoluzione del rapporto di lavoro,
questi lavoratori avranno diritto all’accesso all’indennità NASpI, come
previsto dal comma 5 dell’articolo
41 del D.lgs n. 148/2015 e come altresì precisato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali con la
circolare n. 16/2019. Ne consegue che anche le risoluzioni del rapporto di
lavoro intervenute nell’ambito della fattispecie in argomento comportano
l’obbligo del datore di lavoro di versamento del c.d. ticket di licenziamento.
3. Misura del contributo
I criteri di calcolo del contributo in parola sono
definiti dall’articolo 2, comma
31, della legge n. 92/2012, il quale stabilisce che il contributo è pari al
“41 per cento del massimale mensile di ASpI (oggi NASpI) per ogni dodici mesi
di anzianità aziendale negli ultimi tre anni”.
Il contributo è pertanto scollegato dall’importo
della prestazione individuale e, conseguentemente, lo stesso è dovuto in misura
identica a prescindere dalla tipologia di lavoro, che esso sia part-time o
full-time (NOTA 4).
Il contributo è interamente a carico del datore di
lavoro e deve essere sempre versato in unica soluzione entro e non oltre il
termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si
verifica l’interruzione del rapporto di lavoro.
3.1 Computo dell’anzianità lavorativa
Con la circolare n.
44/2013 sono stati forniti chiarimenti in merito al computo dell’anzianità
lavorativa del lavoratore cessato.
In particolare, si è precisato che se la prestazione
lavorativa è stata inferiore all’annualità essa deve essere riparametrata in
base agli effettivi mesi di lavoro.
La suddetta circolare ha altresì chiarito che, ai
fini dell’anzianità lavorativa, deve essere considerata come intera mensilità
quella in cui la prestazione lavorativa si sia protratta per almeno 15 giorni
(NOTA 5).
In merito a quest’ultimo punto, si precisa che i
mesi di lavoro diversi dal primo e dall’ultimo devono essere considerati mesi
interi, indipendentemente dal numero di giornate lavorate, fermo restando che
nel computo dell’anzianità aziendale non si deve tener conto dei periodi di
congedo di cui all’articolo 42,
comma 5, del D.lgs 26 marzo 2001, n. 151 (NOTA 6), né dei periodi di
aspettativa non retribuita.
Ulteriori precisazioni in merito sono state fornite
con il messaggio n. 10358/2013, con il quale è
stato specificato che ai fini del computo dell’anzianità lavorativa, oltre ai
periodi di lavoro a tempo indeterminato, devono essere considerati periodi
utili anche quelli in cui il lavoratore sia stato assunto alle dipendenze dello
stesso datore con tipologia di contratto a termine, qualora il datore di lavoro
abbia beneficiato della restituzione del contributo addizionale, ossia nei casi
previsti dall’articolo 2, comma
30, della legge n. 92/2012 (NOTA 7).
Infine, nell’ipotesi in cui il lavoratore sia
passato alle dipendenze del datore di lavoro in seguito a operazioni societarie
di cui agli articoli 2112 o 1406 c.c., l’anzianità aziendale deve essere
stabilita considerando anche il rapporto intercorso con l’azienda cedente –
Tipo cessazione “2T” sulla matricola di provenienza e Tipo assunzione “2T”
sulla matricola del successivo datore di lavoro.
3.2 La misura del contributo nelle fattispecie di
licenziamento collettivo
Per quanto attiene alla misura del contributo, si
ricorda che l’articolo 2, comma
35, della legge n. 92/2012 stabilisce che, a far tempo dal 1° gennaio 2017,
nei casi di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza del
personale di cui all’articolo
4, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, non abbia formato oggetto
di accordo sindacale, il contributo di cui trattasi è moltiplicato per tre
volte.
Sulla misura del contributo è successivamente
intervenuta anche la legge 27 dicembre 2017, n.
205 (legge di bilancio 2018), che, all’articolo 1, comma 137, ha
introdotto una nuova aliquota di computo del c.d. ticket di licenziamento per
le interruzioni dei rapporti di lavoro intervenute a decorrere dal 1° gennaio
2018.
Più in particolare, per ciascun licenziamento
effettuato nell’ambito di un licenziamento collettivo da parte di un datore di
lavoro tenuto alla contribuzione per il finanziamento dell’integrazione
salariale straordinaria ai sensi dell’articolo 23 del D.lgs n. 148/2015,
l’aliquota percentuale di calcolo del contributo in argomento è pari all’82%
del massimale mensile (le cessazioni dei lavoratori avvenute in applicazione di
tale disciplina dovranno essere esposte all’interno del flusso Uniemens con il
codice Tipo cessazione “1Q”).
Sono esclusi dall’innalzamento dell’aliquota i
licenziamenti collettivi la cui procedura sia stata avviata (NOTA 8) entro il
20 ottobre 2017, ancorché le interruzioni del rapporto di lavoro siano avvenute
in data successiva al 1° gennaio 2018 (le cessazioni che rientrano in tale
fattispecie dovranno essere valorizzate all’interno del flusso Uniemens con il
codice Tipo cessazione “1U”).
Dal combinato disposto delle due norme sopra citate
(art. 2, comma 35, della legge n.
92/2012 e art. 1, comma 137,
della legge n. 205/2017) consegue che per ogni interruzione di un rapporto
di lavoro a tempo indeterminato, intervenuta a decorrere dal 1° gennaio 2018
nell’ambito di un licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza
del personale non abbia formato oggetto di accordo sindacale, da parte di un
datore di lavoro tenuto alla contribuzione per il finanziamento
dell’integrazione salariale straordinaria, il c.d. ticket di licenziamento,
pari all’82% del massimale mensile, è moltiplicato per tre volte. In caso di
omissione contributiva, le Strutture territoriali, al fine di correttamente
quantificare l’importo dovuto, provvederanno a richiedere la documentazione
relativa al licenziamento collettivo all’azienda e, contestualmente, al
competente Ispettorato territoriale del lavoro o agli uffici competenti secondo
gli Statuti delle Province autonome di Trento e Bolzano e della Regione
Sicilia.
4. Tipologie di cessazione per le quali il
contributo non è dovuto
Tenuto conto di quanto già precisato al precedente
paragrafo 2 (NOTA 9), il c.d. ticket di licenziamento non è dovuto nel caso di
dimissioni volontarie del lavoratore (tale tipologia di cessazione sarà
valorizzata all’interno del flusso Uniemens con il codice Tipo cessazione
“1B”). L’obbligo contributivo in argomento è altresì escluso per le cessazioni
di rapporto di lavoro intervenute in applicazione dell’articolo 4 della legge n. 92/2012
(codice Tipo cessazione “1L”). In ragione di quanto espressamente disposto al
comma 7-ter dell’articolo 4
della legge da ultimo richiamata, l’obbligo contributivo è parimenti escluso
nei casi di cessazione del rapporto di lavoro per esodo dei lavoratori anziani
concordata a seguito di accordi sindacali nell’ambito di procedure di cui agli articoli 4 e 24 della legge n. 223/1991
(licenziamento collettivo), ovvero per cessazioni nell’ambito di processi di
riduzione di personale dirigente conclusi con accordo firmato da associazione
sindacale stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria.
Analoga esclusione dell’obbligo contributivo deve
intendersi valida anche per le interruzioni dei rapporti di lavoro afferenti a
processi di incentivazione all’esodo che diano luogo alle prestazioni
disciplinate dall’articolo 26,
comma 9, lett. b), del D.lgs n. 148/2015. Tenuto conto che il Ministero del
Lavoro e delle politiche sociali, con nota del 12 febbraio 2016, ha precisato
che “la NASpI non spetta al soggetto disoccupato in seguito a risoluzione
consensuale del rapporto di lavoro con datore di lavoro avente meno di quindici
dipendenti intervenuta nell’ambito del tentativo di conciliazione di cui all’articolo 410 c.p.c.”, la cessazione del rapporto
di lavoro intervenuta a seguito di risoluzione consensuale ai sensi dell’articolo 410 c.p.c. è esclusa dall’applicazione
del ticket di licenziamento (tale tipologia di cessazione deve essere
valorizzata all’interno del flusso Uniemens con il codice Tipo cessazione
“1G”). Inoltre, il contributo in argomento non si applica, per espressa
previsione dell’articolo 32,
comma 1, lett. a), del D.lgs 14 settembre 2015, n. 150, alle interruzioni
dei contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il
diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione
tecnica superiore (c.d. apprendistato di primo livello, di cui all’articolo 43 del D.lgs n. 81/2015)
stipulati a decorrere dal 24 settembre 2015 (codice Tipo lavoratore “PA”).
La disposizione de qua è stata “stabilizzata” dall’articolo 1, comma 110, lett. D),
della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018), così sostituita dall’articolo 1, comma 290, della legge
30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019).
Si precisa, inoltre, che l’interruzione del rapporto
di lavoro a tempo indeterminato del dipendente già pensionato non comporta
l’obbligo contributivo in argomento. Il contributo in argomento non è altresì
dovuto nelle ipotesi di cui all’articolo
43-bis del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito, con
modificazioni, dalla legge 16 novembre 2018, n.
130.
La norma dispone infatti che esclusivamente le
società in procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria, che
abbiano usufruito del trattamento straordinario di integrazione salariale (di
cui all’art. 44 del D.L. n.
109/2018) negli anni 2019 e 2020, possono chiedere, in sede di
presentazione dell’istanza di Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS)
di cui al richiamato articolo 44,
di essere esonerate dal pagamento del contributo previsto dall’articolo 2, comma 31, della legge n.
92/2012.
Sul punto, si rimanda alla circolare del Ministero del Lavoro e delle politiche
sociali n. 19/2018 e si fa riserva di successive precisazioni operative.
Si rappresenta, infine, che il c.d. ticket di
licenziamento è altresì escluso dalla disposizione di cui all’articolo 11 del decreto-legge 3
settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 novembre 2019, n. 128, che ha introdotto
il comma 1-bis all’articolo 5 del
D.lgs n. 148/2015.
Tuttavia, l’articolo 11, comma 3, del citato
decreto-legge dispone che l’efficacia della novella normativa è “subordinata
all’autorizzazione della Commissione europea, previa notificazione ai sensi
dell’articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione
europea”. Pertanto, ad oggi, in assenza dell’autorizzazione della Commissione
europea, la norma non può avere applicazione.
4.1 Licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi
di appalto
In applicazione dell’articolo 2, comma 34, lett. a), della
legge n. 92/2012, come novellato dall’articolo 1, comma 164, della legge
11 dicembre 2016, n. 232 (NOTA 10), il contributo non è altresì dovuto
qualora l’interruzione del rapporto di lavoro sia conseguente a licenziamenti
effettuati in conseguenza di cambio appalto, ai quali siano succedute assunzioni
presso altri datori di lavoro, in applicazione delle clausole sociali che
garantiscano continuità di occupazione (la cessazione del rapporto di lavoro
dovrà essere esposta nel flusso Uniemens con il codice Tipo cessazione “1M”).
Al riguardo, si ritiene utile precisa che l’esonero
in esame non trova applicazione qualora la risoluzione del rapporto di lavoro
alle dipendenze del datore di lavoro originario sia dichiarata illegittima,
sebbene il rapporto di lavoro sia passato all’impresa subentrante (NOTA 11).
4.2 Interruzione di rapporto di lavoro nel settore
delle costruzioni edili
L’articolo
2, comma 34, lett. b), della legge n. 92/2012 dispone che il contributo in
esame non è dovuto nel caso di “interruzione di rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle
attività e chiusura del cantiere”.
Tale fattispecie di cessazione del rapporto di
lavoro a tempo indeterminato è valorizzata all’interno del flusso Uniemens con
il codice Tipo cessazione “1N”.
Al riguardo si precisa quanto segue.
Il licenziamento del lavoratore che segue alla
chiusura del cantiere per conclusione dei lavori è riconducibile alla
fattispecie del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Anche in
quest’ambito, però, la giurisprudenza ritiene che il giustificato motivo
oggettivo di licenziamento sussista solo allorquando il lavoratore non possa
essere utilizzato su posizioni di lavoro alternative, in questo caso presso altri
cantieri nei quali è dislocata l’attività d’impresa (c.d. obbligo di repechage)
(NOTA 12).
Pertanto, la disposizione di cui all’articolo 2, comma 34, lett. b), della
legge n. 92/2012, non trova applicazione qualora il licenziamento, pur
intimato per fine cantiere, non sia ritenuto legittimo in quanto il lavoratore
medesimo poteva essere utilizzato nell’ambito dell’organizzazione aziendale.
Si ricordare altresì che l’articolo 24, comma 4, della legge
n. 223/1991 dispone che le procedure e le disposizioni in materia di
licenziamenti collettivi non si applicano, tra le altre ipotesi, nei casi di
“fine lavoro nelle costruzioni edili”.
La disposizione da ultimo richiamata non opera nei
casi in cui l’azienda intenda addivenire ad una riduzione del personale in
servizio. Infatti, le ipotesi eccezionali previste dalla norma sopra richiamata
sono relative a fattispecie nelle quali è esclusa ogni possibilità del datore
di lavoro di scegliere il lavoratore da licenziare.
Si deve, quindi, ritenere che il contestuale
licenziamento di più (ma non di tutti i) lavoratori adibiti ad un determinato
cantiere “integra gli estremi di un giustificato motivo di licenziamento individuale,
anche se plurimo, ai sensi della legge
15 luglio 1966, n. 604, art. 3” (NOTA 13). Al licenziamento plurimo, ossia
non conseguente al “completamento delle attività e alla chiusura del cantiere”,
non si applica l’esonero di cui all’articolo
2, comma 34, lett. b), della legge n. 92/2012.
Si precisa, da ultimo, che qualora a seguito del
licenziamento per fine cantiere le parti avviino la procedura di conciliazione
di cui all’articolo 7 della
legge n. 604/66, l’esonero dal versamento del c.d. ticket di licenziamento
trova applicazione soltanto nei casi in cui la procedura di conciliazione si
concluda prevedendo la risoluzione del rapporto di lavoro a seguito del
licenziamento intimato a titolo di fine cantiere.
La Struttura territoriale competente avrà cura di
effettuare i dovuti controlli al fine di appurare che i soggetti interessati
dal licenziamento per fine cantiere siano stati esposti nel flusso Uniemens,
sino alla data del licenziamento, come lavoratori in forza ad unità produttive
(NOTA 14) cessate e/o sospese in data collimante con la data del licenziamento.
Sul punto le Strutture territoriali si atterranno
altresì a quanto precisato con il messaggio n.
3933/2018.
4.3 Datori di lavoro che hanno avviato procedure di
mobilità
Il legislatore, al fine di evitare un doppio
prelievo contributivo, ha disposto, ai sensi dell’articolo 2, comma 33, della legge n.
92/2012, l’esclusione del versamento del predetto contributo, fino al 31
dicembre 2016, per i datori di lavoro tenuti al versamento del contributo di
ingresso alla procedura di mobilità di cui all’articolo 5, comma 4, della legge
n. 223/91. Al riguardo, si precisa che detto esonero non opera nei casi in
cui trova applicazione l’articolo
3, comma 3, della legge n. 223/1991. In tal caso, infatti, non si realizza
alcuna doppia imposizione contributiva (NOTA 15).
5. Obbligo contributivo ai sensi dell’articolo 2, comma 31, della legge n.
92/2012 e cessazione del rapporto di lavoro di lavoratori che maturano il
requisito pensionistico
In generale il lavoratore che cessi il rapporto di
lavoro e maturi i requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata non può
accedere alla NASpI (art. 2, comma
40, lett. c), della legge n. 92/2012).
In tal caso, pertanto, se il diritto alla pensione
decorre dal giorno successivo all’interruzione del rapporto di lavoro,
l’obbligo di pagamento del c.d. ticket di licenziamento per le interruzioni dei
rapporti di lavoro a tempo indeterminato non sussiste, in quanto non sorge il
teorico diritto alla NASpI.
Al contrario, qualora sussista per il lavoratore, il
cui rapporto di lavoro si è interrotto a seguito di una delle cause esaminate
al precedente paragrafo 2, il teorico diritto alla NASpI sino alla decorrenza
della pensione, il datore di lavoro è tenuto all’obbligo contributivo in
argomento (NOTA 16).
In relazione alla questione in esame, si richiama
anche quanto previsto nella circolare n. 180/2014,
che seppur riferita alle indennità ASpI e MiniASpI trova applicazione anche per
la nuova assicurazione sociale per l’impiego, e nella circolare n. 142/2015, che ha fornito
precisazioni in ordine alla predetta circolare.
Le suddette circolari chiariscono che nei casi in
cui l’esercizio di una facoltà di legge (ad esempio, opzione per il regime
sperimentale donna, totalizzazione, ricongiunzione o totalizzazione di periodi
contributivi esteri e, come chiarito con la circolare
n. 88/2019, anche nel caso di pensione quota 100) comporti il
perfezionamento del diritto a pensione in un momento antecedente a tale
esercizio, ma consenta di ottenere la pensione solo con decorrenza successiva
(come con il sistema delle c.d. “finestre”), è possibile fruire dell’indennità
di disoccupazione fino alla prima decorrenza utile successiva all’esercizio
delle predette facoltà.
Inoltre, in relazione al trattamento di pensione
quota 100, con la già richiamata circolare n.
88/2019 è stato chiarito che “le domande di indennità di disoccupazione
NASpI riferite a soggetti che, pur perfezionando nel triennio 2019-2021 i
requisiti per il pensionamento ai sensi dell’articolo 14 del decreto-legge n.
4/2019 (pensione quota 100), non si avvalgono di detta facoltà, devono
essere accolte, ricorrendo i presupposti declinati dal D.lgs n. 22/2015”.
Pertanto, anche qualora all’interruzione del
rapporto di lavoro a tempo indeterminato segua l’accesso ad una delle
prestazioni pensionistiche sopra menzionate, il datore di lavoro è tenuto al
versamento del contributo previsto dall’articolo 2, comma 33, della legge n.
92/2012.
5.1 Ticket di licenziamento ed assegno ordinario di
invalidità
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 234/2011, ai lavoratori
che fruiscono dell’assegno ordinario di invalidità, nel caso in cui si trovino
ad avere diritto ai trattamenti di disoccupazione, è riconosciuto il diritto di
optare tra la prestazione di disoccupazione e l’assegno in argomento (NOTA 17).
Conseguentemente, nell’ipotesi sopra menzionata
sorge il teorico diritto alla prestazione di disoccupazione, a prescindere
dall’effettiva percezione della stessa, e, pertanto, l’interruzione del rapporto
di lavoro comporta l’obbligo contributivo del c.d. ticket di licenziamento.
Quanto sopra deve ritenersi valido anche con riferimento alla fattispecie di
cui all’articolo 22 della legge
13 luglio 1965, n. 859.
Detta disposizione riconosce, per i lavoratori
iscritti al Fondo Volo, il diritto alla pensione di invalidità c.d. specifica –
in presenza dei requisiti contributivi prescritti – ai soggetti divenuti
permanentemente inabili ad esercitare la professione autorizzata da un regolare
brevetto aeronautico o da altro documento equipollente, purché l’invalidità dia
luogo alla risoluzione del rapporto di lavoro comportante l’obbligo di
iscrizione al Fondo Volo.
Considerato che sia l’assegno ordinario di invalidità
che la pensione di invalidità c.d. specifica sono riconosciuti,
rispettivamente, in presenza di una incapacità lavorativa permanente, ma
parziale, e di una incapacità lavorativa permanente, limitatamente ad una
attività lavorativa specifica (attività autorizzata da un regolare brevetto
aeronautico), si può ritenere che i due trattamenti possano essere equiparati
ai fini della compatibilità con la prestazione NASpI. Pertanto, anche il
soggetto titolare del trattamento di invalidità di cui all’articolo 22 della legge n. 859/1965,
qualora sia titolare dei requisiti di accesso alla prestazione NASpI, può
esercitare il diritto di opzione.
Conseguentemente, anche in questa ipotesi,
l’interruzione del rapporto di lavoro comporta l’obbligo contributivo del c.d.
ticket di licenziamento.
6. Istruzioni operative
Nell’attuazione delle indicazioni fornite con la
presente circolare, le Strutture territoriali dovranno attenersi alle
istruzioni operative già in uso (NOTA 18).
—
Note:
1) Il comma 32 dell’articolo
2 della legge n. 92/2012 dispone che il contributo in argomento “è dovuto
anche per le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse dalle
dimissioni o dal recesso del lavoratore, ivi incluso il recesso del datore di
lavoro (…)”.
2) Nell’ipotesi de qua sussiste, infatti, il teorico diritto del
lavoratore all’indennità NASpI. Con il messaggio
n. 369/2018 è stato ribadito che “su tale ultima ipotesi di risoluzione
consensuale in esito al rifiuto al trasferimento, come precisato nella circolare INPS n. 108 del 2006, la volontà del
lavoratore può essere stata indotta dalle notevoli variazioni delle condizioni
di lavoro conseguenti al trasferimento ad altra sede dell’azienda distante più
di 50 km dalla residenza del lavoratore e/o raggiungibile in 80 minuti con i
mezzi pubblici. Pertanto, in tale caso si può riconoscere l’indennità di disoccupazione.
Il riconoscimento all’indennità in detta ipotesi è stato confermato anche con
le circolari INPS n. 142 del 2012 in materia
di ASpI e n. 142 del 2015 in materia di
NASpI”.
L’obbligo contributivo non è altresì escluso nelle ipotesi di
dimissioni a seguito del trasferimento del lavoratore ad altra sede della
stessa azienda. Con il messaggio da ultimo richiamato è stato infatti precisato
che “in tale circostanza – come anche affermato dall’Ufficio del Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali nel parere reso sulla materia – ricorre la
giusta causa delle dimissioni qualora il trasferimento non sia sorretto da
comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive e ciò indipendentemente
dalla distanza tra la residenza del lavoratore e la nuova sede di lavoro. In
ragione di quanto sopra, in presenza di dimissioni che il lavoratore asserisce
avvenute per giusta causa, a seguito di trasferimento ad altra sede
dell’azienda è ammesso l’accesso alla prestazione NASpI a condizione che il
trasferimento non sia sorretto da “comprovate ragioni tecniche, organizzative e
produttive” previste dall’art. 2103 c.c.”.
3) Il contratto di espansione deve essere sottoscritto in sede
governativa con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e con le
associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale
ovvero con le rappresentanze sindacali aziendali o con la rappresentanza
sindacale unitaria (art. 41,
comma 1, del D.lgs n. 148/2015).
4) Il massimale mensile NASpI per l’anno 2020 è pari ad euro
1.335,40 (cfr. la circolare n. 20/2020).
5) Nell’ipotesi di lavoratori intermittenti, contraddistinti nel
flusso Uniemens dal codice tipo contribuzione “H0” o “H1”, l’anzianità
aziendale si determina considerando solo i giorni lavorati ai sensi dell’articolo 16, comma 2, del D.lgs n.
81/2015.
6) Ciò in ragione del richiamo operato dall’articolo 42, comma 5-quinquies, del
D.lgs n. 151/2001, alle disposizioni dell’articolo 4, comma 2, della legge 8
marzo 2000, n. 53, il quale dispone che “(…) Il congedo non è computato
nell’anzianità di servizio né ai fini previdenziali; il lavoratore può
procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati
secondo i criteri della prosecuzione volontaria”.
7) Il contributo addizionale, dovuto ai sensi dell’articolo 2, comma 28, della legge n.
92/2012, nei casi di assunzione con contratto di lavoro non a tempo indeterminato,
fatti salvi i casi di cui al successivo comma 29 del medesimo articolo, può
essere restituito al datore di lavoro qualora sia intervenuta in assenza di
soluzione di continuità la trasformazione del rapporto di lavoro in contratto a
tempo indeterminato o in caso di assunzione del lavoratore con contratto di
lavoro a tempo indeterminato entro sei mesi dalla cessazione del precedente
contratto a termine.
8) La procedura deve considerarsi avviata alla data di ricezione
della comunicazione preventiva da parte del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 4, comma 2, della legge
n. 223/91 (cfr. art. 4,
comma 5, della legge n. 223/91). Sul punto si rimanda a quanto più
esaustivamente precisato con il messaggio n.
594/2018.
9) Ossia che i datori di lavoro sono tenuti all’assolvimento
della contribuzione in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto generi in
capo al lavoratore il teorico diritto alla nuova indennità, a prescindere
dall’effettiva percezione della stessa.
10) L’articolo 1,
comma 164, della legge n. 232/2016 così dispone: “All’articolo 2, comma 34, della legge 28
giugno 2012, n. 92, le parole: «Per il periodo 2013-2016» sono sostituite
dalle seguenti: «A decorrere dal 1º gennaio 2013»”.
11) La Corte di Cassazione (Cass. n. 29922/2018) ha infatti
ribadito che “(…) La garanzia del passaggio dal datore originario all’impresa
subentrante, di natura contrattuale collettiva, mira ad assicurare la stabilità
e continuità dell’occupazione, ma lascia distinti i rapporti lavorativi, (non a
caso si definisce un rapporto ex novo con l’impresa subentrante), sicché non
solo una regola contrattuale non potrebbe mai escludere la tutela legale che
sanziona il recesso illegittimo, ma neppure sarebbe invocabile trattandosi di
distinti rapporti contrattuali rispetto ai quali differenti sono le
obbligazioni e responsabilità datoriali. Anche nelle ipotesi del passaggio da
un appalto all’altro l’originario datore di lavoro, sarà tenuto a dimostrare,
ove necessario, le ragioni del recesso e l’impossibilità di reimpiegare il
lavoratore in altre posizioni lavorative compatibili. A non diversa conclusione
si giunge peraltro anche con la nuova disciplina di cui all’art. 30 della L. n. 122/2016,
(sostitutiva dell’art. 29 del
D.lgs n. 276/2003), (…), poiché la disposizione chiarisce che
«L’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro
di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in
forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del
contratto d’appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che
determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento
d’azienda o di parte d’azienda». La norma conferma la diversità dei rapporti
lavorativi instaurati all’esito del passaggio del lavoratore da un appalto
all’altro e lascia inalterate le obbligazioni sorte nei singoli rapporti” (cfr.
anche Cass. n. 12613/2007 e Cass. n. 22121/2016).
12) Infatti, il costante orientamento della Corte di Cassazione
ritiene che “in caso di esaurimento di una fase del lavoro è legittimo
licenziare il lavoratore nei limiti di operatività dell’obbligo di repechage,
ovvero nei limiti della presenza di elementi di prova che attestino la
impossibilità di utilizzare lo stesso lavoratore in altre attività
dell’impresa” (cfr., tra le altre, Cass. n.
12439/2018).
13) Così Cass. n. 12439/2018.
14) Cfr. il messaggio n. 1444/2017.
15) Si specifica che sia l’articolo 5, comma 4, che l’articolo 3, comma 3, della legge
n. 223/1991 sono stati abrogati dalla legge n.
92/2012. Il citato articolo
3, comma 3, disponeva che “quando non sia possibile la continuazione
dell’attività, anche tramite cessione dell’azienda o di sue parti, o quando i
livelli occupazionali possono essere salvaguardati solo parzialmente, il
curatore, il liquidatore o il commissario hanno facoltà di collocare in
mobilità ai sensi dell’articolo
4 ovvero dell’articolo 24
i lavoratori eccedenti. In tali casi il termine di cui all’articolo 4, comma 6, è ridotto
a trenta giorni. Il contributo a carico dell’impresa previsto dall’articolo 5, comma 4, non è
dovuto”.
16) Con la circolare n. 88/2019,
l’Istituto ha chiarito che “l’articolo
15, comma 1, del decretolegge n. 4/2019, sostituendo il comma 10 dell’articolo 24 del decreto-legge n.
201/2011, convertito dalla legge n. 214/2011,
ha previsto che i soggetti che maturano i requisiti contributivi per la
pensione anticipata conseguono il diritto al trattamento trascorsi tre mesi
dalla maturazione dei predetti requisiti (c.d. finestra). In relazione a tale
innovazione normativa, si precisa che è possibile fruire dell’indennità di
disoccupazione NASpI fino alla prima decorrenza utile del trattamento
pensionistico”.
17) Cfr., da ultimo, la circolare n.
88/2019.
18) Cfr. la circolare n. 44/2013
e il messaggio n. 594/2018.