Nell’ipotesi in cui il concessionario per l’esazione riceva, in seguito all’affidamento da parte di INPS e INAIL, il compito di procedere alla riscossione di crediti per contributi previdenziali e in conseguenza della iscrizione a ruolo degli stessi, non si verifica una novazione con conseguente applicazione del regime ordinario di prescrizione decennale dei crediti in luogo di quella speciale quinquennale per i crediti di contributi previdenziali.

Nota a Cass. ord. 27 gennaio 2020, n. 1824

Fulvia Rossi

Il conferimento al concessionario della funzione di procedere alla riscossione dei crediti (agenzia delle Entrate Riscossione) “nonché la regolamentazione ex lege della procedura e la previsione di diritti e obblighi del concessionario stesso, non determina il mutamento della natura del credito previdenziale e assistenziale, che è assoggettato per legge ad una disciplina specifica”.

Il principio è ribadito dalla Corte di Cassazione (ord. 27 gennaio 2020, n. 1824, che dichiara inammissibile il ricorso avverso App. Firenze n. 506/2018) relativamente al caso in cui il concessionario per l’esazione sosteneva che, per effetto dell’affidamento da parte di INPS e INAIL del compito di procedere alla riscossione di crediti per contributi previdenziali e in conseguenza della iscrizione a ruolo degli stessi, si era verificata una novazione, con conseguente applicazione del regime ordinario di prescrizione decennale dei crediti in luogo di quella speciale quinquennale per i crediti di contributi previdenziali.

La Corte, in linea con l’orientamento precedente (v. Cass. S.U. n. 23397/2016 e Cass. n. 21830/2014) afferma che, in ragione del suddetto affidamento, il principio della durata quinquennale della prescrizione dei crediti previdenziali iscritti a ruolo per effetto della novazione oggettiva e soggettiva del credito è infondato poiché:

– non si determina una modifica del regime prescrizionale, che per i contributi sarebbe incompatibile con il principio di “ordine pubblico” dell’irrinunciabilità della prescrizione;

– “in assenza di un titolo giudiziale definitivo, che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito e produca la rideterminazione in dieci anni della durata del termine prescrizionale ex art. 2953 c.c., continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3 e non ricorrono pertanto i presupposti per l’applicazione della regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. 4”;

– non sono applicabili né il D.LGS. n. 112/1999, art. 20, co. 6, il cui termine di prescrizione è strettamente inerente al procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili, e che, quindi, non riguarda lo specifico termine di prescrizione previsto dalla legge per azionare il credito nei confronti del debitore; né la  L. n. 145/2018, art. 1,co. 197, che contempla un termine di prescrizione decennale relativo al “riaffido” da parte dell’ente creditore all’agente per la riscossione dei crediti (già oggetto di dichiarazione di “saldo e stralcio” ai sensi dello stesso art. 1, co. 184 e ss.) rispetto ai quali siano sorte irregolarità o falsità. Ciò, in quanto tale termine di prescrizione si riferisce ai rapporti interni tra ente creditore e agente della riscossione e non va confuso con il termine quinquennale del soggetto passivo del debito contributivo.

Riscossione dei crediti previdenziali e prescrizione
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