Maria Novella Bettini e Silvia Rossi
Contagio e infortunio: la norma di legge. Il contagio da Covid-19 in occasione di lavoro è considerato infortunio (non malattia professionale) con diritto del lavoratore alla relativa tutela prevista dall’INAIL.
Lo stabilisce il D.L. n. 18/2020 (c.d. “Cura Italia”) che, all’art. 42, co. 2, dispone: “Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni (D.P.R. n. 1124/1965, che tutela, tramite l’INAIL, i lavoratori dipendenti di qualsiasi qualifica, e D.LGS. n. 38/2000 che estende tale tutela ai parasubordinati, agli sportivi professionisti dipendenti), la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati”.
Tale D.L., dunque, oltre ad equiparare il contagio da coronavirus “in occasione di lavoro” all’infortunio, garantisce il diritto alle tutele INAIL anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortuna, con conseguente astensione dal lavoro, mentre nei riguardi del datore di lavoro l’evento non è considerato nell’andamento infortunistico ai fini del calcolo dei premi assicurativi (bonus/malus). I predetti eventi infortunistici gravano cioè sulla gestione assicurativa e non sono calcolati per la determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli artt. 19 ss. D.M. 27 febbraio 2019. Ciò significa che non vi è un aumento dei premi assicurativi per i datori di lavoro (sia per i primi due anni di attività sia per gli anni successivi ai primi due anni). Pertanto, analogamente ad altre tipologie di infortuni (ad es. gli infortuni in itinere), gli effetti degli eventi in esame non entrano a far parte del bilancio infortunistico dell’azienda in termini di oscillazione in malus del tasso applicato.
L’occasione di lavoro. In linea con l’indirizzo consolidato della giurisprudenza (v. Cass. n. 9913/2016), per ricondurre all’”occasione di lavoro” l’infortunio occorso al dipendente, di modo che lo stesso sia indennizzabile da parte dell’INAIL, non è necessario che l’evento sia avvenuto nell’espletamento delle mansioni tipiche disimpegnate dal lavoratore, ma è sufficiente, a tal fine, che esso si sia verificato durante lo svolgimento di attività strumentali o accessorie. L’espressione “occasione di lavoro”, comprende, dunque, “tutte le condizioni temporali, topografiche e ambientali in cui l’attività produttiva si svolge e nelle quali è imminente il rischio di danno per il lavoratore, sia che tale danno provenga dallo stesso apparato produttivo e sia che dipenda da situazioni proprie e ineludibili del lavoratore” (v. INAIL, Circ. 3 aprile 2020, n. 13). E l’indennizzabilità del singolo infortunio occorso al lavoratore dipendente assicurato soggiace alla verifica dell’esistenza del solo presupposto dell’occasione di lavoro, mentre non è condizionata alla verifica aggiuntiva della particolare natura dell’attività svolta in quel momento, rientrando nella protezione assicurativa qualsiasi attività riconducibile funzionalmente a quella di lavoro (Cass. n. 30874/2019).
Nella nozione di “occasione di lavoro” rientrano, pertanto, tutti i fatti, anche straordinari ed imprevedibili, inerenti all’ambiente, alle macchine, alle persone ed al comportamento dello stesso lavoratore, purché attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione, ivi compresi gli spostamenti spaziali funzionali allo svolgimento della stessa.
Rimane escluso il c.d. rischio elettivo, ossa ciò che risulti estraneo e non attinente all’attività lavorativa, costituente la conseguenza di un rischio collegato ad un comportamento volontario del lavoratore, volto a soddisfare esigenze meramente personali e, comunque, in rapporto con lo svolgimento della prestazione (cfr. Cass., ord. n. 7649/2019, in questo sito con nota di F. IACOBONE, Rischio elettivo e comportamento colpevole del lavoratore; v. anche Cass. 3 aprile 2017, n. 8597, in questo sito con nota di A. TAGLIAMONTE, Infortunio mortale, occasione di lavoro e tasso del premio aziendale).
Infortunio in itinere. Rientra pertanto nella tutela “in occasione di lavoro” il contagio intervenuto non solo sul luogo di lavoro (azienda, ufficio, cantiere, ecc.) ma anche in altre situazioni riconducibili all’espletamento del rapporto di lavoro, quindi nel tragitto casa-lavoro o in trasferta di lavoro, e in ogni altra situazione lavorativa in cui l’evento si verifichi non “durante”, ma “per” il lavoro. In caso di contagio in una di queste occasioni, il dipendente ha diritto alle tutele INAIL anche per il periodo di quarantena.
Nello specifico, l’Istituto afferma che: a) sono coperti e tutelati i rischi dal percorso casa lavoro e viceversa e, dunque, gli eventi infettanti configurabili come infortuni in itinere occorsi al lavoratore assicurato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro (INAIL, Nota n. 3675/2020); b) l’art. 12, D.LGS. n. 38/2000, tutela, sotto il profilo assicurativo anche l’ipotesi di infortunio e, dato in tale fattispecie non sono elencati solo gli incidenti da circolazione stradale, “anche gli eventi di contagio da nuovo coronavirus accaduti durante tale percorso sono configurabili come infortunio in itinere” (INAIL, Circ. n. 13/2020); c) spetta al dato epidemiologico che guida il riconoscimento medico-legale inquadrare l’evento in questione nella categoria protetta (INAIL, Nota. n. 3675/2020).
DESTINATARI
I soggetti tutelati dal D.L. in questione sono sia i lavoratori pubblici che quelli privati, iscritti, in ragione della loro attività, alla medesima assicurazione INAIL. Restano perciò esclusi gli autonomi.
In particolare, sono tutelati: a) i dipendenti positivi al test specifico di conferma; b) i dipendenti positivi al test specifico di conferma posti in quarantena o in isolamento domiciliare. In questa ipotesi, “la tutela copre l’intero periodo di quarantena e quello eventualmente successivo dovuto a prolungamento di malattia che determini una inabilità temporanea assoluta al lavoro” (v. INAIL, Nota, n. 3675, cit.). Nello specifico, l’INAIL fornisce la tutela assicurativa ai lavoratori dipendenti e assimilati (in presenza dei requisiti soggettivi previsti dal D.P.R. n. 1124/1965), nonché parasubordinati, sportivi professionisti dipendenti e dirigenti (ai sensi del D.LGS. n. 38/2000 e delle altre norme speciali in materia di obbligo e tutela assicurativa INAIL); c) gli operatori sanitari “esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico”, per i quali opera una presunzione semplice di origine professionale in ragione della “elevatissima” probabilità di contatto con il coronavirus. Si tratta, in altre parole, dei casi Covid-19 dei lavoratori dipendenti dal SSN e da qualunque altra struttura sanitaria pubblica o privata assicurata con l’Istituto, vale a dire medici, infermieri ed altri operatori sanitari (INAIL, Nota n. 3675, cit.)
Rientrano nella condizione di elevato rischio di contagio anche altre attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/l’utenza, come, ad esempio, i cassieri, gli addetti alle vendite ed i trasportatori degli infermi, il personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, operatori sociosanitari delle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) e tassisti (INAIL, Circ. n. 13/2020 e Nota 10 aprile 2020).
Peraltro l’INAIL già tutela, quali infortuni sul lavoro, le malattie infettive e parassitarie, inquadrandole, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro ed equiparando la causa virulenta a quella violenta (v. Circ. 23 novembre 1995, n. 74).
Nell’ambito di tali affezioni morbose, l’Istituto riconduce anche i casi di infezione da nuovo coronavirus occorsi a qualsiasi soggetto assicurato dall’Istituto. Condizione per ricomprendere l’evento nello stato morboso protetto è l’accertamento dell’origine professionale del contagio, in quanto avvenuto nell’ambiente di lavoro ovvero per una causa determinata dallo svolgimento dell’attività lavorativa.
In linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità (v. Cass. nn. 1373 e 6390/1998), l’INAIL ritiene infatti che “per essere indennizzabile, la malattia-infortunio deve costituire una conseguenza dell’esposizione del soggetto infortunato a un determinato rischio professionale”.
Relativamente alle ipotesi, pur meritevoli di tutela, per le quali manchi l’indicazione o la prova di specifici episodi contagianti o comunque di indizi “gravi precisi e concordanti”, tali da far scattare la presunzione semplice ai fini dell’accertamento medico-legale, l’Istituto rileva come la tutela assicurativa è applicabile anche quando l’identificazione delle specifiche cause e modalità lavorative all’origine del contagio sia problematica.
Per cui, qualora “l’episodio che ha determinato il contagio non sia noto o non possa essere provato dal lavoratore, né si può comunque presumere che il contagio si sia verificato in considerazione delle mansioni/lavorazioni e di ogni altro elemento che in tal senso deponga, l’accertamento medico-legale seguirà l’ordinaria procedura privilegiando essenzialmente i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale” (INAIL, Circ. n. 13/20; v. anche in questa linea, INAIL, Nota n. 3675, cit. ). In altri termini, in tutti casi in cui si presenti problematica l’identificazione delle cause precise e delle modalità lavorative del contagio, la copertura assicurativa sarà subordinata a un accertamento medico-legale che seguirà la procedura ordinaria.
Per quanto riguarda, invece, i dipendenti posti in quarantena per motivi di sanità pubblica, “non essendoci la prova della contrazione dell’infezione, non sussistono i presupposti dell’infortunio e, quindi, dell’intervento dell’Istituto” (v. INAIL, Nota, n. 3675, cit.). Così, la tutela INAIL non è dovuta: 1) nei casi di dubbia competenza (ex INAIL Circ. n. 47/2015 e INPS n. 69/2015), concernenti “i lavoratori per i quali vige la convenzione tra INAIL e INPS per l’erogazione della indennità per inabilità temporanea assoluta da infortunio sul lavoro, da malattia professionale e da malattia comune e per i quali è escluso il contagio da nuovo coronavirus in occasione di lavoro”; 2) per gli “eventi lesivi afferenti ai lavoratori per i quali non spetta l’indennità di malattia ai sensi della suddetta convenzione, quali per esempio lavoratori assicurati nella speciale gestione per conto dello stato, lavoratori autonomi, lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, etc., laddove venga escluso il contagio in occasione di lavoro, la tutela IINAIL non è dovuta ed è esclusa la segnalazione del caso per l’attribuzione della competenza all’INPS”.
ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI (v. INAIL, Nota, n. 3675/2020, cit.).
Medico certificatore. Spetta al medico certificatore redigere la consueta certificazione di infortunio (prevista dall’art. 53, co. 8, 9 e 10, D.P.R. n. 1124/1965) ed inviarla telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato al pari di qualsiasi altro infortunio (es. indennità giornaliera per inabilità temporanea; rendita per l’inabilità permanente; rendita ai superstiti, ecc.) (v. art. 42, co.2, primo periodo, D.L. n. 18 cit.).
Il certificato medico deve essere redatto sulla base dei criteri di cui all’art. 53 D.P.R. n. 1124/1965, riportando: 1) i dati anagrafici completi del lavoratore; 2) i dati anagrafici del datore di lavoro; 3) la data dell’evento/contagio; 4) “la data di astensione dal lavoro per inabilità temporanea assoluta conseguente al contagio da virus ovvero la data di astensione dal lavoro per quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria del lavoratore sempre legata all’accertamento dell’avvenuto contagio”; 5) per i casi in cui non opera la presunzione semplice dell’avvenuto contagio in relazione al rischio professionale specifico: a) le cause; b) le circostanze; c) la natura della lesione; d) e il rapporto con le cause denunciate (INAIL, Circ. n. 13/2020).
“Ai fini della certificazione dell’avvenuto contagio si ritiene valida qualsiasi documentazione clinico-strumentale in grado di attestare, in base alle conoscenze scientifiche, il contagio stesso” (INAIL, Circ. n. 13/2020).
Decorrenza della tutela INAIL. Il dies a quo ai fini del calcolo della decorrenza della tutela INAIL è costituito dalla “data di attestazione positiva dell’avvenuto contagio tramite il test specifico di conferma, da parte delle autorità sanitarie” (INAIL, Nota. n. 3675, cit.). Più specificamente, “il termine iniziale della tutela INAIL “decorre dal primo giorno di astensione dal lavoro attestato da certificazione medica per avvenuto contagio, ovvero dal primo giorno di astensione dal lavoro coincidente con l’inizio della quarantena, sempre per contagio da nuovo coronavirus (contagio che può essere accertato anche successivamente all’inizio della quarantena), computando da tali date i giorni di franchigia ai fini del calcolo della prestazione economica per inabilità temporanea assoluta al lavoro”.
L’Istituto ha poi precisato (INAIL, Nota 10 aprile 2020) che: “la conferma diagnostica rappresenta il momento della regolarizzazione del caso da cui far decorrere la tutela. Qualora il soggetto sia stato in malattia (all’epoca sospetta Covid-19) e, quindi, in quarantena o in isolamento fiduciario domiciliare, la conferma del test consentirà la regolarizzazione del caso con decorrenza dal momento della attestata assenza dal lavoro.
La qualificazione di Covid-19 quale infortunio INAIL è oggi fondata sulla positività del test di conferma. Allo stato la diagnosi di sospetto clinico, data la variabilità di quadri e la sovrapposizione con altri processi morbosi, non è da solo utile per ammissione a tutela. Tuttavia, stante la segnalata incostanza nell’effettuazione dei test su tampone, secondaria alle difficoltà operative in fase di emergenza, in tali fattispecie può intendersi per conferma diagnostica ai fini medico-legali-indennitari, la ricorrenza di un quadro clinico suggestivo di Covid-19, accompagnato da una rilevazione strumentale altrettanto suggestiva, in compresenza di elementi anamnestico-circostanziali ed epidemiologici dirimenti. Potrà confortare la diagnosi il risultato del test sierologico, qualora disponibile”.
ASL. L’Azienda sanitaria locale o la struttura ospedaliera/struttura sanitaria privata di appartenenza del personale infortunato devono effettuare (in qualità di datore di lavoro pubblico o privato) la denunzia/comunicazione d’infortunio (ex art. 53, D.P.R. n. 1124/1965 e successive modifiche ed integrazioni).
Datori di lavoro. A fini statistici e informativi, i datori di lavoro assicurati all’INAIL hanno l’obbligo della denuncia- comunicazione d’infortunio, redatta ai sensi dell’art. 53 D.P.R. n. 1124/1965.
Nello specifico, “Il datore di lavoro dovrà effettuare, come per gli altri casi di infortunio, la denuncia all’Istituto compilando, nel caso di contagio da nuovo coronavirus, l’apposito campo “malattia infortunio” presente nell’applicativo relativo alla denuncia di infortunio on-line. La valorizzazione di tale campo rende facoltativa la compilazione dei campi “data inizio prognosi” e “data fine prognosi””. (INAIL, Circ. n. 13/2020).
L’Istituto sottolinea, in particolare, che “solo dalla conoscenza positiva, da parte del datore di lavoro, dell’avvenuto contagio decorrono i termini per la trasmissione telematica della denuncia all’Istituto” (INAIL, Circ. n. 13/2020). Il datore di lavoro, perciò, nella compilazione della denuncia di infortunio dovrà prestare particolare attenzione ai campi relativi alla data evento, alla data abbandono lavoro e alla data di conoscenza dei riferimenti della certificazione medica attestante l’avvenuto contagio.
Lavoratore. È plausibile che il lavoratore sia tenuto a dare immediata notizia al datore di lavoro dell’infortunio, fornendo numero identificativo del certificato medico, data del rilascio e giorni di prognosi.
Decesso del lavoratore e Fondo gravi infortuni. Nel caso di decesso del lavoratore spetta ai familiari, ai sensi della disciplina vigente, anche la prestazione economica una tantum prevista dal Fondo delle vittime di gravi infortuni.
LA QUARANTENA È MALATTIA
Il periodo di isolamento trascorso in quarantena, con sorveglianza attiva e/o in permanenza domiciliare fiduciaria, è assimilato alla malattia ai fini del trattamento economico (in genere a carico del datore di lavoro per i primi tre giorni, c.d. periodo di carenza, e, successivamente, con partecipazione dell’INPS) e non è computabile ai fini del periodo di comporto (periodo di malattia durante il quale il lavoratore non può essere licenziato, v. art. 2110 c.c.). Al ricorrere di questi casi, il medico curante è tenuto a redigere il certificato di malattia per i relativi periodi indicando gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’art. 1, co. 2, lett. h) e i), D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 (art. 26, D.L. n. 18/20).
La nuova tutela di malattia non comporta oneri a carico dei datori di lavoro né dell’INPS che eroga l’indennità di malattia, in quanto il costo grava sulla fiscalità generale seppure fino alla spesa di 130 milioni di euro. Raggiunto il limite, anche in via prospettica, non è più riconosciuta la tutela.
L’equiparazione riguarda solo i dipendenti del settore privato. Per i dipendenti pubblici, infatti, era stata già adottata una misura analoga ai sensi dall’art. 19, D.L. 2 marzo 2020, n. 9, che, al co.1, recita: “il periodo trascorso in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, dai dipendenti delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dovuta al COVID-19, è equiparato al periodo di ricovero ospedaliero”.
Nel caso di infezione riconosciuta come malattia-infortunio INAIL, il periodo di quarantena viene tutelato dall’Istituto per l’intero periodo della quarantena stessa e per quello eventualmente successivo, “dovuto a prolungamento di malattia che determini una inabilità temporanea assoluta al lavoro”. Nei restanti casi, stante la previsione del D.P.C.M. 4 marzo 2020, il periodo di sorveglianza sanitaria con isolamento fiduciario è di competenza INPS (cod. V29.0) (INAIL, Nota 10 aprile 2020).
Sanatoria. È stata introdotta una «sanatoria» per i certificati trasmessi prima dell’entrata in vigore della nuova disposizione normativa ritenuti validi anche in assenza del provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica (art. 26, co. 4, D.L. n. 18/2020). Tale provvedimento non è necessario neppure nei casi in cui il lavoratore si trovi in malattia accertata da Covid-19 (in tal caso, il certificato è redatto dal medico curante nelle consuete modalità telematiche – art. 26, co.6, D.L. n. 18/2020).
La nuova tutela di malattia non comporta oneri a carico dei datori di lavoro né dell’IINPS che eroga l’indennità di malattia, in quanto il costo grava sulla fiscalità generale seppure fino alla spesa di 130 milioni di euro. Raggiunto il limite, anche in via prospettica, non è più riconosciuta la tutela.
MALATI GRAVI
Una ulteriore disposizione prevede, a favore dei dipendenti pubblici e privati che siano disabili gravi, la possibilità di restare a casa fino al 30 aprile 2020, equiparando il relativo periodo di assenza dal lavoro a ricovero ospedaliero. La norma riguarda i lavoratori che rientrino in una delle seguenti condizioni: 1) soggetti a cui sia stata riconosciuta una disabilità con connotazione di gravità, ai sensi dell’art. 3, co. 3, L. 5 febbraio 1992, n. 104; 2) soggetti in possesso di certificazione, rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una situazione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’art. 3, co. 1, della citata L. n. 104.