Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 marzo 2020, n. 6870
Lavoratore assunto a tempo indeterminato da agenzia di
somministrazione di lavoro, Periodi in attesa di assegnazione con percezione
dell’indennità di disponibilità, Diritto agli assegni per il nucleo familiare
– Sinallagma funzionale del rapporto di lavoro, Messa a disposizione delle
energie lavorative, presente anche nel periodo di attesa, Pagamento
dell’indennità di disponibilità che ha natura retributiva
Fatti di causa
Con sentenza n. 557/2012 la Corte d’Appello di
Brescia rigettava il gravame dell’Inps avverso la sentenza che aveva accertato
il diritto di T. B. a percepire gli assegni per il nucleo familiare (ANF) a
partire dal mese di giugno 2009 per tutta l’effettiva durata del rapporto di
lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze di L. R. S.p.A. agenzia di
somministrazione di lavoro.
A fondamento della sentenza la Corte affermava che
il lavoratore assunto a tempo indeterminato dalle agenzie di somministrazione
di lavoro avesse diritto agli assegni per il nucleo familiare anche durante i
periodi nei quali rimaneva in attesa di assegnazione percependo l’indennità di
disponibilità ex articolo 22,
comma 3 del decreto legislativo 276 del 2003. Né in contrario poteva
rilevare il precedente giurisprudenziale della Corte di Cassazione (sentenza n. 6155/2004), citato dallo stesso Inps
(che si riferiva ad altra vicenda relativa alla mancanza di prestazione nel
periodo compreso tra definitiva cessazione dell’attività produttiva e
dichiarazione di fallimento), secondo cui gli assegni familiari devono essere
negati quando la prestazione lavorativa manchi in conseguenza della
insussistenza del sinallagma funzionale e del diritto alla retribuzione per
difetto della corrispettività; posto che, invece, nel caso in esame, il
sinallagma funzionale del rapporto di lavoro era in essere tra lavoratore e
datore di lavoro; in quanto, da un lato, il lavoratore si obbligava a rimanere
a disposizione della agenzia pronto per essere inviato a prestare la propria
attività lavorativa presso l’impresa somministrata; e dall’altro, a fronte di
tale obbligazione, l’agenzia si obbligava a corrispondere l’indennità di
disponibilità, evidentemente al fine di garantirsi la pronta disponibilità di
personale qualificato da inviare quanto prima presso l’utilizzatore.
Sussistevano pertanto i presupposti per l’erogazione degli assegni familiari
individuati anche dalla giurisprudenza della Cassazione.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per
cassazione l’Inps con un motivo al quale ha resistito con controricorso T. B..
Sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con l’unico motivo di ricorso l’Inps deduce la
violazione falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 2, comma primo e terzo
del decreto legge 69/88, convertito nella legge
153/88, 1, 12 e 59 del d.p.r. 30 maggio 1955
n.797, con riferimento agli articoli
20, 22, 23, 25 del decreto legislativo 276/2003 , atteso che in base alla
normativa citata la corresponsione degli assegni familiari presuppone, secondo
l’Inps, da una parte, lo svolgimento della prestazione dato che la misura di
essi varia a secondo del lavoro effettivamente prestato; e dell’altra,
presuppone il diritto alla retribuzione; salvo i casi eccezionali espressamente
previsti dalla legge di diritto all’assegno per il nucleo familiare in assenza
di effettiva prestazione lavorativa. Inoltre la previsione dell’articolo 22 citato, secondo cui
“l’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di
legge e di contratto collettivo” riguardava anche l’assegno per il nucleo
familiare, in quanto modulato sul reddito familiare (art. 2 del d.l. n. 69/1988
conv. in I. 153/1988).
2.- Il ricorso dell’Inps è infondato, sulla scorta
delle seguenti premesse.
2.1. Il contratto di somministrazione di lavoro,
disciplinato per la prima volta dal d.lgs. n. 276
del 10 settembre 2003, emanato in attuazione della legge delega del 14 febbraio 2003, n. 30, ed
attualmente regolato dagli artt.
da 30 a 40 del d.lgs. 15 giugno 2015 n. 81, rappresenta il più recente
approdo dei tentativi effettuati dal legislatore di regolare il fenomeno
giuridico della dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro ed
utilizzazione della prestazione.
Il contratto di somministrazione configura, infatti,
un rapporto giuridico caratterizzato dalla presenza di tre soggetti: il
somministratore o agenzia, il lavoratore e l’utilizzatore che concludono tra
loro due distinti contratti. Il contratto di somministrazione è quello concluso
tra l’agenzia e l’utilizzatore per l’invio di lavoratori presso l’utilizzatore
che provvederà a dirigerli verso il pagamento di un corrispettivo.
Tale contratto può essere a termine o a tempo
indeterminato.
Diverso contratto è quello di lavoro somministrato,
con cui il lavoratore si obbliga nei confronti della agenzia di
somministrazione a lavorare alle condizioni previste dai contratti di
somministrazione che essa stipulerà. Anche questo contratto può essere a tempo
determinato o a tempo indeterminato.
Non v’è dubbio che in base alla legge (l’art. 22,1° comma d.lgs. 276/2003
che viene qui in rilievo, ratione temporis) il rapporto di lavoro dipendente
intercorre tra lavoratore ed agenzia che lo assume e lo retribuisce, mentre la
prestazione viene in concreto resa a beneficio dell’utilizzatore.
Si verifica quindi la scissione tra titolarità del
rapporto di lavoro ed esercizio dei poteri direttivi.
L’articolo
22, 1 c. del decreto legislativo 276 del 2003 stabilisce, inoltre, che i
rapporti di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro sono soggetti
alla disciplina generale dei rapporti di lavoro di cui al codice civile ed alle
leggi speciali.
2.2. Il dato legislativo è chiaro: il rapporto di
lavoro intercorre tra lavoratore e somministratore, secondo quanto previsto dall’articolo 22, primo e secondo
comma ed esso resta in vita anche quando il lavoratore non è inviato in
missione ma rimane in attesa di assegnazione. La messa a disposizione di
energie lavorative, obbligazione che contrassegna il lavorare alle dipendenze
altrui, è presente anche nel periodo di attesa e si colloca nella fase
preparatoria dell’adempimento. Rimane altresì la continuità giuridica,
caratteristica della subordinazione, pur a fronte della discontinuità della
prestazione. Ne deriva che negli intervalli di non lavoro, fra una missione e
l’altra, quando il datore di lavoro somministrato non chiede al lavoratore di
adempiere, si configura un obbligo a carico del datore i cui effetti sono
disciplinati dalla stessa legge con la previsione, tra l’altro, del pagamento
di un’indennità di disponibilità che ha natura retributiva e di corrispettivo
dell’obbligazione della messa a disposizione del lavoratore.
2.3. L’art.
22, comma 3, d.lgs. 276/2003 prevede che se il prestatore di lavoro è
assunto con contratto stipulato a tempo indeterminato, nel medesimo va
stabilita la misura della indennità mensile di disponibilità, divisibile in
quote orarie, corrisposta dal somministratore al lavoratore per i periodi nei
quali il lavoratore stesso rimane in attesa di assegnazione.
Attraverso la previsione dell’indennità di
disponibilità si materializza quindi la permanenza del legame funzionale tra
somministratore e lavoratore, anche nei periodi tra una missione ed un’altra;
sicchè il lavoratore ha diritto di percepire un compenso che trova la sua
giustificazione causale soltanto nella messa a disposizione delle sue
attitudini lavorative in attesa di future utilizzazioni.
2.4. L’indennità di disponibilità (art. 22, 30 c. cit.) è esclusa dal computo
di ogni istituto di legge o di contratto collettivo (mensilità aggiuntive,
ferie, festività, TFR ecc.) ed è soggetta a contribuzione e all’imposta sul
reddito da lavoro dipendente.
2.5. Ai sensi del comma 1 dell’art. 25, i contributi su tale
indennità sono versati dal somministratore per il loro effettivo ammontare,
anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo. I
contributi sono versati nell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori
dipendenti ed, in assenza di previsioni specifiche, va ritenuto che la stessa
sia soggetta all’aliquota contributiva ordinaria, tra cui rientra anche una
quota a titolo di CUAF, prevista per le aziende di somministrazione che, ai
sensi dell’art. 49 della I. n.
88 del 1989, sono inquadrate nel settore del terziario e pertanto non
rientrano tra le aziende destinatarie delle integrazioni salariali.
2.6. Il periodo in disponibilità non è
indennizzabile con prestazioni di disoccupazione, ma viene considerato utile ai
fini della maturazione di requisiti contributivi per misure di sostegno al
reddito in caso di cessazione del rapporto di somministrazione; la predetta
indennità, in quanto assoggettata a contribuzione, concorre poi alla formazione
dell’anzianità contributiva utile ai fini del diritto e della misura della
pensione, nonché della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per il
calcolo della prestazione pensionistica.
2.7. Istituto analogo è l’indennità di disponibilità
prevista per i lavoratori marittimi in regime di continuità (cd. C.R.L.),
riservato dalla contrattazione collettiva ad una determinata percentuale
dell’equipaggio, iscritto al turno particolare ( cd. T.P. ) presso le singole
compagnie di navigazione, che abbia maturato un determinato periodo di servizio.
Ai marittimi in continuità di rapporto di lavoro gli assegni familiari sono
riconosciuti dall’Inps anche per i periodi retribuiti di “riposo a
terra” susseguenti allo sbarco – nei quali vengono fruite le giornate di
riposo non godute a bordo corrispondenti alle domeniche, ai sabati, alle
festività ed alle ferie maturate durante l’imbarco – e nel successivo periodo,
fino alla chiamata per l’imbarco o la comandata, in cui i marittimi stessi
entrano “in disponibilità retribuita” (v. Circolare
Inps n. 6242 del 18 novembre 1982, confermata dalla circolare n. 110 del 17 aprile 1992 che ha
verificato la compatibilità della nuova disciplina sull’assegno per il nucleo
familiare con la preesistente normativa in materia di assegni familiari).
2.8. Elemento caratterizzante della somministrazione
a tempo indeterminato è quindi la permanenza del legame tra agenzia di
somministrazione e lavoratore in somministrazione anche nei periodi di
inutilizzazione tra un’assegnazione e l’altra.
La persistenza del vincolo si manifesta in concreto
nel diritto del lavoratore somministrato a percepire dall’agenzia di
somministrazione l’indennità di disponibilità pur in mancanza di prestazione
lavorativa, fino alla successiva assegnazione, senza limiti di durata, con
conseguente obbligo contributivo per il somministrante. Ma non solo.
3.- In tale periodo di vacatio il lavoratore
continua ad essere soggetto ad obblighi di fedeltà e non concorrenza; inoltre
assicura reperibilità e disponibilità ai fini dell’inizio tempestivo di una
nuova missione. Il lavoratore assunto a scopo di staff leasing ha diritto alle
stesse garanzie ed alle stesse tutele giuridiche riconosciute ad ogni altro
lavoratore assunto a tempo indeterminato, a meno che la legge non stabilisca
deroghe, ivi comprese quelle a presidio della stabilità del rapporto
lavorativo; anche il lavoratore assunto a tempo indeterminato a scopo di
somministrazione può essere licenziato dal somministratore solo se ricorrono i
consueti presupposti di giusta causa e giustificato motivo (soggettivo e
oggettivo).
Il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro
non significa solo mantenimento di un supporto economico e delle tutele
previste in caso di cessazione del rapporto, ma anche poter contare su un
datore di lavoro professionalmente dedicato ad operare nel mercato del lavoro e
direttamente interessato e motivato alla ricollocazione della persona, anche
tramite la sua riqualificazione professionale, sia con risorse proprie sia con
il supporto dal fondo di comparto (Formatemp), che viene alimentato dalla
destinazione obbligatoria del 4% dei salari sviluppati da ogni rapporto in
somministrazione, e quindi sempre con risorse private e non pubbliche.
Obblighi di formazione e di azioni concrete
finalizzate alla ricollocazione inesistenti nei casi di cessazione di un
rapporto a termine, o di sospensione o cessazione di un rapporto a tempo
indeterminato, che consentono di affermare che nella somministrazione a tempo
indeterminato la persistenza del sinallagma funzionale nella fase di
disponibilità costituisce l’elemento causale qualificante e distintivo della
tipologia contrattuale.
4. In base alle considerazioni fin qui svolte va
dunque riaffermato che nella situazione di disponibilità il sinallagma
funzionale del contratto è attivo; e che l’indennità di disponibilità percepita
dal lavoratore ha natura retributiva e deve essere quindi conforme ai parametri
di proporzionalità e sufficienza posti dall’articolo
36 della Costituzione, anche in relazione alla dimensione familiare del
lavoratore.
5. Per quanto attiene all’istituto dell’assegno al
nucleo familiare (ANF) , istituito dalla legge 13
maggio 1988 n. 153, di conversione e parzialmente modificativa del d.l. 13 marzo 1988 n. 69, va rilevato che si
tratta di una prestazione economica a sostegno, anzitutto, del reddito delle
famiglie dei lavoratori dipendenti o dei pensionati da lavoro dipendente,
calcolata in relazione alla dimensione del nucleo familiare, alla sua
tipologia, nonché del reddito complessivo prodotto al suo interno. L’istituto
si ricollega a quello degli assegni familiari disciplinato con il d.p.r. n. 797 del 1955 (testo unico delle norme concernenti gli assegni
familiari), il quale, nonostante le svariate modificazioni apportate dalla
successiva normativa che hanno portato sempre maggiori categorie (ivi compresi
i lavoratori c.d. parasubordinati iscritti alla gestione separata) a usufruire
della relativa tutela, risulta tutt’oggi il testo base di riferimento in
materia.
5.1. La I. n. 89 del 1988 che ha riordinato la
materia, e sancito il definitivo passaggio terminologico da “assegni
familiari” ad “assegni per il nucleo familiare” (ANF), all’art. 2, comma 3, precisa
infatti per gli aspetti non disciplinati direttamente dalle nuove disposizioni,
restano in vigore le norme del T.U.
5.2. Con la riforma del 1988 l’istituto ha assunto
un’impronta più spiccatamente assistenziale ed il parametro determinante per la
sua concessione sono divenuti il reddito familiare e il numero dei componenti
del nucleo familiare. Le modalità contributive e di erogazione sono rimaste
pressoché immutate rispetto alla precedente normativa, tuttavia, l’utilizzo del
requisito del reddito del nucleo familiare unitamente a quello del numero dei
componenti, in luogo di quello della vivenza a carico, pongono come condizione
legittimante la concessione dell’emolumento lo stato di bisogno del nucleo nel
suo complesso che diviene quindi anche il destinatario della tutela.
5.3. Il fondamento costituzionale dell’istituto
dell’assegno per il nucleo familiare va ricercato nel fruttuoso connubio degli artt. 31, 36 e 38 Cost.; sebbene l’art.
38 non faccia menzione della famiglia come nucleo degno di tutela, la sua
inclusione può essere desunta accostando la previsione dell’art. 36 in merito al diritto del lavoratore ad una
retribuzione “in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia
un’esistenza libera e dignitosa”.
6.- Il riconoscimento degli ANF ai lavoratori
somministrati anche nella fase di disponibilità risponde alle caratteristiche
peculiari del lavoro somministrato a tempo indeterminato ed alla ratio
dell’istituto degli assegni al nucleo familiare; oltre che, come si dirà, alla
interpretazione sistematica ed evolutiva delle norme sugli assegni familiari
coniate sul tradizionale modello del lavoro dipendente.
7.- Né in contrario può rilevare la sentenza citata
dall’INPS (Cass. n. 6155/2004) la quale si
riferisce a tutt’altro caso (relativo al periodo compreso fra la data di
sospensione dell’attività produttiva per insolvenza del datore e quella di
dichiarazione di fallimento dell’imprenditore), in cui il sinallagma negoziale
non è sussistente e non sorge neppure alcun diritto alla retribuzione (mentre
nel caso in esame il diritto sorge sotto forma di indennità di disponibilità).
8.- Neppure può valere la disciplina dell’assegno
per il nucleo familiare nella parte in cui richiama quella degli assegni
familiari dettata dal d.p.r. 797/1955, la quale
stabilisce all’articolo 1
che gli assegni familiari previsti dal presente testo unico spettano ai
capifamiglia che prestino lavoro retribuito alle dipendenze di altri nel
territorio della Repubblica; mentre l’articolo 12 comma 1 dispone
che gli assegni sono dovuti qualunque sia il numero delle giornate prestate nei
periodi fissati per la loro corresponsione; e l’articolo 59 prevede la
commisurazione dell’assegno alle giornate di lavoro prestate.
8.1. Ad avviso di questa Corte, la situazione del
lavoratore somministrato in situazione di disponibilità deve essere parificata
ai fini in discorso a quella dei “lavoratori che prestano lavoro
retribuito alle dipendenze di altri”.
8.2. E’ infatti evidente che il dettato della
risalente normativa (che fa riferimento alle giornate di prestazioni di lavoro
alle dipendenze di altri) non possa essere inteso in senso letterale e debba
essere invece coordinato e rapportato anche con l’istituto del lavoro
somministrato, solo successivamente introdotto nell’ordinamento. Il dato
testuale dell’art. 1, comma
1, secondo cui gli assegni spettano solo a coloro che “prestino lavoro
retribuito alle dipendenze di altri”, se restrittivamente interpretato,
non consentirebbe di attribuire la prestazione neanche durante il periodo di
utilizzazione del lavoratore somministrato, per la carenza del requisito della
prestazione di lavoro a favore del datore da cui è dipendente. Tale soluzione
porrebbe inevitabili problemi di contrasto con il principio di parità di
trattamento di cui all’art. 23 del
d.lgs. n. 276 del 2003 prima e dell’art. 35 del d.lgs. n. 81 del 2015
dopo.
8.3. La sentenza della Corte di Cassazione Cass. n. 6155/2004, richiamata dell’Inps, conferma
invece la correttezza di questa conclusione, poiché individua come presupposti
necessari per l’erogazione degli assegni familiari l’esistenza in vita del
sinallagma funzionale ed il corrispondente sorgere dell’obbligazione
retributiva; presupposti che sono entrambi presenti nella fattispecie in esame
posto che appunto il contratto esiste ed esiste anche lo scambio negoziale; in
quanto a fronte della obbligazione del lavoratore di restare a disposizione del
suo somministratore, questi gli corrisponde un’indennità di disponibilità che
ha natura retributiva.
8.4. La fattispecie in oggetto non può essere
considerata neppure un’eccezione paragonabile al caso della malattia,
maternità, ferie ecc. ovvero a tutte le ipotesi in cui il rapporto di lavoro
subisce una sospensione e la mora è perciò in capo al debitore che non matura
il diritto alla retribuzione; ed è pertanto tale da necessitare di una
specifica previsione al fine di garantirgli la corresponsione della prestazione
in discorso.
8.5. Nemmeno può valere in senso contrario la
previsione, richiamata nel ricorso dall’INPS, dell’articolo 22, comma 3° del decreto
legislativo n. 276 del 2003, in virtù del quale l’indennità di
disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge e di contratto
collettivo, atteso che tale affermazione si riferisce evidentemente alla base
di computo degli istituti retributivi derivanti dalla legge e dal contratto
collettivo (mensilità aggiuntive, ferie, festività,TFR, ecc.) e non certamente
al riconoscimento delle prestazioni previdenziali. Del resto la stessa
previsione conferma, semmai, la natura retributiva dell’indennità di
disponibilità, destinata per sua natura ad essere ricompresa nella base di
computo di emolumenti retributivi, salvo appunto la specifica disciplina
contraria dettata dalla legge.
8.6.- Per contro va ribadito che l’indennità di disponibilità
è assoggettata a contribuzione secondo l’aliquota ordinaria (e ciò conferma la
natura retributiva della prestazione); essendo dovuti i contributi ai sensi
dell’articolo 25 comma 1 d.lgs.
276.
Le giornate trascorse in situazione di disponibilità
fungono da base di computo per determinare l’importo dei trattamenti
previdenziali di malattia, di maternità, paternità, infortunio, congedi
parentali, quando questi eventi protetti cadono all’interno dei periodi durante
i quali il lavoratore sia in attesa di assegnazione; nonché per la
disoccupazione ordinaria, a requisiti ridotti, la Naspi, o la Asdi, successivi
ai periodi di disponibilità. Onde non si vede per quale motivo lo stesso
periodo debba essere neutralizzato e non possa fungere da base di computo degli
assegni familiari o dell’assegno per il nucleo familiare.
9.- Occorre dunque concludere che il diritto
all’assegno per il nucleo familiare per il lavoratore che percepisce
l’indennità di disponibilità derivi dalle regole generali richiamate dalla
stessa disciplina normativa del lavoro somministrato e solo necessita di una
interpretazione sistematica, che tenga conto della evoluzione della disciplina
del lavoro subordinato; atteso che al momento della introduzione della
provvidenza in discorso (d.l. 69/1988, d.p.r. 797/1955,), non esisteva la fattispecie del
lavoro somministrato essendo le norme sugli assegni familiari modellate in relazione
al modello tradizionale del lavoro dipendente.
10. E’ pure evidente che anche per la indennità di
disponibilità sussista la ratio protettiva previdenziale che è all’origine
della prestazione volta a considerare ed a tutelare il nucleo familiare; si tratta
infatti di prestazione garantita in favore del lavoratore in ragione dei suoi
carichi di famiglia mediante una tutela specifica per il nucleo familiare,
diretta, in attuazione dell’art. 31 e 36 Costituzione, a garantire un sufficiente
reddito alle famiglie che ne siano complessivamente sprovviste. Non si
intuirebbe invece la ragione dell’esclusione per un lavoratore che percepisce
una modestissima indennità di poche centinaia di euro pur restando alle
dipendenze di un altro soggetto (il somministratore); e l’esclusione porrebbe
perciò problemi di collisione con il principio di eguaglianza in relazione all’art. 3, 1° e 2° comma Cost., tali da indurre ad una
interpretazione adeguatrice del dato normativo, che adotti come elemento
caratterizzante non la prestazione di lavoro dipendente, ma il sinallagma
funzionale del rapporto in vista di una prestazione lavorativa. Sicché non
sussiste alcun ostacolo ad applicare le norme del T.U. anche al lavoro
somministrato laddove tale continuità permanga, sia che la stessa si esprima
nello svolgimento di attività lavorativa presso terzi sia nella prestazione di
disponibilità al somministratore.
In entrambi i casi non vi è infatti mai sospensione
del rapporto ma, come innanzi visto, permanenza di obblighi reciproci, anche di
natura economica, rispetto ai quali è agevole parametrare il diritto agli ANF,
che andrà quindi riconosciuto nei periodi di utilizzazione in rapporto alla
retribuzione e nei periodi di attesa in rapporto all’indennità di
disponibilità.
Nel caso del lavoro somministrato non si tratterebbe
di riconoscere l’ANF anche in assenza di rapporto, di prestazione e di
retribuzione, ma di adattare i criteri di riconoscimento del diritto ad un
modello contrattuale istituito successivamente all’entrata in vigore della
legge regolativa, che prevede funzionalmente, pur perdurando il rapporto, la
possibile alternanza tra prestazione lavorativa a favore di terzi utilizzatori,
di cui non si è dipendenti, ed eventuali fasi di disponibilità, entrambe
compensate dal somministratore, in misura e con criteri diversi ma comunque
predeterminati.
11.- Da un punto di vista sistematico, non si può
omettere di rilevare che costituirebbe una distorsione rispetto ai principi che
regolano le assicurazioni sociali, desumibili dall’art.
38 della Cost. e dagli artt. 2114, 2115 e 2116 c.c.,
sottoporre l’indennità di disponibilità ad obblighi contributivi e negare
rispetto alla stessa le prestazioni
assistenziali alimentate da tale contribuzione.
L’attribuzione degli ANF anche durante la
disponibilità del lavoratore somministrato risulta inoltre coerente con
l’analogo riconoscimento ai marittimi in CRL durante la fase inattiva e di
disponibilità retributiva; in entrambi i casi si è in presenza di fattispecie
particolari, il cui profilo causale si caratterizza per la necessaria presenza
di una fase di attesa in cui manca la prestazione lavorativa effettiva ma
permane il sinallagma funzionale e l’obbligo di disponibilità.
12. Non da ultimo a favore della soluzione positiva
milita l’assenza di ostacoli di carattere operativo: l’indennità di
disponibilità è come la retribuzione interamente sostenuta con risorse proprie
del somministratore, è assoggettata a contribuzione, con obblighi sempre a
carico del somministratore, e in quanto tale concorre alla formazione dell’anzianità
contributiva utile ai fini del diritto e della misura della pensione, nonché
della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per il calcolo della
prestazione pensionistica. L’obbligazione contributiva costituisce garanzia di
finanziamento e rende applicabile il meccanismo del versamento con il sistema
del conguaglio tra Inps e agenzia di somministrazione. L’indennità di
disponibilità è divisibile in quote orarie per cui è ad essa applicabile il
meccanismo della riduzione di cui all’art. 59 del TU; l’ANF potrà essere
agevolmente calcolato rispetto all’ammontare dell’indennità di disponibilità
analogamente a come viene calcolato rispetto alla retribuzione.
13. Per le considerazioni fin qui esposte il ricorso
dell’INPS deve essere rigettato, con condanna al pagamento delle spese
liquidate in dispositivo e distrazione a favore degli avvocati antistatari.
14. Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater, d.P.R.n.115
del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte
ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a
quello dovuto per il ricorso ex art.13,comma
1-
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento
delle spese processuali liquidate in € 3700,00, di cui € 3500,00 per compensi
professionali, oltre al 15% di spese generali ed oneri accessori, spese da
distrarsi in favore degli avvocati S.A. e M.P. antistatari. Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater, d.P.R.n.115
del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a
carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art.13, comma 1 – bis.