Il legislatore delegato ha violato i limiti della legge delega in materia di responsabilità disciplinare.
Nota a Corte Cost. 10 aprile 2020, n. 61
Fabrizio Girolami
Nel rapporto di lavoro pubblico, è incostituzionale l’art. 55-quater, co. 3-quater, secondo, terzo e quarto periodo, del D.LGS. 30 marzo 2001, n. 165 e s.m.i., come introdotto dall’art. 1, co.1, lett. b), D.LGS. 20 giugno 2016, n. 116, nella parte in cui prevede l’azione di responsabilità amministrativa per danno all’immagine della P.A. – con predeterminazione di un minimo risarcitorio di almeno 6 mensilità dell’ultimo stipendio di godimento – a carico dei dipendenti che attestano falsamente la propria presenza in servizio (cd. “furbetti del cartellino”).
Lo ha affermato la Corte Costituzionale con sentenza 10 aprile 2020, n. 61, in accoglimento della questione di legittimità costituzionale della norma sollevata dalla Corte dei Conti – sez. giurisd. Reg. Umbria – nel giudizio di responsabilità promosso dal Procuratore regionale nei confronti di una dipendente comunale che aveva attestato falsamente la propria presenza in servizio.
Queste le disposizioni del co. 3-quater dell’art. 55-quater D.LGS. n. 165/2001 dichiarate incostituzionali:
– la Procura regionale della Corte dei conti, quando ne ricorrono i presupposti, emette invito a dedurre per danno d’immagine entro 3 mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento (secondo periodo);
– l’azione di responsabilità è esercitata entro i 150 giorni successivi alla denuncia, senza possibilità di proroga, secondo le modalità e i termini previsti dalla normativa vigente sul giudizio di responsabilità amministrativa presso la Corte dei Conti (terzo periodo);
– l’ammontare del danno risarcibile è rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione e non può essere, comunque, inferiore a 6 mensilità dell’ultimo stipendio in godimento, oltre interessi e spese di giustizia (quarto periodo).
La Corte Costituzionale, in accoglimento della questione sollevata, afferma quanto segue:
a) a differenza di quanto avvenuto con la precedente legge delega n. 15/2009, in cui il legislatore aveva espressamente delegato il Governo a prevedere, a carico del pubblico dipendente responsabile, l’obbligo del risarcimento del danno patrimoniale e del danno all’immagine subiti dall’amministrazione, analogo criterio direttivo non è previsto nella legge delega 7 agosto 2015, n. 124, la quale (art. 17, co. 1, lett. s)) prevede unicamente “l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare”;
b) pertanto, la materia delegata è “unicamente quella attinente al procedimento disciplinare, senza che possa ritenersi in essa contenuta l’introduzione di nuove fattispecie sostanziali in materia di responsabilità amministrativa”;
c) ne consegue, dunque, la totale estraneità dall’ambito oggettivo della legge di delega la materia della responsabilità amministrativa, con particolare riguardo alla specifica “fattispecie del danno all’immagine arrecato dalle indebite assenze dal servizio dei dipendenti pubblici”;
d) sebbene le censure del giudice rimettente siano state limitate al solo quarto periodo del co. 3-quater dell’art. 55-quater, D.LGS. n. 165/2001 concernente le modalità di stima e di quantificazione del danno all’immagine della P.A., l’illegittimità riguarda anche il secondo e il terzo periodo di detto comma perché “essi sono funzionalmente inscindibili con l’ultimo, così da costituire, nel loro complesso, un’autonoma fattispecie di responsabilità amministrativa non consentita dalla legge di delega”.
Sulla base delle sopra esposte considerazioni, secondo la Corte, la disposizione legislativa è illegittima in quanto ha introdotto un’autonoma fattispecie di responsabilità amministrativa non consentita dal legislatore delegante.