Giurisprudenza – CORTE COSTITUZIONALE – Sentenza 24 aprile 2020, n. 75

Circolazione stradale, Guida sotto l’influenza dell’alcool,
Estinzione del reato a seguito di esito positivo della messa alla prova,
Procedimento di applicazione della sanzione amministrativa accessoria della
confisca del veicolo davanti al prefetto, Verifica della sussistenza delle
condizioni di legge per l’applicazione della sanzione indicata, anziché
restituzione all’avente diritto, Irragionevolezza, Illegittimità
costituzionale parziale, Codice della strada (decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285), art. 224-ter, comma 6, Costituzione, art. 3

 

Ritenuto in fatto

 

1.- Con ordinanza dell’8 maggio 2019, il Tribunale
ordinario di Bergamo ha sollevato questione incidentale di legittimità
costituzionale dell’art. 224-ter,
comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), aggiunto dall’art. 44
della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza
stradale), per contrasto con l’art. 3 della
Costituzione.

La norma censurata violerebbe il principio di
ragionevolezza, «nella parte in cui non prevede che, in caso di estinzione del
reato (di guida in stato di ebbrezza) a seguito di esito positivo della messa
alla prova, il prefetto, anziché verificare la sussistenza delle condizioni di
legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della
confisca, e procedere ai sensi dell’art. 231 [recte: 213 cod. strada], disponga [la]
restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto, ovvero nella parte in
cui non prevede che, nel medesimo caso di estinzione del reato (di guida in
stato di ebbrezza) a seguito di esito positivo della messa alla prova, il
giudice civile, adito in sede di opposizione avverso il provvedimento del
[p]refetto che applica la sanzione amministrativa accessoria della confisca,
disponga [la] restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto».

1.1.- Il rimettente espone che M.T., fermato mentre
conduceva il proprio veicolo in stato di ebbrezza, era stato tratto a giudizio
penale innanzi al Tribunale di Bergamo, il quale, disposta la messa alla prova
e successivamente constatatone l’esito positivo, aveva emesso sentenza di non
doversi procedere per estinzione del reato.

M.T. aveva quindi chiesto la restituzione del mezzo
sequestrato, ed invece il Prefetto di Bergamo ne aveva ordinato la confisca.

L’opposizione avverso l’ordinanza di confisca era
stata respinta dal Giudice di pace di Bergamo, la cui sentenza era stata da M.
T. appellata nel giudizio a quo.

2.- Ad avviso del rimettente, l’autore del reato di
guida in stato di ebbrezza subisce un’irragionevole e deteriore disparità di
trattamento in ordine alla confisca del veicolo qualora il giudice penale abbia
disposto nei suoi confronti la messa alla prova, anziché il lavoro di pubblica
utilità di cui all’art. 186,
comma 9-bis, cod. strada.

Il giudice a quo osserva infatti che, nel caso di
svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice penale,
dichiarata l’estinzione del reato, revoca la confisca del veicolo, a norma
dell’art. 186, comma 9-bis, cod.
strada, mentre, nel caso di esito positivo della messa alla prova, egli,
dichiarata l’estinzione del reato, trasmette gli atti al prefetto, a norma
dell’art. 224-ter cod. strada,
affinché quest’ultimo, ove ricorrano le condizioni di legge, disponga la confisca
del mezzo.

Sarebbe irragionevole che lo svolgimento positivo
del lavoro di pubblica utilità determini la revoca giudiziale della confisca,
mentre l’esito positivo della messa alla prova lasci impregiudicata
l’applicazione prefettizia della sanzione accessoria.

Le «notevoli similitudini» tra i due istituti ne
renderebbero illogica la diversità di disciplina in punto di confisca, tanto
più che la disparità appesantisce il regime della messa alla prova, misura «già
più afflittiva» rispetto all’altra, poiché essa esige, oltre alla prestazione
di lavoro in favore della collettività, anche un’attività di riparazione del
danno da reato e l’osservanza di un programma in affidamento al servizio
sociale.

2.1.- Il giudice a quo correla la rilevanza della
questione all’impossibilità di definire l’appello di cui è investito senza la
previa verifica di legittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, cod. strada.

Secondo il rimettente, poiché l’art. 168-ter del codice penale stabilisce che
l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova non pregiudica
l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, l’art. 224-ter, comma 6, cod. strada
«non lascia spazio a diverse interpretazioni in ordine alla sorte del veicolo
sequestrato, nel senso [che] l’autorità amministrativa, ove ne ricorrano le
condizioni, non può che disporne la confisca».

3.- E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha
chiesto dichiararsi infondata la questione.

L’Avvocatura assume che gli istituti confrontati dal
giudice a quo siano tra loro «assolutamente eterogenei», sicché la disciplina
dell’uno non potrebbe essere presa a tertium comparationis della disciplina
dell’altro in ordine alla confisca del veicolo.

 

Considerato in diritto

 

1.- Il Tribunale ordinario di Bergamo ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto
dall’art. 44 della legge 29
luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), per
contrasto con l’art. 3 della Costituzione,
nella parte in cui non prevede che, in caso di estinzione del reato di guida in
stato di ebbrezza a seguito di esito positivo della messa alla prova, il
prefetto, anziché verificare la sussistenza delle condizioni di legge per
l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca,
disponga la restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto, ovvero
nella parte in cui non prevede che, nel medesimo caso, il giudice civile, adito
in sede di opposizione avverso l’ordinanza prefettizia di confisca, disponga la
restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto.

1.1.- Il rimettente considera irragionevole che, in
caso di estinzione del reato per svolgimento positivo del lavoro di pubblica
utilità, il giudice debba revocare la confisca del veicolo a norma dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada
e che, viceversa, in caso di estinzione del reato per esito positivo della
messa alla prova, egli debba trasmettere gli atti al prefetto, affinché
quest’ultimo, ove ne ricorrano le condizioni, disponga la confisca del veicolo
a norma del combinato disposto degli artt. 168-ter
del codice penale e 224-ter,
comma 6, cod. strada.

2.- La questione è formulata in modo apparentemente
ancipite, poiché la violazione del parametro di ragionevolezza è riferita, nel
contempo, all’omessa previsione del dovere del prefetto di disporre la
restituzione del veicolo in caso di estinzione del reato per esito positivo
della messa alla prova «ovvero» all’omessa previsione del medesimo dovere del
giudice in sede di opposizione all’ordinanza prefettizia di confisca.

2.1.- Per costante indirizzo di questa Corte,
«l’alternatività del petitum che rende ancipite, e pertanto inammissibile, la
questione di legittimità costituzionale è quella che non può essere sciolta per
via interpretativa, e che si configura, quindi, come un’alternatività irrisolta
(ex plurimis, sentenze n. 175 del 2018, n. 22
del 2016, n. 247 del 2015 e n. 248 del 2014; ordinanze n. 221 e n. 130 del
2017)» (sentenza n. 58 del 2020).

Nel caso in esame, l’interpretazione complessiva dei
termini di formulazione suggerisce che il rimettente non abbia prospettato
un’alternativa irrisolta tra questioni plurime, ma si sia limitato ad una
presentazione sequenziale della medesima questione, laddove la congiunzione
“ovvero” non ha valore disgiuntivo, bensì esplicativo, e sta cioè per
“quindi”.

Secondo il petitum sostitutivo così interpretato, l’art. 224-ter, comma 6, cod. strada
dovrebbe prevedere che, in caso di estinzione del reato per esito positivo
della messa alla prova, il prefetto deve ordinare la restituzione del veicolo
all’avente diritto; e che, “quindi”, ove il prefetto non abbia
ordinato la restituzione del veicolo, ed anzi ne abbia disposto la confisca, la
restituzione deve essere ordinata dal giudice dell’opposizione alla confisca.

3.- La questione è fondata.

3.1.- L’istituto della sospensione del procedimento
con messa alla prova è stato introdotto, per gli imputati adulti, dalla legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo
in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema
sanzionatorio.

Disposizioni in materia di sospensione del procedimento
con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili).

In particolare, l’art. 3, comma 1, della legge n. 67
del 2014 ha aggiunto l’art. 168-bis cod. pen.,
che, al primo comma, consente di chiedere la sospensione del processo con messa
alla prova all’imputato per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o
con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola,
congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal
comma 2 dell’art. 550 del codice di procedura
penale.

A norma dell’art.
168-bis, secondo comma, cod. pen., la messa alla prova comporta la
prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o
pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del
danno dallo stesso cagionato; comporta altresì l’affidamento dell’imputato al
servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra
l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di
prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura
sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare
determinati locali.

La concessione della messa alla prova è inoltre
subordinata, per effetto del terzo comma dell’art.
168-bis cod. pen., alla prestazione di lavoro di pubblica utilità, consistente
in una prestazione non retribuita in favore della collettività, da svolgere
presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, le aziende sanitarie o
presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di
assistenza sociale, sanitaria e di volontariato.

L’art. 168-ter cod.
pen., esso pure aggiunto dall’art.
3, comma 1, della legge n. 67 del 2014, stabilisce che l’esito positivo
della prova estingue il reato per cui si procede (secondo comma, primo periodo)
e che, tuttavia, l’estinzione del reato non pregiudica l’applicazione delle
sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge (secondo comma,
secondo periodo).

3.1.1.- Questa Corte ha osservato che la messa alla
prova non è una sanzione penale, poiché la sua esecuzione è rimessa «alla
spontanea osservanza delle prescrizioni da parte dell’imputato, il quale
liberamente può farla cessare, con l’unica conseguenza che il processo sospeso
riprende il suo corso» (sentenza n. 91 del 2018); pur non essendo una pena,
tuttavia, la messa alla prova manifesta, per gli imputati adulti, una
«innegabile connotazione sanzionatoria», che la differenzia dall’omologo
istituto minorile, la cui funzione è, invece, essenzialmente (ri)educativa
(sentenza n. 68 del 2019).

La connotazione sanzionatoria della messa alla prova
degli adulti viene evidenziata, tra l’altro, dalla prestazione del lavoro di
pubblica utilità, che, a norma dell’art. 168-bis,
terzo comma, cod. pen., è una componente imprescindibile dell’istituto
riguardo ai maggiorenni, e che invece, a norma dell’art. 27 del decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 272 (Norme di attuazione, di coordinamento e
transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.
448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni),
non figura tra le prescrizioni del progetto di intervento elaborato dai servizi
minorili (ancora sentenza n. 68 del 2019).

3.2.- Aggiunto dall’art. 33, comma 1, lettera d), della
legge n. 120 del 2010, e quindi introdotto contestualmente all’art. 224-ter cod. strada, il
comma 9-bis dell’art. 186 del
medesimo codice prevede che la pena detentiva e pecuniaria per la guida in
stato di ebbrezza, a condizione che il reato non abbia provocato un incidente
stradale, può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se
non vi è opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica
utilità di cui all’art. 54 del
decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza
penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre
1999, n. 468), secondo le modalità ivi previste e consistente nella
prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da
svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione
stradale presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o
organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri
specializzati di lotta alle dipendenze.

Ai sensi del medesimo comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada, in caso di
svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice fissa una nuova
udienza e dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla metà della
sanzione della sospensione della patente di guida e revoca la confisca del
veicolo sequestrato.

3.2.1.- Questa Corte ha avuto modo di sottolineare
che il lavoro di pubblica utilità disciplinato dal comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada è, a tutti
gli effetti, una pena sostitutiva (ordinanza n. 43 del 2013).

Essa svolge, peraltro, anche una funzione
“premiale”, in quanto il positivo svolgimento del lavoro sostitutivo
determina per il condannato le favorevoli conseguenze della declaratoria di
estinzione del reato, riduzione a metà della durata della sospensione della
patente e revoca della confisca del veicolo (sentenza n. 198 del 2015).

3.3.- Sia la messa alla prova ex art. 168-bis cod. pen. che il lavoro di pubblica
utilità ex art. 186, comma 9-bis,
cod. strada hanno ad oggetto la prestazione di attività non retribuita in
favore della collettività.

Mentre rappresenta l’essenza stessa della pena
sostitutiva di cui all’art. 186,
comma 9-bis, cod. strada, la prestazione di attività non retribuita in
favore della collettività è soltanto una componente del trattamento di prova di
cui all’art. 168-bis cod. pen. Infatti, a
norma dell’art. 168-bis, secondo comma, cod. pen.,
la messa alla prova esige anche condotte volte all’eliminazione delle
conseguenze dannose o pericolose del reato, nonché, ove possibile, il
risarcimento del danno dallo stesso cagionato, e altresì l’affidamento
dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può
implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero
l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con
una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di
frequentare determinati locali. Il lavoro non retribuito in favore della
collettività è una componente ulteriore della messa alla prova degli adulti, e
tuttavia una componente imprescindibile, poiché, a norma dell’art. 168-bis, terzo comma, cod. pen., «la
concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di
lavoro di pubblica utilità».

3.4.- Per costante giurisprudenza costituzionale, la
discrezionalità del legislatore nella determinazione del trattamento
sanzionatorio dei fatti di reato incontra il limite della manifesta
irragionevolezza delle scelte compiute (ex plurimis, sentenze n. 155 del 2019 e
n. 222 del 2018; ordinanza n. 207 del 2019), e tale limite vale anche nella
definizione degli istituti processualpenalistici (ex plurimis, sentenze n. 155
del 2019 e n. 236 del 2018).

3.4.1.- Orbene, è manifestamente irragionevole che,
pur al cospetto di una prestazione analoga, qual è il lavoro di pubblica
utilità, e pur a fronte della medesima conseguenza dell’estinzione del reato,
la confisca del veicolo venga meno per revoca del giudice, nel caso di
svolgimento positivo del lavoro sostitutivo, e possa essere invece disposta per
ordine del prefetto, nel caso di esito positivo della messa alla prova.

L’irragionevolezza è resa ancor più evidente dal
fatto che la sanzione amministrativa accessoria della confisca, mentre viene
meno per revoca giudiziale nell’ipotesi di svolgimento positivo del lavoro
sostitutivo, può essere disposta per ordinanza prefettizia nell’ipotesi di
esito positivo della messa alla prova nonostante quest’ultima costituisca una
misura più articolata ed impegnativa dell’altra, in quanto il lavoro di
pubblica utilità vi figura insieme al compimento di atti riparatori da parte dell’imputato
e all’affidamento dello stesso al servizio sociale.

3.4.2.- I profili differenziali tra i due istituti
non sono in grado di giustificare la previsione dell’applicabilità della
confisca nel caso in cui la messa alla prova si sia conclusa positivamente, con
la conseguente estinzione del reato. Non lo è la circostanza che, a differenza
della messa alla prova dell’adulto, applicabile solo a richiesta dell’imputato,
il lavoro di pubblica utilità previsto dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada
può essere applicato dal giudice anche d’ufficio, alla sola condizione che
l’imputato non vi si opponga (ordinanza n. 43 del 2013).

Il differente ruolo della volontà dell’imputato
nell’applicazione delle due misure non incide sull’oggettività della
prestazione lavorativa resa in favore della collettività, e con esito
egualmente positivo, sicché esso non può giustificare un diseguale trattamento
delle fattispecie in ordine alla confisca del veicolo.

Né la giustificazione della disparità di trattamento
può essere rinvenuta nel fatto che, a norma dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada,
il lavoro sostitutivo deve svolgersi «in via prioritaria» nel campo della sicurezza
e dell’educazione stradale. Avendo carattere non perentorio, ma soltanto
preferenziale, questa disposizione non è sufficiente a differenziare, in
termini generali e assoluti, l’attività non retribuita svolta quale pena
sostitutiva da quella viceversa prestata nell’ambito della messa alla prova.

3.4.3.- Come già ricordato, nonostante la base
volontaria che la distingue dalla pena, la messa alla prova dell’adulto
determina pur sempre un «trattamento sanzionatorio» dell’imputato, ciò che
questa Corte ha riconosciuto con la sentenza n. 91 del 2018, in adesivo
richiamo alla sentenza 31 marzo 2016-1° settembre 2016, n. 36272, delle sezioni
unite penali della Corte di cassazione.

La circostanza che tale trattamento sanzionatorio
abbia una sua indefettibile componente nella prestazione del lavoro di pubblica
utilità – come evidenziato da questa Corte nella sentenza n. 68 del 2019 –
denuncia la manifesta irragionevolezza della possibilità di applicazione della
confisca nel caso di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza per
effetto dell’esito positivo della messa alla prova di cui all’art. 168-bis cod. pen.

3.4.4.- In proposito, deve rilevarsi che, al momento
dell’introduzione dell’art.
224-ter cod. strada, avvenuta contestualmente all’aggiunta dell’art. 186, comma 9-bis, del
medesimo codice, l’ordinamento non prevedeva ancora l’istituto della messa alla
prova per gli imputati adulti, quale autonoma causa di estinzione del reato.

In occasione di tale riforma, il legislatore,
mediante il comma 6 dell’art.
224-ter cod. strada, ha disciplinato gli effetti che le varie ipotesi di
estinzione del reato producono in ordine alle sanzioni amministrative
accessorie, prevedendo che, mentre l’estinzione «per morte dell’imputato»
comporta il venir meno delle sanzioni accessorie già in essere, l’estinzione
del reato «per altra causa» investe il prefetto della verifica di sussistenza
delle relative condizioni di applicazione.

Nel contempo, tuttavia, mediante l’aggiunta del
comma 9-bis dell’art. 186 cod.
strada, il legislatore ha introdotto una specifica, e nuova, ipotesi di
estinzione del reato, appunto quella del positivo svolgimento del lavoro di
pubblica utilità, anch’essa incidente sulle sanzioni amministrative accessorie,
giacché ne deriva la revoca della confisca del veicolo, oltre alla dimidiazione
della sospensione della patente di guida.

In tal modo, il legislatore ha delineato un
peculiare “microsistema”, all’interno del quale l’estinzione del
reato per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in ragione della
sua evidente natura “premiale”, esclude la confisca del veicolo, in
deroga alla disciplina delle altre ipotesi di estinzione del reato (diverse
dalla morte dell’imputato), che, non condividendo quella natura
“premiale”, contemplano l’eventualità della confisca prefettizia (si
pensi, innanzitutto, alla prescrizione del reato).

L’interna coerenza di questo
“microsistema” è stata alterata dalla sopravvenuta disciplina della
messa alla prova, con effetti distorsivi sull’attuale portata applicativa dell’art. 224-ter, comma 6, cod. strada.

Infatti, la possibilità che, pur in caso di
estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza per esito positivo della
messa alla prova, il prefetto disponga, ricorrendone le condizioni, la confisca
del veicolo (della cui disponibilità, peraltro, l’imputato è stato privato sin
dal momento del sequestro) – laddove lo stesso codice della strada prevede, per
il caso in cui il processo si sia concluso con l’emissione di una sentenza di
condanna e con l’applicazione della pena sostitutiva, non solo l’estinzione del
medesimo reato di guida in stato di ebbrezza, ma anche la revoca della confisca
del veicolo per effetto del solo svolgimento positivo del lavoro di pubblica
utilità – risulta manifestamente irragionevole, ove rapportata alla natura,
alla finalità e alla disciplina dell’istituto della messa alla prova, come
delineate anche dalla giurisprudenza di questa Corte, prima richiamata.

3.4.5.- La disciplina degli istituti incentivanti
nel trattamento sanzionatorio dei reati stradali non aggravati ha un evidente
carattere speciale, come dimostra proprio la pena sostitutiva del lavoro di
pubblica utilità per la guida in stato di ebbrezza non aggravata da incidente,
la cui funzione “premiale” questa Corte ha già sottolineato (sentenza
n. 198 del 2015). Attesa la sua portata generale, la sopravvenuta disposizione
dell’art. 168-ter cod. pen., secondo la quale
l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova non pregiudica
l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, non interferisce con
la menzionata disciplina speciale, in quanto, mancando elementi indicativi di
una contraria volontà del legislatore, opera il criterio lex generalis
posterior non derogat priori speciali (tra le tante, sentenze n. 2 del 2008 e
n. 41 del 1992).

3.5.- Per quanto sopra detto, l’art. 224-ter, comma 6, cod. strada
è manifestamente irragionevole.

Come già chiarito nell’escludere il carattere
ancipite della questione, il profilo enunciato dal rimettente circa i doveri
decisori del giudice dell’opposizione alla confisca è meramente consequenziale
a quello riguardante i doveri provvedimentali del prefetto, sicché non occorre
sottoporlo ad autonomo esame, né farlo oggetto di autonoma pronuncia.

4.- Deve essere quindi dichiarata l’illegittimità
costituzionale, per violazione dell’art. 3 Cost.,
dell’art. 224-ter, comma 6, cod.
strada, nella parte in cui prevede che il prefetto verifica la sussistenza
delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa
accessoria della confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione
all’avente diritto, in caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza
dell’alcool per esito positivo della messa alla prova.

 

P.Q.M.

 

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte
in cui prevede che il prefetto verifica la sussistenza delle condizioni di
legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della
confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente diritto, in
caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool per esito
positivo della messa alla prova.

 

Provvedimento pubblicato nella G.U. della Corte Costituzionale 29
aprile 2020, n. 18.

Giurisprudenza – CORTE COSTITUZIONALE – Sentenza 24 aprile 2020, n. 75
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