Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 maggio 2020, n. 8438
Accertamento al diritto di prestazioni previdenziali Inail,
Prova della subordinazione, Pronuncia “doppia conforme”, Vizio di
motivazione
Rilevato
che il Tribunale di Alessandria, con sentenza del
10.7.2012, respingeva la domanda di R.N., con la quale questi, sul presupposto
di aver ricevuto l’incarico dalla ditta MLG – s.r.l., a partire da maggio del
2006, di sovraintendere e coordinare la fornitura e le installazioni delle sue
autogru presso vari clienti e di curarne personalmente il trasporto, aveva
subito un incidente (il 10.11.2006) in seguito al quale aveva riportato
gravissime lesioni e aveva chiesto all’INAIL l’accertamento al diritto di
prestazioni previdenziali; il giudice di primo grado aveva escluso che fosse
stata raggiunta la prova della subordinazione;
che la Corte di appello di Torino la sentenza n.
1287/2012, respingendo i gravami formulati dal ricorrente, ha confermato la
decisione assunta in primo grado;
che a fondamento del decisum, la Corte territoriale
ha condiviso il giudizio svolto dal giudice di primo grado che, sulla scorta
della prova testimoniale, aveva escluso che fosse stata raggiunta la prova
della subordinazione, evidenziando come il ricorrente, per contestare la
decisione, avesse introdotto in appello argomenti del tutto nuovi rispetto alla
difesa svolta in primo grado, ove nulla aveva allegato per provare gli elementi
propri della subordinazione (limitandosi ad affermare di aver ricevuto
l’incarico di sovraintendere e coordinare la fornitura e le installazioni delle
autogru presso vari clienti e di curarne personalmente il trasporto,
descrizione compatibile con la prestazione di lavoro autonomo, ipotesi peraltro
suffragata anche dalle emergenze documentali da cui si evinceva l’iscrizione
del R. all’albo delle imprese artigiane fino al 2007);
in particolare, evidenziava ancora la corte, come
solo in sede di appello il R. aveva dedotto la propria qualifica di
amministratore della società e una posizione apicale in seno alla stessa, senza
tuttavia, anche in tale sede processuale, allegare ulteriori elementi da cui
dedurre la subordinazione, o comunque lo stabile inserimento
nell’organizzazione di impresa della società, risultando tardiva e nuova la
prospettazione con la quale il ricorrente chiedeva che l’indennizzo gli fosse
riconosciuto sulla base della qualità di lavoratore parasubordinato.
che avverso la decisione di secondo grado ha
proposto ricorso per cassazione R.N. affidato a due motivi; che l’INAIL ha resistito
con controricorso; che il P.G. non ha formulato richieste scritte che con
memoria del 24 ottobre 2019 il R. si è costituito con nuovo difensore;
Considerato
che, con il ricorso per cassazione, in sintesi, si
censura:
1) ai sensi dell’art.
360 co. 1 n. 5 c.p.c., “l’insufficiente motivazione circa un fatto
controverso decisivo per il giudizio”, in cui sarebbe incorsa la corte
territoriale, conformemente al giudice di primo grado, erroneamente escludendo
la sussistenza della subordinazione, e pur affermando, in maniera
contraddittoria, che la collaborazione non fosse occasionale.
2) Ai sensi dell’art.
360 co. 1 n. 3 c.p.c., la “falsa applicazione di norme di
diritto” in cui sarebbe incorsa la corte di merito considerando “del
tutto nuova e tardiva” perché dedotta soltanto nel giudizio di appello, la
tesi, sostenuta dal R., di avere comunque diritto alla richiesta rendita,
poiché lavoratore parasubordinato.
che il primo motivo è inammissibile per molteplici
ragioni. Preliminarmente va rilevato che, nel caso di specie, trattandosi di
cd. pronuncia “doppia conforme”, il vizio di motivazione non è
deducibile ai sensi dell’art. 348 ter, comma 5,
cod.proc.civ. che prescrive che la disposizione di cui al comma 4 – ossia
l’esclusione del n. 5, dal catalogo dei vizi deducibili di cui all’art. 360, comma 1, c.p.c. – si applica, fuori dei
casi di cui all’art. 348 bis, comma 2, lett.
a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma
la decisione di primo grado; ed infatti, quando la ricostruzione delle
emergenze probatorie effettuata dal Tribunale sia stata confermata dalla Corte
d’appello, com’è nel caso, il ricorrente in cassazione, per evitare
l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art.
360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della
decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto
dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528 del
2014), indicazione che nel caso di specie non è stata fornita;
che, a prescindere da tale assorbente rilievo, il
motivo risulta comunque inammissibile poiché propone una lettura dei fatti di
causa alternativa a quella logicamente e motivatamente formulata dai giudizi di
merito, senza neppure confrontarsi con il tenore del nuovo punto 5) dell’art. 360, co. 1, c.p.c., nella versione di testo
introdotta dall’art. 54, co. 1,
lett. b), d.l. n. 83 del 2012, conv. con modificazioni in I. n. 134 del 2012, la quale consente il ricorso
per cassazione solo per “per omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” per le sentenze
pubblicate dall’11 settembre 2012;
che del pari inammissibile è il secondo motivo, con
il quale in sostanza si duole che la corte abbia erroneamente ritenuto nuova e
tardiva, perché proposta solo in appello, la prospettazione in ragione della
quale, essendo il R. amministratore della società MLG s.r.l., avrebbe avuto
diritto alla tutela INAIL in quanto lavoratore parasubordinato; ed infatti,
attraverso tale doglianza, pur formalmente proposta quale violazione di legge,
il ricorrente sollecita, invero, questa corte, ad una diversa valutazione dei
fatti, rispetto a quella operata dalla corte di merito, che ha ravvisato in
essi gli elementi del lavoro autonomo (cfr. pag. 9), puntualizzando la mancanza
di allegazioni di segno diverso;
che alla stregua di quanto esposto il ricorso deve,
pertanto, essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, secondo
il principio della soccombenza, alla rifusione delle spese del presente
giudizio di legittimità;
che, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02, nel testo risultante dalla legge
24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da
dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il
ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del
giudizio di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle
spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro
200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1 bis dello stesso art. 13, ove
dovuto.