L’Agenzia chiarisce a quali condizioni gli importi corrisposti dal datore di lavoro tramite app digitale siano qualificabili, ai fini Irpef, come indennità sostitutive di mensa tassabili e, ai fini Ires, come costi deducibili.

Nota a AdE Risposta 24 aprile 2020, n. 122

Antonio Guidone

Attraverso la risposta ad interpello 24 aprile 2020, n. 122, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che le somme pagate, tramite app, dalle società, in qualità di datori di lavoro, ai propri dipendenti per rimborsarli dei pasti consumati, in qualunque esercizio commerciale, durante la pausa dell’orario di lavoro, concorrono integralmente alla formazione del reddito di lavoro dipendente del percettore. La gestione tramite una specifica app di tali somme, infatti, non può essere configurata come un servizio di mensa diffusa.

Nello specifico, l’istante intendeva commercializzare in Italia un’applicazione per smartphone in grado di gestire le indennità sostitutive di mensa corrisposte dalle imprese ai propri dipendenti; a tal proposito, domandava all’Agenzia delle Entrate se le somme corrisposte così dai datori di lavoro sarebbero state o meno qualificabili come indennità sostitutive di mensa e, se, ai sensi dell’art. 51, co. 2, lett. c), del TUIR, fossero, quindi, escluse o meno dalla concorrenza al reddito del lavoratore. In aggiunta, domandava chiarimenti in relazione al trattamento fiscale del costo sostenuto ai fini Ires.

L’Agenzia delle Entrate, nel rispondere al quesito, ha ricordato che, in base all’art. 51, co. 1, del TUIR, rientrano nel reddito di lavoro dipendente tutte le somme in qualunque modo riconducibili al rapporto di lavoro. Il suddetto principio di onnicomprensività è mitigato dal co. 2 dell’art. 51, il quale fornisce un elenco tassativo di somme e valori che non concorrono a formare il reddito. L’art. 51, co. 2, lett. c), come da ultimo modificato dall’art. 1, co. 677, della Legge 27 dicembre 2019, n. 160, individua, con riferimento al trattamento fiscale delle somministrazioni di vitto, tre ipotesi alle quali è accordato il regime di esenzione:

  1. somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro e quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi;
  2. prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto, fino all’importo complessivo giornaliero di 4 euro, aumentato a 8 euro nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica;
  3. indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione, fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29.

In tutti e tre casi, occorre che le predette prestazioni siano offerte alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di essi; di contro, se le prestazioni vengono erogate a favore solo di taluni lavoratori, le stesse concorrono integralmente alla formazione del reddito di lavoro dipendente, come ricordato nella circolare 29 marzo 2018, n. 5/E, paragrafo 4.9.

Il caso prospettato dall’istanza è stato ricondotto, ai fini Irpef, all’ipotesi sub 3) e, dunque, è stato considerato un’indennità sostitutiva di mensa, sia pur con talune precisazioni.

L’indennità sostitutiva di mensa è un corrispettivo in denaro integrato nella retribuzione ordinaria, attribuibile sia ai collaboratori part-time che a quelli a tempo pieno; per poter escludere tale indennità dal concorso alla formazione del reddito, devono essere presenti anche le ulteriori condizioni stabilite dalla risoluzione del Ministero Finanze del 30 marzo 2000, n. 41, ad esempio, l’orario di lavoro deve comportare la pausa per il vitto; il dipendente deve essere addetto ad un’unità produttiva; l’ubicazione di quest’ultima deve permettere di raggiungere, nella pausa, i servizi di ristorazione senza l’ausilio di mezzi di trasporto.

Ciò detto, per l’Agenzia qualora ricorrano le condizioni sopra descritte e l’erogazione sia rivolta alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di essi, l’indennità non rientrerà nella determinazione del reddito di lavoro dipendente fino all’importo di 5,29 euro; la parte eccedente, invece, concorrerà integralmente alla determinazione del reddito, secondo le regole ordinarie.

L’Agenzia non ha, invece, ritenuto di poter ricondurre la fattispecie in esame all’ipotesi di mensa diffusa, come prospettato dall’istanza, in quanto, per aversi mensa “diffusa”, sono necessarie pregresse convenzioni tra gli esercizi pubblici e i datori di lavoro (cfr. Circ. 16 luglio 1998, n. 188).

Con riferimento al caso di specie, viene aggiunto che la piattaforma utilizzata dalle società e la relativa app per smartphone non configurano una modalità di somministrazione di alimenti e bevande. Questi strumenti informatici intervengono solo nella fase successiva alla consumazione del pasto, ovverosia quando il dipendente, tramite app, trasmette il documento giustificativo della spesa effettuata per il pasto. Tra la società e l’esercizio pubblico manca una pregressa convenzione, sicché non si può ritenere che tramite l’app sia somministrato il servizio.

Sulla base di tale premessa, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che le società che aderiscono al servizio offerto dall’istante non sostengono solo il costo della somministrazione di alimenti e bevande, ma acquistano un servizio per erogare tali prestazioni. Pertanto, ai fini Ires, le società che useranno tale servizio avranno la possibilità di dedurre i costi sostenuti per intero, oltre il limite del 75 %, stabilito dall’art. 109, co. 5, del TUIR.

L’indennità sostitutiva di mensa gestita tramite app: tassazione ordinaria ai fini Irpef e costo deducibile ai fini Ires
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