Prassi – INAIL – Circolare 20 maggio 2020, n. 22
Tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da
coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro. Decreto-legge
17 marzo 2020, n. 18 “Misure di potenziamento del Servizio sanitario
nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse
all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, Articolo 42 comma 2, convertito
dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
Chiarimenti.
Quadro normativo
– Decreto legislativo 23
febbraio 2000, n. 38: “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge
17 maggio 1999, n.144”. Articolo
12.
– Decreto del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia
e delle finanze del 27 febbraio 2019: “Nuove tariffe dei premi per
l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali
delle gestioni “Industria, Artigianato, Terziario, Altre attività” e relative
modalità di applicazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 1121, della
legge 30 dicembre 2018, n.145″.
– Decreto-legge 17
marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 “Misure di
potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per
famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da
COVID-19. (DECRETO CURA ITALIA)”.
– Decreto-legge 25
marzo 2020, n. 19: “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza
epidemiologica da COVID-19”.
– Circolare Inail 11
marzo 2020, n. 7: “Emergenza epidemiologica da COVID-19. Sospensione degli
adempimenti e dei versamenti dei premi assicurativi e altre misure urgenti”.
– Circolare Inail 3
aprile 2020, n. 13: “Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza
per il conseguimento delle prestazioni Inail. Tutela infortunistica nei casi
accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro. Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 “Misure di
potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per
famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da
COVID-19″. Articolo 34, commi
1 e 2; articolo 42 commi 1 e
2”.
– Decreto-legge 16
maggio 2020, n. 33: “Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza
epidemiologica da Covid-19”.
– Decreto Presidente
Consiglio dei Ministri 17 maggio 2020: “Disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante
misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, recante
ulteriori misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da
COVID-19”.
Premessa
L’Istituto con la circolare
3 aprile 2020, n. 13 ha dato le indicazioni operative, anche in relazione
alla prima fase della situazione emergenziale legata alla diffusione pandemica
da nuovo Coronavirus (SARS-Cov-2) per la tutela dei lavoratori che hanno
contratto l’infezione in occasione di lavoro a seguito dell’entrata in vigore
della disposizione di cui all’art.
42, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito, con
modificazione, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
Con la presente circolare, acquisito il parere favorevole
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali con nota del 20 maggio 2020,
prot. 5239, si forniscono delle ulteriori istruzioni operative nonché dei
chiarimenti su alcune problematiche sollevate in relazione alla tutela
infortunistica degli eventi di contagio.
La tutela Inail ai sensi dell’articolo 42, comma 2, del
decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.
L’art.
42, comma 2, del citato decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (1), ha
anzitutto chiarito che l’infezione da SARS-Cov-2, come accade per tutte le
infezioni da agenti biologici se contratte in occasione di lavoro, è tutelata
dall’Inail quale infortunio sul lavoro e ciò anche nella situazione eccezionale
di pandemia causata da un diffuso rischio di contagio in tutta la popolazione.
Si tratta della riaffermazione di principi vigenti
da decenni, come già richiamati dalla circolare 3
aprile 2020, n. 13, nell’ambito della disciplina speciale infortunistica,
confermati dalla scienza medico-legale e dalla giurisprudenza di legittimità in
materia di patologie causate da agenti biologici.
Le patologie infettive (vale per il COVID-19, così
come, per esempio, per l’epatite, la brucellosi, l’AIDS e il tetano) contratte
in occasione di lavoro sono da sempre, infatti, inquadrate e trattate come
infortunio sul lavoro poiché la causa virulenta viene equiparata alla causa
violenta propria dell’infortunio, anche quando i suoi effetti si manifestino
dopo un certo tempo.
In secondo luogo la norma dispone che l’indennità
per inabilità temporanea assoluta copre anche il periodo di quarantena o di
permanenza domiciliare fiduciaria (ovviamente sempre che il contagio sia
riconducibile all’attività lavorativa), con la conseguente astensione dal
lavoro.
La disposizione, seppure dettata in un momento
emergenziale, in realtà ha dato seguito a un principio già affermato dalla
giurisprudenza, secondo cui l’impedimento presupposto dall’art. 68 del decreto del
Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n.1124 ai fini della
attribuzione della indennità di inabilità temporanea assoluta, comprende, oltre
alla fisica impossibilità della prestazione lavorativa, anche la sua
incompatibilità con le esigenze terapeutiche e di profilassi del lavoratore.
In terzo luogo è stato espressamente previsto che
gli oneri degli eventi infortunistici del contagio non incidono
sull’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, ma sono posti
carico della gestione assicurativa nel suo complesso, a tariffa immutata, e
quindi non comportano maggiori oneri per le imprese.
In altri termini, la scelta operata con il citato articolo 42 è stata quella
dell’esclusione totale di qualsiasi incidenza degli infortuni da COVID-19 in
occasione di lavoro sulla misura del premio pagato dal singolo datore di
lavoro, ciò in quanto tali eventi sono stati a priori ritenuti frutto di
fattori di rischio non direttamente e pienamente controllabili dal datore di
lavoro al pari degli infortuni in itinere.
In tali ultime fattispecie, infatti, l’Istituto riconosce
la tutela assicurativa al lavoratore infortunato nel tragitto casa-lavoro e
viceversa, ma al datore di lavoro non viene imputata alcuna conseguenza per
l’evento infortunistico.
L’accertamento dell’infortunio da contagio da
SARS-Cov-2
Con la circolare Inail
3 aprile 2020, n. 13 è stato chiarito che la tutela Inail riguarda tutti i
lavoratori assicurati con l’Istituto che abbiano contratto il contagio in
occasione di lavoro e sono stati richiamati, inoltre, i principi che presiedono
all’accertamento dell’infortunio nel caso delle malattie infettive e
parassitarie, nelle quali come è noto è difficile o impossibile stabilire il
momento contagiante.
In proposito si è fatto riferimento alle linee guida
per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie di cui alla circolare Inail 23 novembre 1995, n.74.
Dette linee, adottate sulla base di un indirizzo
giurisprudenziale consolidato, si basano su due principi fondamentali:
a) deve essere considerata causa violenta di
infortunio sul lavoro anche l’azione di fattori microbici e virali che
penetrando nell’organismo umano ne determinano l’alterazione dell’equilibrio
anatomico-fisiologico, sempre che tale azione, pur se i suoi effetti si
manifestino dopo un certo tempo, sia in rapporto con lo svolgimento
dell’attività lavorativa;
b) la mancata dimostrazione dell’episodio specifico
di penetrazione nell’organismo del fattore patogeno non può ritenersi
preclusiva della ammissione alla tutela, essendo giustificato ritenere
raggiunta la prova dell’avvenuto contagio per motivi professionali quando,
anche attraverso presunzioni, si giunga a stabilire che l’evento infettante si
è verificato in relazione con l’attività lavorativa. E perché si abbia una
presunzione correttamente applicabile non occorre che i fatti su cui essa si
fonda siano tali da far apparire l’esistenza del fatto ignoto come l’unica
conseguenza possibile del fatto noto, bastando che il primo possa essere
desunto dal secondo come conseguenza ragionevole, probabile e verosimile
secondo un criterio di normalità (cosiddetta “presunzione semplice”).
Dai richiamati principi, in forza dei quali si
procede alla valutazione dei fatti allegati non può desumersi alcun automatismo
ai fini dell’ammissione a tutela dei casi denunciati.
Occorre sempre accertare la sussistenza dei fatti
noti, cioè di indizi gravi, precisi e concordanti sui quali deve fondarsi la
presunzione semplice di origine professionale, ferma restando la possibilità di
prova contraria a carico dell’Istituto.
In altri termini, la presunzione semplice che – si
ribadisce- ammette sempre la prova contraria, presuppone comunque
l’accertamento rigoroso dei fatti e delle circostanze che facciano fondatamente
desumere che il contagio sia avvenuto in occasione di lavoro (le modalità di
svolgimento dell’attività lavorativa, le indagini circa i tempi di comparsa
delle infezioni, ecc.).
In tale contesto, l’Istituto valuta tutti gli
elementi acquisiti d’ufficio, quelli forniti dal lavoratore nonché quelli
prodotti dal datore di lavoro, in sede di invio della denuncia d’infortunio
contenente tutti gli elementi utili sulle cause e circostanze dell’evento
denunciato.
Il riconoscimento dell’origine professionale del
contagio, si fonda in conclusione, su un giudizio di ragionevole probabilità ed
è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di
eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere
stati causa del contagio.
Non possono, perciò, confondersi i presupposti per
l’erogazione di un indennizzo Inail (basti pensare a un infortunio in
“occasione di lavoro” che è indennizzato anche se avvenuto per caso fortuito o
per colpa esclusiva del lavoratore), con i presupposti per la responsabilità
penale e civile che devono essere rigorosamente accertati con criteri diversi
da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni
assicurative.
In questi, infatti, oltre alla già citata rigorosa
prova del nesso di causalità, occorre anche quella dell’imputabilità quantomeno
a titolo di colpa della condotta tenuta dal datore di lavoro.
Il riconoscimento cioè del diritto alle prestazioni
da parte dell’Istituto non può assumere rilievo per sostenere l’accusa in sede
penale, considerata la vigenza del principio di presunzione di innocenza nonché
dell’onere della prova a carico del Pubblico Ministero. Così come neanche in
sede civile l’ammissione a tutela assicurativa di un evento di contagio
potrebbe rilevare ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del
datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della
colpa di quest’ultimo nella determinazione dell’evento.
La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito che
l’articolo 2087 cod. civ. non configura,
infatti, un’ipotesi di responsabilità oggettiva, essendone elemento costitutivo
la colpa, intesa quale difetto di diligenza nella predisposizione delle misure
idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore.
Né può desumersi dall’indicata disposizione un
obbligo assoluto in capo al datore di lavoro di rispettare ogni cautela
possibile e diretta ad evitare qualsiasi danno al fine di garantire così un
ambiente di lavoro a “rischio zero”, quando di per sé il pericolo di una lavorazione
o di un’attrezzatura non sia eliminabile, neanche potendosi ragionevolmente
pretendere l’adozione di strumenti atti a fronteggiare qualsiasi evenienza che
sia fonte di pericolo per l’integrità psico-fisica del lavoratore, ciò in
quanto, ove applicabile, avrebbe come conseguenza l’ascrivbilità al datore di
lavoro di qualunque evento lesivo, pur se imprevedibile ed inevitabile […];
non si può automaticamente presupporre, dal semplice verificarsi del danno,
l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate, ma è necessario,
piuttosto, che la lesione del bene tutelato derivi causalmente dalla violazione
di determinati obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti dalle
conoscenze sperimentali o tecniche in relazione al lavoro svolto (Cass. n.3282/2020).
Pertanto la responsabilità del datore di lavoro è
ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti
dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica
da COVID-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi
e regionali di cui all’articolo 1,
comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n.33.
Il rispetto delle misure di contenimento, se
sufficiente a escludere la responsabilità civile del datore di lavoro, non è
certo bastevole per invocare la mancata tutela infortunistica nei casi di
contagio da Sars-Cov-2, non essendo possibile pretendere negli ambienti di
lavoro il rischio zero. Circostanza questa che ancora una volta porta a
sottolineare l’indipendenza logico-giuridica del piano assicurativo da quello
giudiziario.
Regresso
L’attivazione dell’azione di regresso, non essendo
più subordinata alla sentenza penale di condanna dopo l’elisione da parte della
Corte Costituzionale della pregiudizialità penale, presuppone, come è noto, la
configurabilità del reato perseguibile d’ufficio a carico del datore di lavoro
o di altra persona del cui operato egli sia tenuto a rispondere a norma del
codice civile.
Pertanto, così come il giudizio di ragionevole
probabilità in tema di nesso causale, che presiede al riconoscimento delle
prestazioni assicurative in caso di contagio da malattie infettive, non è
utilizzabile in sede penale o civile, l’attivazione dell’azione di regresso da
parte dell’Istituto non può basarsi sul semplice riconoscimento dell’infezione
da Sars- Cov-2.
La Corte di Cassazione a SS.UU. ha affermato che nel
reato colposo omissivo improprio, quale è quello ipotizzabile nella
fattispecie, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi
sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve
essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica,
sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta
l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi
causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non
avrebbe avuto luogo…” e che “l’insufficienza, la contraddittorietà e
l’incertezza del nesso causale tra condotta ed evento, e cioè il ragionevole
dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante
dell’omissione dell’agente rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione
dell’evento lesivo comportano l’esito assolutorio del giudizio ( Sez. U,
n.30328, del 10 luglio 2002-dep 11 settembre 202).
L’attivazione dell’azione di regresso presuppone,
inoltre, anche l’imputabilità a titolo, quantomeno, di colpa, della condotta
causativa del danno. In assenza di una comprovata violazione, da parte del
datore di lavoro, pertanto, delle misure di contenimento del rischio di
contagio di cui ai protocolli o alle linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del
decreto-legge 16 maggio 2020, n.33, sarebbe molto arduo ipotizzare e
dimostrare la colpa del datore di lavoro.
Al fine di garantire l’omogeneità della trattazione
e una attenta gestione dell’invio delle diffide, le Avvocature territoriali
dell’Istituto avranno cura di trasmettere all’Avvocatura generale le pratiche
riguardanti possibili azioni di regresso nei casi di infortunio sul lavoro da
COVID-19, accompagnate da una breve relazione in ordine alla ricorrenza dei
presupposti richiesti.
—
(1) L’articolo 42,
del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 al comma 2 dispone:” che nei casi
accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il
medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia
telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la
relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni Inail nei casi accertati di
infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il
periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato
con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici
gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della
determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico
di cui agli articoli 19 e seguenti del decreto
Interministeriale 27 febbraio 2019.
La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici
e privati”.