Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 maggio 2020, n. 9199

Omissione contributiva, Rito del lavoro, Violazione del
termine non minore di venticinque giorni tra data di notifica dell’atto di
appello e quella dell’udienza di discussione, lmprocedibilità
dell’impugnazione, Non sussiste, Nullità della notificazione, sanabile “ex
tunc”, Spontanea costituzione dell’appellato o di rinnovazione disposta dal
giudice

 

Rilevato che

 

La Corte di appello di Napoli dichiarava
improcedibile l’appello proposto da P.I. s.p.a. avverso la sentenza di primo
grado emessa nei confronti della predetta parte, di S.R. e dell’Inps, che, in
parziale accoglimento della domanda della S., aveva accertato l’avvenuta
omissione contributiva da parte di Poste per i contributi dovuti alla
lavoratrice nel periodo dal 14/1/2000 al 1/9/2003;

la Corte d’appello, in mancanza di costituzione
della S., rilevato che la notifica del ricorso in appello a quest’ultima era
avvenuta il 19/4/2018 e all’Inps il 2/5/2018 per l’udienza di discussione
dell’8/5/2018, in difetto del rispetto del termine di cui all’art. 435 terzo comma c.p.c., e ritenuto che non
ricorressero i presupposti applicativi per la concessione di un termine ai
sensi dell’art. 291 c.p.c., anche in ragione
del principio di ragionevole durata del processo, tanto più che la nullità
della notificazione derivava da ragioni dipendenti dalla volontà della parte,
dichiarava improcedibile l’appello;

avverso la sentenza P.I. s.p.a. propone ricorso per
cassazione sulla base di due motivi, illustrati mediante memoria;

S.R. è rimasta intimata, mentre l’Inps si è
costituito con procura in calce al ricorso notificato;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata
alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio non partecipata;

 

Considerato che

 

Con il primo motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza e del
procedimento in relazione agli artt. 164 comma 2
e 435 comma 3 C.p.c.;

con il secondo motivo deduce, ex art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa
applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. e dell’art. 6 CEDU;

rileva la ricorrente che nel caso in cui, come nella
specie, la notifica non sia omessa o inesistente, il vizio di nullità della
medesima è sanabile e ne va disposta la rinnovazione ex art. 164 c.p.c. comma 2, da estendere anche al
rito del lavoro;

che i motivi di censura, da trattare congiuntamente,
sono fondati (si veda al riguardo, con ampia ed esaustiva motivazione in ordine
ai consolidati arresti giurisprudenziali sul punto, Cass. n. 9404 del
17/04/2018 : <Nel rito del lavoro, la violazione del termine non minore di
venticinque giorni che, a norma dell’art. 435,
comma 3, c.p.c., deve intercorrere tra la data di notifica dell’atto di
appello e quella dell’udienza di discussione, non comporta l’improcedibilità
dell’impugnazione, come nel caso di omessa o inesistente notificazione, bensì
la nullità di quest’ultima, sanabile “ex tunc” per effetto di
spontanea costituzione dell’appellato o di rinnovazione, disposta dal giudice
ex art. 291 c.p.c.>, conforme Cass. n. 12691
del 13/05/2019);

questa Corte ha già avuto modo di rilevare (Cass. n. 22166 del 12/09/2018) che, a fronte di
una disciplina espressa e completa che modula i tempi e i modi per ottenere la
sanatoria delle invalidità diverse dall’inesistenza della vocatio in ius, non è
ammissibile che l’interprete possa ricorrere in via autonoma ad una diversa
conformazione dei principi costituzionali di ragionevole durata o giusto
processo, attribuendo rilevanza alle giustificazioni del ritardo o al contegno
delle parti in udienza e facendo scaturire dall’invalidità effetti diversi e
più gravi (quale l’improcedibilità dell’appello) di quelli delineati dal
sistema proprio delle norme processuali;

il testo dell’art. 291
c.p.c. prevede, infatti, esclusivamente che il giudice, quale garante della
regolare instaurazione del contraddittorio, ove il convenuto non si costituisca
e ricorra un vizio di nullità della notificazione, previo rilievo del medesimo,
fissi un termine per la rinnovazione, senza che a diversa soluzione possa
giungersi, come pretenderebbe la Corte territoriale, in applicazione del
principio della ragionevole durata del processo;

in proposito la giurisprudenza di questa Corte ha
rilevato, con riferimento a diversa sanzione di improcedibilità comminata dal
giudice di merito, che “il principio del giusto processo, di cui al
richiamato art. 6 CEDU, non si
esplicita nella sola durata ragionevole dello stesso” e che “occorre
prestare altresì la massima attenzione ad evitare di sanzionare comportamenti
processuali ritenuti non improntati al valore costituzionale della ragionevole
durata del processo, a scapito degli altri valori in cui pure si sostanzia il
processo equo, quali il diritto di difesa, il diritto al contraddittorio, e, in
definitiva, il diritto ad un giudizio” (Sez. U, Sentenza n. 5700 del
12/03/2014);

non merita conferma, pertanto, l’interpretazione
formalistica della norma processuale adottata dalla Corte territoriale, che
induce a esiti pregiudizievoli in termini di diniego di accesso alla tutela
giurisdizionale;

in base alle svolte argomentazioni va accolto il
ricorso e la sentenza cassata, con rinvio al giudice del merito che si atterrà
ai principi enunciati, provvedendo anche alla liquidazione delle spese del
procedimento;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di
Napoli in diversa composizione.

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