Il principio della tempestività della contestazione disciplinare è relativo. I fatti che convergano a comporre un’unica condotta esigono una valutazione globale ed unitaria da parte del datore di lavoro. Sicché un comportamento disciplinarmente rilevante può venire contestato non subito dopo che si è verificato, ma anche unitamente al fatto ultimo da sanzionare.

 Nota a Cass. 12 maggio 2020, n. 8803

 Fabio Iacobone

Il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito va inteso in senso relativo, nel senso che: a) deve essere compatibile con un certo intervallo di tempo necessario al datore di lavoro per una valutazione unitaria delle varie inadempienze del dipendente; b) e “non esclude che fatti non tempestivamente contestati possano essere considerati quali circostanze confermative della significatività di altri addebiti (tempestivamente contestati) ai fini della valutazione della complessiva gravità, anche sotto il profilo psicologico, delle inadempienze del dipendente e della proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio dell’imprenditore, secondo un giudizio che deve essere riferito al concreto rapporto di lavoro ed al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni”.

È quanto afferma la Corte di Cassazione (12 maggio 2020, n. 8803, in parziale riforma di App. Milano 22 maggio 2018).

Nella fattispecie sottoposta all’attenzione della Corte, una lavoratrice aveva scontato in modo eccessivo, per due volte (distanziate nel tempo), alcuni beni (capi di biancheria e prodotti alimentari) per poi procedere all’acquisto dei beni così scontati.

Al riguardo, i giudici di secondo grado avevano ritenuto tardiva la contestazione relativa al primo episodio ascritto alla dipendente, essendosi verificata una eccessiva diluizione del lasso temporale, che finiva per “sacrificare soprattutto il plausibile affidamento che la lavoratrice poteva riporre sulla correttezza delle proprie condotte di servizio” e rendeva il fatto inidoneo a costituire un accadimento disciplinarmente rilevante – tanto da reputarlo “tamquam non esset” – ed espungerlo da ogni considerazione.

Come noto, però, secondo la giurisprudenza ormai pacifica, ben può tenersi conto dei “fatti storici” addebitabili al lavoratore al fine di accertare la precisa natura e consistenza del fatto immediatamente da valutare in rapporto al provvedimento di licenziamento adottato dal datore di lavoro (Cass. n. 14453/2017).

Infatti, ai fini della valutazione della complessiva gravità, anche sotto il profilo psicologico, delle inadempienze del dipendente e della proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio dell’imprenditore, “i fatti non tempestivamente contestati possono esser considerati quali circostanze confermative della significatività di altri addebiti (tempestivamente contestati)” (Cass. n. 22322/2016).

Si può pertanto tenere conto anche di precedenti disciplinari “risalenti ad oltre due anni prima del licenziamento, non ostando a tale valutazione il principio di cui all’art. 7 ultimo comma legge n. 300 del 1970″ (v. Cass. n. 14453/2017, cit.; Cass. n. 1145/2011; n. 21795/2009).

Tali considerazioni valgono anche nelle ipotesi di comportamenti disciplinarmente rilevanti contestati non subito (dopo il loro verificarsi), ma in ritardo ed “anche quando la loro contestazione sia avvenuta solo unitamente al fatto ultimo da sanzionare” (v. Cass. n. 11410/1993; Cass. n. 3835/1981).

È stato pertanto affermato che i requisiti della immediatezza e tempestività (i quali condizionano la validità del licenziamento per giusta causa) sono compatibili con un intervallo temporaneo “quando il comportamento del lavoratore consti di una serie di fatti che, convergendo a comporre un’unica condotta, esigono una valutazione globale ed unitaria da parte del datore di lavoro” (Cass. n. 4346/1987; Cass. n. 4150/1986).

Applicazione dello sconto su un bene e successivo acquisto: immediatezza relativa della contestazione
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