Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 giugno 2020, n. 10790

Percentuale d’inabilità derivata da infortunio, Liquidazione
della rendita, Aggravamento, Collocazione temporale al di fuori del decennio

 

Rilevato che

 

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 454
del 2014, ha rigettato l’impugnazione proposta da S.R. nei confronti dell’Inail
avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva rigettato il ricorso
proposto dallo stesso al fine di opporsi alla liquidazione della rendita di cui
fruiva per riduzione al tredici per cento della percentuale d’inabilità
derivata da infortunio sul lavoro occorsogli il 10 maggio 1998; la Corte
territoriale ha ricordato che il Tribunale aveva ritenuto che allo scadere del
decennio la percentuale di inabilità si era cristallizzata nella misura del
tredici per cento e che, un eventuale aggravamento, ove verificatosi, di certo
era da collocarsi temporalmente al di fuori del decennio previsto per la
stabilizzazione dei postumi dall’art. 83 d.P.R. n. 1124 del 1965;

inoltre, la Corte territoriale ha precisato che
dagli atti di causa emergeva che la rendita cristallizzata al tredici per cento
era erogata dall’Inail per l’infortunio del 10 maggio 1998 all’arto inferiore
sinistro, mentre nessuna rendita risultava essere stata erogata per
l’infortunio del 16 marzo 1995 , (trauma del gomito sinistro) e la relazione
del c.t.u. dottor R., acquisita nel corso del giudizio di primo grado, aveva
confermato che da tale infortunio non era derivata alcuna percentuale di
inabilità permanente; peraltro, la sentenza del Tribunale n. 457 del 2008,
passata in giudicato tra le parti, aveva condiviso le risultanze della
consulenza del 15 giugno 2007 ed i successivi chiarimenti del 1..2.2008,
espletata dal dottor M.B., che espressamente riferiva non essere residuato
alcun postumo rilevante;

infine, anche la c.t.u. del dottor R., resa in seno
al giudizio di primo grado e depositata il 28 febbraio 2013, aveva accertato
che sino al 18 maggio 2010 la situazione era sovrapponibile a quella già
accertata ed un leggero aggravamento della funzionalità dell’arto sinistro era
sopravvenuto solo successivamente al decennio;

avverso tale sentenza, ricorre per cassazione S.R.
sulla base di sei motivi;

l’Inail resiste con controricorso;

il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte con le
quali ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto del
ricorso;

 

considerato che

 

con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi
dell’art. 360, primo comma n. 5, c.p.c, omesso
esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti che si ravvisano
nella erogazione della rendita Inail nella percentuale commisurata al 13%,
nell’ambito dell’ultima visita di revisione del febbraio 2010, in relazione
all’infortunio all’arto inferiore sinistro con esclusione di accertamento di
inabilità derivante dall’infortunio del 16 marzo 1995 ( trauma gomito sinistro)
che invece sarebbe stata accertata, unitamente ad i postumi dell’infortunio al
ginocchio sinistro occorso nel 1998, da una c.t.u. (dottoressa B. del 16 giugno
2000) resa nel giudizio iscritto al n. r.g. 4104/1999, definito dal Tribunale
di Firenze con sentenza n. 776/2000 con il riconoscimento di inabilità complessiva
nella misura dell’11% dal gennaio 2000; la Corte d’appello, con sentenza n. 543
del 2001, aveva confermato tale sentenza;

con il secondo motivo, si denuncia omesso esame
circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra
le parti (art. 360, primo comma n. 5, c.p.c.) e
violazione degli artt. 445 cod. proc. civ., 149 disp. att. cod. proc. civ. ( art. 360, primo comma n. 3, c.p.c.) e ciò in
quanto la sentenza impugnata erroneamente aveva rilevato che la sentenza del
Tribunale di Firenze n. 457 del 2008 aveva accertato l’insussistenza di postumi
inabilitanti a seguito dell’infortunio del 1995, posto che il quesito posto al
c.t.u. dottor B. era riferito solo all’aggravamento dei postumi dell’infortunio
del 1998;

con il terzo motivo di ricorso, si deduce la
nullità, ai sensi dell’art. 360, primo comma n.4,
c.p.c., della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. laddove si era affermato
che l’esame ecografico al gomito sinistro, eseguito il 18 maggio 2010, aveva
registrato un miglioramento rispetto alla c.t.u. del 2007-2008; tale
affermazione, ad avviso del ricorrente, si presenterebbe priva dei requisiti
minimi di logica e coerenza e, quindi, realizzerebbe una motivazione apparente
e tautologica;

con il quarto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma n.4, c.p.c., si deduce
nuovamente la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’affermazione
secondo cui la tesi dell’appellante sarebbe stata incentrata sull’aggravamento
dell’infortunio del 1995, posto che tale affermazione sarebbe del tutto priva
di logica e coerenza con riguardo all’oggetto della domanda che non aveva per
nulla messo al centro dell’opposizione l’aggravamento dei postumi riferiti
all’anno 1995, ma aveva sollecitato la considerazione dell’aggravamento di
entrambi gli infortuni considerati complessivamente e senza che l’uno
prevalesse sull’altro; con il quinto motivo, si denuncia, cumulativamente,: a)
ai sensi dell’art. 360, primo comma n.4, c.p.c.,
violazione dell’art. 132 c.p.c., in ragione
dell’affermazione -priva di riscontro nella c.t.u. espletata- dell’assenza di
prova del fatto che prima del decennio (scaduto l’1.1.2010) fosse stata
superata la soglia del 15% di cui all’art. 75 t.u. n. 1124 del 1965;
b) ai sensi dell’art. 360, primo comma n.5, c.p.c.,
per l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti che si
individuano negli esiti della esperita c.t.u. per la parte in cui è determinata
una inabilità stimabile nel 16% complessivo a partire dal mese di gennaio 2010;

con il sesto motivo, si denuncia la violazione e
falsa applicazione dell’art.
85 t.u. n. 1124 del 1965 e dell’art. 112
cod.proc.civ. in relazione alla circostanza che la sentenza impugnata aveva
apoditticamente ritenuto insussistente il superamento della soglia del 15% di
inabilità assumendo quale data di riferimento quella dell’ultima visita
dell’INAIL del 26 gennaio 2010, con ciò lasciando intendere che tale data
dovrebbe rilevare per la verifica della corretta applicazione dell’art. 83 d.p.r. n. 1124 del 1965,
laddove la giurisprudenza di legittimità ha indicato la data di costituzione
della rendita ( gennaio 2000 nel caso di specie) quale momento di inizio della
decorrenza del termine decennale;

i motivi, connessi e da trattare congiuntamente,
sono infondati;

è opportuno, in via preliminare, ricordare che la
sentenza impugnata ha ritenuto: a) l’infondatezza della domanda con la quale
S.R. si è opposto alla comunicazione dell’INAIL del 25 febbraio 2010 di
conferma della percentuale di inabilità del 13% e quindi di liquidazione della
rendita in capitale per infortunio; b) che tutte le comunicazioni dell’INAIL in
atti confermavano che la rendita fruita dal Rascionato era commisurata al 13%
per il caso del maggio 1998 e cioè per l’infortunio all’arto inferiore
sinistro; c) nessuna rendita era stata erogata per l’infortunio del 16 marzo
1995 e la c.t.u. del dottor R., acquisita dal primo giudice, aveva dimostrato
che non era mai stata attribuita alcuna percentuale di inabilità permanente
relativamente a tale evento; d) dalla relazione di c.t.u. espletata in primo
grado, alla pagina 22, era stato evidenziato che la situazione dell’arto
sinistro, emergente da una ecografia del 18 maggio 2010, si presentava
sovrapponibile ( ed anzi lievemente migliorata) rispetto alle valutazioni fatte
dal precedente c.t.u. del 2007-2008; e) se, dunque, un lieve peggioramento
della situazione dell’arto superiore sinistro vi era stata quanto a dolorabilità
e funzionalità, doveva essersi verificato successivamente al maggio 2010,
quindi oltre lo scadere del decennio ( 1.1.2010);

in sostanza, la sentenza ha fondato la propria
decisione sul convincimento  che nessun
aggravamento si era verificato nella complessiva condizione del R. nell’arco
del decennio intercorso tra il 1.1.2000 ed il 1.1.2010 e ciò in quanto, dalle
consulenze espletate nel corso del 
precedente giudizio deciso con sentenza del tribunale n. 457 del 2008,
era rimasto accertato che la percentuale del 13% era esclusivamente ricollegata
all’infortunio del 1998, mentre dall’infortunio del 1995 non era residuato
alcun danno funzionale e dunque alcuna percentuale di inabilità; tale tessuto
motivazionale, in primo luogo, per la evidente consequenzialità delle
affermazioni che lo sorreggono non soffre di alcuna nullità per apparenza della
motivazione come denunciato dal ricorrente; è pure evidente che, a fronte di
tale ratio della decisione, non assume alcun rilievo il fatto che la rendita
costituita a seguito della sentenza n. 776 del 2000 fosse basata sulla
considerazione anche dei postumi derivanti dall’infortunio del 1995, perché
tale circostanza non è idonea a modificare il giudizio, riservato all’esclusivo
apprezzamento del giudice di merito, sulle effettive condizioni sanitarie del
ricorrente cui è giunta la Corte d’appello; peraltro, va ricordato che (Cass. n. 1497 del 22/01/2018; Cass. n. 21082 del
2013) il “dies a quo” del termine di dieci anni previsto dall’art. 83, comma 8, del d.P.R. n.
1124 del 1965, entro il quale può procedersi, a domanda dell’assicurato o
per disposizione dell’istituto assicuratore, alla revisione della rendita, è
costituito dalla data di maturazione del diritto alla prestazione, e non già da
quella del provvedimento di liquidazione o di inizio della materiale
corresponsione della rendita, posto che l’atto formale ha natura meramente
dichiarativa e ricognitiva; dunque, nel caso di specie, è evidente che, decorso
il decennio da quando fu maturato il diritto (diritto che maturò dal 1.1.2000,
su accertamento giudiziale ed in ragione del sommarsi dei postumi relativi ai
due infortuni) ed a prescindere dagli apporti causali dei medesimi, in difetto
di prova di un aggravamento entro tale termine, si è verificato il definitivo
consolidarsi della inabilità nella misura del 13%;

da ultimo, va osservato che non integra il vizio di
cui all’art. 360, primo comma n. 5, c.p.c., la
circostanza che la sentenza impugnata abbia ritenuto insussistente la prova del
raggiungimento del 16% di inabilità alla data del 1.1.2010, non considerando le
conclusioni rassegnate dal c.t.u. prof. R. che si riferivano al 1.2.2010;

in particolare, non è denunciata l’ omissione della
valutazione di un fatto principale o secondario e decisivo per il giudizio, ma
solo l’espressione di una opinione diversa da quella che, ad avviso del
ricorrente, si trarrebbe dalle conclusioni della c.t.u. di primo grado, per cui
il motivo è del tutto estraneo al vizio tipico denunciato, posto che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato
dall’art. 54 del d.l. n. 83 del
2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del
2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per
cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o
secondario (Cass. SS.UU. nn. 8053, 8054 del 2014;
Cass. n. 27415 del 2018); qualora, poi, nella prospettazione del ricorrente, si
intenda denunciare che la sentenza impugnata sia caduta in una erronea ed
inspiegata valutazione degli elementi addotti dal consulente sulla
individuazione del tempo in cui fu raggiunta la percentuale del 16% di
inabilità, deve ricordarsi che il ricorso per cassazione, fondato
sull’affermazione che il giudice di merito abbia travisato le risultanze della
consulenza tecnica, è inammissibile, configurando un’ipotesi di travisamento
dei fatti processuali contro cui è esperibile solo il rimedio della
revocazione, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.
(Cass. 17 maggio 2012, n. 7772; Cass. n. 3867 del 2019);

in definitiva, il ricorso va rigettato e le spese
seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00
per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi ed oltre spese generali nella
misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello
stesso art. 13, comma 1 bis,
ove dovuto.

 

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 giugno 2020, n. 10790
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