L’ordine di reintegrazione nel posto di lavoro emanato dal giudice nel sanzionare un licenziamento illegittimo esige che il lavoratore sia in ogni caso ricollocato nel luogo e nelle mansioni originarie, salva la facoltà per il datore di lavoro di disporne il trasferimento ad altra unità produttiva laddove ne ricorrano le condizioni tecniche, organizzative e produttive (Cass. ord. n. 9297/2020 e Cass. n. 11927/2013). È necessario il consenso del lavoratore per l’assegnazione a mansioni inferiori con “modalità garantite”. L’art. 2103, co. 6, c.c. dispone, infatti, che presso le “sedi di cui all’articolo 2113, quarto comma (giudice, ITL, sede sindacale, collegio di conciliazione ed arbitrato irrituale), o avanti alle commissioni di certificazione, possono essere stipulati accordi individuali (dunque previo consenso del lavoratore) di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro”.
Reintegrazione, adibizione a mansioni inferiori e consenso