Gli avvocati residenti in uno Stato estero non aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo non possono avvalersi del forfetario.
Nota a AdE Risposta 24 aprile 2020, n. 119
Francesco Palladino
Un avvocato residente all’estero che svolge la propria professione in Italia non può fruire del regime forfetario laddove lo Stato in cui esso risiede, pur appartenendo ai paesi dell’Associazione europea di libero scambio (“EFTA”), non fa parte dello Spazio economico europeo (“SEE”).
L’Agenzia delle entrate, con la Risposta n. 119 del 24 aprile 2020, ha così chiarito il dubbio di un avvocato residente all’estero che si domandava se integrasse o meno la disposizione di cui all’art. 1, co. 54, della L. n. 190/2014. Essa inibisce l’accesso al regime forfetario ai “soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto”.
Lo Spazio Economico Europeo (SEE) è stato istituito nel 1994 allo scopo di estendere le disposizioni applicate dall’Unione europea al proprio mercato interno ai paesi dell’Associazione europea di libero scambio (European Free Trade Area – EFTA). Quest’ultima è un’organizzazione che promuove il libero scambio e l’integrazione economica tra gli Stati partecipanti che attualmente sono la Norvegia, l’Islanda, il Liechtenstein e la Svizzera, che, però, ha deciso di non aderire al SEE.
Nel caso di specie, l’istante dovrebbe risultare residente in Svizzera; nella risposta, con riferimento allo Stato di residenza dell’istante, si legge che questo Stato “… pur appartenendo all’EFTA, diversamente dagli altri Stati membri della predetta Associazione, non fa parte dello SEE, non avendo sottoscritto il relativo accordo”.
Per l’Agenzia il problema se un soggetto non residente possa o meno essere considerato nella medesima situazione di un soggetto residente è stato risolto dal legislatore che lo ha escluso. Non si pone qui una questione di parità di trattamento: essa è rispettata solo in relazione ai contribuenti residenti in un Paese dell’Unione Europea ovvero in uno dello Spazio Economico Europeo, collaborativo ai fini dello scambio delle informazioni che produca in Italia la maggior parte del proprio reddito. Questa condizione sussiste quando si realizza in Italia il 75% del proprio reddito (in senso conforme si veda anche la Risposta dell’Agenzia delle entrate 15 aprile 2020, n. 106).