Qualora la procedura selettiva per il conferimento di un incarico quinquennale di direzione di struttura complessa non venga correttamente attuata dall’azienda sanitaria, la lesione dell’interesse legittimo di diritto privato che sorge in capo a ciascun candidato è emendabile, alternativamente, con la ripetizione delle operazioni selettive ovvero con il risarcimento del danno da perdita di chance.

Nota a Trib. Monza 20 maggio 2020, n. 59

Maria Novella Bettini

Il conferimento del secondo livello del ruolo sanitario, ai sensi del D.LGS. n. 502/1992, art. 15, co. 7 bis (incarico quinquennale di direzione di struttura complessa), “non ha carattere concorsuale essendo demandato ad apposita commissione solo il compito di predisporre un elenco di candidati idonei da sottoporre al direttore generale, il cui atto di conferimento ha natura negoziale di diritto privato che si fonda su una scelta di carattere essenzialmente fiduciario, affidata alla sua responsabilità manageriale”

Tuttavia, sebbene nel pubblico impiego gli atti gestionali del rapporto di lavoro da parte della PA, fra cui rientra il conferimento di incarichi dirigenziali, debbano essere valutati secondo i medesimi parametri dell’impiego privato, ossia come atti negoziali assunti dalla PA con la capacità ed i poteri del datore di lavoro privato cui si applicano le norme del codici civile: a) la scelta discrezionale del datore di lavoro è comunque vincolata al rispetto dei principi di imparzialità e di buon andamento della PA (art. 97 Cost.), della correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.) nonché dell’art. 19, D.LGS. n. 165/2001; b) la PA è tenuta “ad esternare le ragioni giustificatrici delle proprie scelte) (v. Cass. SU n. 21671/2013); c) le situazioni soggettive del dipendente “possono definirsi in termini di interessi legittimi di diritto privato, come tali pur sempre rientranti nella categoria dei diritti di cui all’art. 2907 c.c. e quindi suscettibili di tutela anche in forma risarcitoria”, con giurisdizione del giudice ordinario (così, Cass. n 18972/2015 e Cass. n. 7595/2015; v. anche Corte Cost. nn. 11/2002 e 275/2001; Cass. SU n. 21744/2009).

Questi, gli importanti principi affermati dal Tribunale di Monza 20 maggio 2020, n. 59 (conforme all’orientamento consolidato della Cassazione – v. Cass. n. 15764/2011 e Cass. n. 5922/2008) in merito alla controversia concernente la procedura selettiva relativa al conferimento di un incarico quinquennale di direzione di struttura complessa (“Chirurgia toracica”, afferente al Dipartimento Cardio Toraco Vascolare, con delibera del Direttore generale n. 542/2017 di indizione dell’avviso pubblico).

Nel dettaglio, veniva contestato il corretto svolgimento della procedura selettiva e la nomina, quale miglior candidato nella terna degli idonei, di un soggetto privo di un requisito di ammissione e, segnatamente, dell’anzianità di servizio decennale nella disciplina di cui all’incarico dirigenziale da conferire. Ciò, a fronte di un avviso pubblico in cui era stato stabilito che l’incarico fosse conferito dal Direttore generale nell’ambito di una rosa di 3 candidati risultanti idonei in seguito a selezione di apposita Commissione di valutazione, sulla base del miglior punteggio attribuito; in caso di nomina di un candidato privo del “miglior punteggio”, il Direttore era tenuto a specificare analiticamente i motivi della sua scelta pubblicandoli sul sito web aziendale. Dopodiché, poteva anche scegliere uno dei candidati che non avevano conseguito il miglior punteggio.

Il Tribunale, ha riscontrato una lesione dell’interesse dei candidati esclusi allo svolgimento della procedura nel rispetto delle regole sancite dall’avviso, dei principi di correttezza e buona fede.

In particolare, il candidato prescelto non possedeva la richiesta anzianità di 7 anni di servizio, di cui 5 nella disciplina di chirurgia toracica o in disciplina equivalente, e specializzazione nella medesima disciplina (toracica) o in una disciplina equivalente ovvero anzianità di servizio di 10 anni nella disciplina (toracica) (v. art. 5, co.1, lett. b), DPR n. 484/1997).

Nello specifico, egli era specializzato in Cardiochirurgia, per cui, per partecipare al bando, avrebbe dovuto avere 10 anni di anzianità di servizio in Chirurgia toracica. Tuttavia, egli non possedeva tale ultimo requisito poiché, nel periodo di anzianità dichiarato, stava svolgendo, a tempo pieno, il quinquennio della Scuola di specializzazione in Cardiochirurgia presso l’Università (G. D’Annunzio di Chieti); il che era inconciliabile con l’attività prestata presso le strutture ospedaliere di Malta (in qualità di dirigente di primo livello e in una disciplina – Chirurgia toracica- diversa da quella della specializzazione – Cardiochirurgia). In sintesi, dunque, il candidato nominato direttore di UOC non aveva conseguito l’anzianità di servizio minima richiesta dal bando, sia perché non poteva computarsi a tal fine il periodo svolto durante il periodo di specializzazione, essendo questo un periodo di formazione e non di lavoro, sia perché l’azienda non aveva verificato l’effettività del periodo di lavoro asseritamente svolto all’estero e allegato dal candidato.

Come noto, con riguardo all’anzianità, è “valutato il servizio non di ruolo o titolo di incarico, di supplenza o in qualità di straordinario, ad esclusione di quello prestato con qualifiche di volontario, di precario, di borsista o similari…” (art. 10, DPR. n. 487/1997).

Inoltre, ai sensi dell’art. 37, co.1, D.LGS. n. 368/1999, “all’atto dell’iscrizione alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, il medico stipula uno specifico contratto annuale di formazione specialistica… Il contratto è finalizzato esclusivamente all’acquisizione delle capacità professionali inerenti al titolo di specialistica, mediante la frequenza programmata delle attività didattiche formali e lo svolgimento di attività assistenziali funzionali alla progressiva acquisizione delle competenze… Il contratto non dà in alcun modo diritto all’accesso ai ruoli del Servizio sanitario nazionale e dell’Università o ad alcun rapporto di lavoro con gli enti predetti”.

Il successivo art. 38 co.2 e 3 (Decreto cit.) prevede poi che il medico, con la sottoscrizione del contratto di formazione specialistica “si impegna a seguire, con profitto, il programma di formazione, svolgendo le attività teoriche e pratiche previste dagli ordinamenti didattici determinati secondo la normativa vigente in materia…ogni attività formativa e assistenziale dei medici in formazione specialistica si svolge sotto la guida di tutori…in nessun caso l’attività del medico di formazione specialistica è sostitutiva del personale di ruolo”. E la formazione specialistica dei medici ammessi alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia si svolge a tempo pieno (art. 34, Decreto cit.).

Ai fini dell’anzianità per l’accesso ai ruoli del SSN, il tempo della formazione specialistica non è dunque computabile, poiché, come rileva il Tribunale, è assimilabile al servizio del “borsista o similari” escluso dal citato art. 10, DPR. n. 484/1997, trattandosi di un periodo “puramente formativo nel quale l’attività pratica ha natura meramente assistenziale e viene svolta sotto la vigilanza di tutori professionali, senza mai assumere una funzione sostitutiva del personale di ruolo”.

Secondo i giudici, l’azienda sanitaria, nell’ottica di garantire il buon andamento dell’amministrazione in funzione della tutela di beni primari, come quello della salute (art. 32 Cost.), avrebbe dovuto verificare scrupolosamente, quale requisito indispensabile per partecipare alla selezione, l’effettiva sussistenza dell’anzianità di servizio nella specifica disciplina oggetto dell’incarico da conferire e, una volta riscontratane la mancanza, escludere il medico concorrente dalla procedura selettiva.

L’amministrazione è pertanto incorsa in una violazione di legge, oltre che dei principi di correttezza e buna fede – artt. 1175 e 1375 c.c.- di d’imparzialità e buon andamento della PA ex art. 97 Cost.

Emblematica al riguardo la sentenza della Cassazione richiamata dai giudici secondo la quale, “a fronte dell’obbligo contrattuale dell’azienda sanitaria di procedere alla valutazione dei requisiti di ammissione e, quindi, comparativa dei titoli e delle capacità professionali dei partecipanti alla selezione, sorge in capo a ciascun candidato una posizione soggettiva di credito qualificabile come interesse legittimo di diritto privato, per cui, ove la procedura non venga correttamente attuata dal datore di lavoro, si configura una lesione di tale prerogativa creditoria, emendabile, alternativamente in forma specifica, mediante l’azione di esatto adempimento, volta ad ottenere la ripetizione delle operazioni selettive, o per equivalente, con l’azione di risarcimento del danno da perdita di chances di conseguire l’incarico, non soggetta a decadenza” (v. Cass. n. 268/2019 e n. 4436/2018).

In questa linea, sull’azienda grava una responsabilità risarcitoria nei confronti dei ricorrenti per il danno da perdita di chance di conseguimento dell’incarico quinquennale di direzione di struttura complessa in quanto entrambi erano stati selezionati dalla Commissione nella terna degli idonei da sottoporre al Direttore generale ed erano perciò “titolari di una qualificata probabilità di conseguire l’incarico”.

La chance persa è stata valutata, per un candidato, sotto il profilo del mancato risparmio di oneri di spesa e di disagi logistici determinati dalla lesione dell’opportunità di avvicinamento alla propria residenza familiare milanese, con risparmio dei costi mensili di spostamento e alloggio (essendo egli già direttore di struttura complessa non vi era prova di pregiudizi reddituali e professionali apprezzabili); e, per l’altro candidato, per l’aspetto del mancato avanzamento professionale, essendo egli direttore di struttura semplice e vice direttore della struttura complessa di Chirurgia Toracica.

Le somme riconosciute sono state, rispettivamente, di euro 25.000 e di euro 10.000, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali.

Dirigente medico: incarico di secondo livello in mancanza dell’anzianità richiesta e risarcimento del danno per perdita di chance (Trib. Monza 20 maggio 2020, n. 59)
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