Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 giugno 2020, n. 12030

Ipotesi di trasferimento di servizi tra operatori
dell’attività di assistenza a terra in materia aeroportuale, Obbligo,
derivante dalla contrattazione, a carico dell’impresa subentrante, di assumere
il personale in forza presso la precedente aggiudicataria, Condizioni previste
dall’accordo sindacale, Azione per l’accertamento e la dichiarazione del
diritto di assunzione del lavoratore non assoggettata al termine di decadenza

 

Fatti di causa

 

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza n.
2118/2017, in riforma della sentenza del Giudice del lavoro del locale
Tribunale, accertava il diritto di J.R. al trasferimento del rapporto di lavoro
in essere con W.G.I. s.r.l. alla società appellata A.H. s.p.a. con decorrenza
dal 20 giugno 2016, con mansioni di operatore unico aeroportuale presso lo
scalo di Milano Linate, inquadramento nel quinto livello e retribuzione globale
di euro 1.900,08 mensili. Condannava altresì la società alla riammissione in
servizio dell’appellante e al pagamento delle retribuzioni medio tempore
maturate dalla data del trasferimento del rapporto di lavoro (20 giugno 2016)
all’effettiva riammissione, oltre interessi e rivalutazione monetaria, detratto
quanto percepito dall’altro datore di lavoro nel medesimo periodo, pari ad euro
22.145,84.

2. La Corte di appello innanzitutto condivideva le
censure dell’appellante in merito alla statuizione con cui il primo giudice
aveva accolto l’eccezione di decadenza proposta dalla difesa della società.
Osservava che il diritto azionato derivava dalla cosiddetta clausola sociale
prevista dall’art. 25 parte generale e dall’art. H37 parte specifica C.C.N.L.
di settore nell’ipotesi di trasferimento dei servizi tra operatori
dell’attività di assistenza a terra e che pertanto, non solo non si verteva in
un caso di trasferimento di azienda, rientrante nella lettera c) dello stesso art. 32 comma 4 della legge n. 183
del 2010, ma neppure nella previsione di cui alla lett. d) della stessa
norma. Precisava che il lavoratore non aveva rivendicato un rapporto di lavoro
alle dipendenze di un soggetto diverso, ma aveva invocato l’obbligo, derivante
alla contrattazione collettiva a carico dell’impresa subentrante, di assumere
ex novo, a certe specifiche condizioni, il personale in forza presso il
precedente aggiudicatario dell’appalto.

3. Quanto al merito, la Corte osservava che non era
contestato in giudizio che l’appellata fosse subentrata alla datrice di lavoro
dell’appellante negli appalti di servizi di assistenza a terra, né che il
lavoratore vi fosse addetto con l’inquadramento e la retribuzione indicata nel
ricorso, né infine che la convenuta non fosse tenuta al rispetto della c.d.
clausola sociale (richiamata comunque espressamente negli accordi sindacali del
giugno 2016). Rilevava che la società appellata aveva assunto solo in minima
parte i cinquanta lavoratori che avrebbe dovuto assumere secondo l’accordo
sindacale, a fronte degli ottantaquattro addetti nei servizi di assistenza a
terra, e non aveva mai indicato in che modo avesse applicato i criteri
oggettivi indicati all’art. H37 parte specifica C.C.N.L. di settore.
Considerava che la società si era limitata ad affermare che il passaggio degli addetti
era stato così ridotto, in quanto i dipendenti della precedente società
appaltatrice, interpellati sul punto, avevano rinunziato all’assunzione presso
la nuova aggiudicataria e che, con riguardo all’appellante, “tale decisiva
circostanza” non era stata provata in giudizio dalla società, sulla quale
incombeva il relativo onere probatorio, trattandosi di fatto modificativo o
estintivo del diritto azionato.

4. Per la cassazione di tale sentenza la società
A.H. s.p.a. ha proposto ricorso affidato a cinque motivi.

5. R.J. è rimasto intimato.

6. La società ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

 

Ragioni della decisione

 

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 32, comma
4, della legge n. 183 del 2010 e art. 12
Preleggi (art. 360, primo comma, n. 3 cod.
proc. civ.), nella parte in cui la sentenza ha ritenuto non applicabile la
disciplina della decadenza alla fattispecie in esame.

1.1. Oggetto della domanda era la costituzione di un
rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di un soggetto giuridico diverso
dal titolare del contratto, ragion per cui avrebbe dovuto trovare piena
applicazione il regime della decadenza previsto dal c.d. Collegato lavoro, che
riguarda ogni caso in cui si chieda la costituzione o l’accertamento del
rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e
falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
(art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.)
per contestare l’affermazione secondo cui la società A.H. non aveva provato il
rifiuto opposto dal lavoratore appellante all’assunzione, circostanza invece
pacifica in giudizio.

2.1. Lo stesso ricorrente aveva affermato che la
convenuta, durante le trattative, aveva cercato di assumere direttamente e
unilateralmente i lavoratori interessati al passaggio, tramite accordi
individuali. Anche la convenuta, sia in primo che in secondo grado, aveva
allegato che il R. aveva ricevuto il telegramma e rifiutato la proposta di
assunzione allo stesso formulata.

3. Il terzo motivo denuncia omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.), per
avere la sentenza trascurato di considerare che la società WFS non aveva
licenziato il R., per cui mancava uno dei presupposti richiesti per il
perfezionamento della fattispecie in esame.

3.1. La costituzione di un rapporto di lavoro alle
dipendenze dell’operatore subentrante si innesta nel solco della fattispecie
complessa che presuppone la cessazione del rapporto di lavoro alle dipendenze
del precedente operatore per effetto del recesso datoriale, presupposti
insussistenti nella specie.

4. Il quarto motivo denuncia omesso esame di un
fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti
(art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.)
per non avere la sentenza esaminato il contenuto dell’accordo intercorso tra la
società e le OO.SS. in merito alle condizioni alle quali sarebbe dovuta
avvenire l’assunzione.

4.1. Le parti avevano concordato le modalità e le
condizioni di assunzione dei dipendenti che sarebbero stati assunti
dall’impresa subentrante, prevedendo una diversa parametrazione del livello di
inquadramento e dell’orario di lavoro e le modalità di riconoscimento dei
livelli retributivi in precedenza goduti. Il personale inquadrato nel quarto
livello sarebbe stato assunto con il riconoscimento del quinto livello e i
dipendenti inquadrati nel terzo livello sarebbero stati assunti con il quarto.
Il personale part-time al 62% (come il R.) sarebbe stato riproporzionato al
60%.

5. Con il quinto motivo si denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 2056 e 1223 cod. civ. (art.
360, primo comma, cod. proc. civ.) per avere la Corte di appello
erroneamente condannato la società ricorrente al pagamento delle retribuzioni
medio tempore maturate dal lavoratore con riferimento al medesimo periodo in
cui il R. aveva continuato a lavorare alle dipendenze della WFS.

5.1. Null’altro poteva rivendicare il lavoratore
dalla società subentrante, avendo già percepito gli emolumenti spettanti. A
tutto voler concedere, la società avrebbe dovuto assumerlo alle condizioni
concordate con le organizzazioni sindacali.

6. Il ricorso è infondato.

7. Quanto al primo motivo, va premesso che la
fattispecie in esame riguarda un’ipotesi di trasferimento di servizi tra
operatori dell’attività di assistenza a terra in materia aeroportuale. Con
accertamento in fatto, neppure contestato, la Corte di appello ha escluso,
sulla base dell’interpretazione degli atti, che si vertesse in un’ipotesi di
trasferimento di azienda. Ha poi ritenuto che la fattispecie non potesse
neppure essere ricondotta nell’alveo applicativo di cui all’art. 32, comma 4 lett. d) della
legge n. 183 del 2010, in quanto il lavoratore non aveva contestato la
legittimità del rapporto di lavoro con W.G.I. s.p.a., né aveva denunciato un
fenomeno interpositorio, ma aveva invocato l’obbligo, derivante dalla
contrattazione collettiva, a carico dell’impresa subentrante nel servizio, di
assumere, alle condizioni previste dall’accordo sindacale, il personale in
forza presso la precedente aggiudicataria del servizio.

7.1. Innanzitutto, trattandosi di una limitazione
temporale per l’esercizio dell’azione giudiziaria, la norma oggetto di esame ha
carattere di eccezionalità, per cui si impone un’interpretazione
particolarmente rigorosa della fattispecie di chiusura prevista alla lettera d)
dell’art. 32, comma 4,
citato.

7.2. In caso del passaggio, con nuova assunzione,
dei lavoratori dal precedente datore di lavoro, appaltatore di servizi, al
diverso datore di lavoro nuovo appaltatore, il lavoratore non rivendica un
rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal “titolare del
rapporto”, come recita la norma oggetto di esame, perché il lavoratore non
pone in discussione la legittimità o la validità del precedente rapporto né la
validità della sua cessazione o della sua modificazione. Quando non si è in
presenza di alcuna azione diretta a contrastare fenomeni interpositori o
comunque di contitolarità del rapporto di lavoro, ma si tratta di un semplice
avvicendamento previsto da accordi collettivi, in presenza di specifiche
condizioni, con l’obbligo dell’impresa subentrante di assumere ex novo il
personale in forza presso l’impresa cessante, non trova applicazione la regole
dettate dall’art. 32, comma 4,
lett. d) citato.

Nell’ipotesi di cambio di gestione dell’appalto con
passaggio dei lavoratori all’impresa nuova aggiudicatrice, la conseguente
azione per l’accertamento e la dichiarazione del diritto di assunzione del
lavoratore presso l’azienda subentrante non è assoggettata al termine di
decadenza di cui all’art. 32
della I. n. 183 del 2010, non rientrando nella fattispecie di cui alla
lett. c), riferita ai soli casi di trasferimento d’azienda, né in quella di cui
alla lett. d) del medesimo articolo; l’art. 32 citato presuppone,
infatti, non il semplice avvicendamento nella gestione, ma l’opposizione del
lavoratore ad atti posti in essere dal datore di lavoro dei quali si invochi
l’illegittimità o l’invalidità con azioni

dirette a richiedere il ripristino del rapporto nei
termini precedenti, anche in capo al soggetto che si sostituisce al precedente
datore, o ancora, la domanda di accertamento del rapporto in capo al reale
datore, fondata sulla natura fraudolenta del contratto formale.

Correttamente, dunque la Corte territoriale ha
ritenuto riconducibile la fattispecie nell’alveo dei principi di cui a Cass. n.
13179 del 2017 (conf. Cass. n. 13648 del 2019).

8. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto non
può ritenersi coerente e pertinente al decisum, con particolare riguardo al
fatto ritenuto decisivo dalla Corte territoriale.

8.1. Difatti, mentre la circostanza che parte
ricorrente ritiene pacifica attiene ad un’offerta di assunzione, non meglio
precisata, che sarebbe stata prospettata al lavoratore nel contesto di
trattative individuali intercorse tra le parti, deve viceversa ritenersi che il
fatto decisivo cui allude la sentenza impugnata (pag. 6 sent.), ritenuto non
dimostrato da parte convenuta, fosse riferito ad una proposta di assunzione
conforme ai termini dell’accordo sindacale. Il nucleo fondamentale su cui la
sentenza si fonda è appunto costituito dal riconoscimento della violazione
delle disposizioni contrattuali che regolano l’attivazione della c.d. clausola
sociale nell’ipotesi di passaggio dei servizi di assistenza a terra da un
operatore all’altro.

L’articolazione del passaggio motivazionale che ha
interessato tale punto rende evidente che, non avendo l’appellante mai eccepito
di non essere tenuta al rispetto della c.d. clausola sociale (cui comunque era
tenuta, secondo l’accertamento di fatto compiuto nella sentenza impugnata), la
mancata assunzione del numero complessivo dei lavoratori interessati dalla
procedura presupponeva una proposta conforme ai termini dell’accordo e non una
qualsivoglia proposta difforme, la quale non avrebbe avuto l’effetto
liberatorio per coloro che non l’avessero accettata, come l’attuale resistente.

8.2. Di conseguenza, la circostanza decisiva non può
che essere costituita dal rifiuto di una proposta conforme all’accordo, della
cui esistenza la società – – che vi era onerata – non aveva fornito la prova in
giudizio, come riferito dalla Corte territoriale.

9. Il terzo motivo è infondato.

9.1. Nel caso in cui, in forza di un accordo
collettivo, sia previsto un sistema di procedure idonee a consentire
l’assunzione dei lavoratori alle dipendenze dell’impresa subentrante in un
appalto, la tutela nei confronti dei datore di lavoro cessionario si aggiunge a
quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro
cedente (cfr. Cass. n. 29922 del 2018, v. pure Cass.
n. 12613 del 2007, 4166 del 2006). In altri
termini, la domanda svolta da un lavoratore nei confronti dell’impresa
subentrante per far valere i diritti derivanti dalle previsioni contrattuali
che prevedano determinate garanzie di assunzione resta del tutto autonoma da
eventuali impugnative che lo stesso lavoratore possa proporre nei confronti
della ex datrice di lavoro, precedente appaltatrice del servizio.

10. Il quarto motivo è inammissibile, in quanto
investe interpretazione delle clausole contrattuali operata dalla Corte
territoriale senza tuttavia entrare nella disamina delle stesse clausole, che
non vengono neppure trascritte. Né è dedotta la violazione dei canoni di
ermeneutica sotto il profilo della violazione di legge.

10.1. Sin dalla più risalente giurisprudenza della
Corte, poi costantemente ribadita, è stato affermato che, ove si censuri
l’interpretazione di una norma contrattuale, il ricorrente è tenuto a riportare
nel ricorso per cassazione il testo della regolamentazione pattizia del
rapporto diversamente non ponendosi il giudice di legittimità in condizione di
svolgere il suo compito istituzionale e dandosi luogo all’inammissibilità del
motivo ex art. 366 nn. 3 e 4 cod. proc. civ.
(cfr. tra le tante, Cass. n. 9079 del 2003, 15279 del 2003).

11. Anche il quinto motivo è inammissibile. La Corte
d’appello ha detratto l’aliunde perceptum dal trattamento spettante e il motivo
di ricorso non chiarisce quale sia il differenziale, ma soprattutto non
illustra le ragioni per le quali esso sarebbe errato una volta che nel giudizio
è stato stabilito – con statuizione non validamente contestata, come già detto
con riferimento ai precedenti motivi – che la sentenza impugnata ha attribuito
il trattamento spettante alla stregua di quanto pattuito in sede sindacale.
L’assunto di erronea applicazione di tale accordo resta, anche per quanto
attiene al quantum, del tutto generico e basato su affermazioni apodittiche.

12. In conclusione, il ricorso va rigettato. Nulla
va statuito in ordine alle spese del giudizio di legittimità, essendo J.R.
rimasto intimato.

13. Va dato atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, ai sensi
dell’art. 13, comma 1 – quater, del
d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13
(v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente
giudizio.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 – quater del d.P.R.
n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per
il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13,
se dovuto.

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