Vi è una piena autonomia tra la valutazione da compiersi in sede disciplinare e quella del procedimento penale ed è possibile che il procedimento disciplinare già sospeso, sia riattivato e concluso anche in pendenza del procedimento penale.
Nota a Cass. 28 maggio 2020, n. 10224
Gennaro Ilias Vigliotti
La vigente disposizione legislativa (art. 55-ter, co. 1, D.LGS. n. 165/2001 e successive mod. ed integraz.) in materia di rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale nel pubblico impiego sancisce il principio di tendenziale autonomia fra i due procedimenti, allo scopo di evitare che la Pubblica Amministrazione “sia costretta a lasciare impunite le violazioni disciplinari, per un tempo anche lungo e ciò in una logica che allontana la sanzione da uno spirito esclusivamente repressivo, ma ne manifesta viceversa la natura di strumento di efficienza nel governo del personale”.
Al tempo stesso, nel pubblico impiego, anche nella fase successiva all’adozione di un provvedimento sanzionatorio, vi è uno stretto collegamento con il giudicato penale (art. 55-ter, co. 1 e 2, art. 653, c.p.p.), nel senso che la PA può valutare discrezionalmente se condurre a termine il procedimento disciplinare, pur a procedimento penale pendente, specialmente nei casi in cui, avendo la sanzione (sospensione/licenziamento) effetti sulla prestazione acquisibile medio tempore, sono maggiori i rischi di pregiudizio, anche patrimoniale, per l’Amministrazione.
“La regola generale dell’autonomia del processo penale e del procedimento disciplinare (della quale la possibilità di sospensione e di riattivazione è indissolubile corollario) costituisce norma imperativa ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419 c.c., sicché non è derogabile ad opera della contrattazione collettiva”.
I principi sono affermati dalla Corte di Cassazione (28 maggio 2020, n. 10224, conforme ad App. Venezia n. 420/2018; v. anche Cass. n. 6/2020), la quale precisa che:
– la possibilità di sospendere il procedimento disciplinare di fronte a fatti di maggiore gravità e nella ricorrenza di situazioni più complesse, così come la possibilità di riattivare il procedimento, dapprima sospeso, anche prima della definizione del processo penale con pronuncia irrevocabile, costituiscono una facoltà della Pubblica Amministrazione, nell’interesse del buon andamento di essa ed in attuazione di un canone di prudenza;
– la sospensione del procedimento disciplinare non pregiudica il lavoratore al quale è comunque “assicurato ex ante un accertamento più accurato”, in parallelo con la percezione medio tempore della retribuzione piena;
– resta fermo poi l’interesse del dipendente, giuridicamente tutelato, a reagire rispetto ai vizi del provvedimento, nel caso in cui venga disposta una sospensione priva di una effettiva relazione fattuale con le vicende oggetto del procedimento penale (art. 55-bis, co. 4, D.LGS. n. 165/2001).
– nella fattispecie considerata, è condivisibile la decisione della Corte territoriale che ha ritenuto legittimi: a) sia la riattivazione e conclusione del procedimento disciplinare già sospeso anche in pendenza del procedimento penale; b) sia il licenziamento per inaffidabilità del dipendente sorpreso ad acquistare e cedere sostanze stupefacenti ((v. art. 67, lett. d), c.c.n.I. 28.5.2004 per il personale del comparto delle Agenzie Fiscali), individuate dall’art. 3 c.c.n.q. 18.12.2002, il quale prevede che il licenziamento senza preavviso si applica in caso di “…commissione in genere – anche nei confronti di terzi – di fatti o atti, anche dolosi, che, pur costituendo o meno illeciti di rilevanza penale, sono di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro”).