Giurisprudenza – CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 25 giugno 2020, n. C-762/18 e C-37/19

«Rinvio pregiudiziale, Politica sociale, Tutela della
sicurezza e della salute dei lavoratori, Direttiva 2003/88/CE, Articolo 7,
Lavoratore illegittimamente licenziato e reintegrato nel posto di lavoro
mediante decisione giudiziaria, Esclusione del diritto alle ferie annuali
retribuite non godute per il periodo compreso tra il licenziamento e la
reintegrazione, Assenza del diritto all’indennità finanziaria per le ferie
annuali non godute in relazione al medesimo periodo in caso di successiva
interruzione del rapporto di lavoro»

 

1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono
sull’interpretazione dell’articolo 7
della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4
novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di
lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9), e dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2. Tali domande sono state presentate nell’ambito di
due controversie che vedono opposti, da un lato, QH al Varhoven kasatsionen sad
na Republika Bulgaria (Corte suprema di cassazione della Repubblica di
Bulgaria; in prosieguo: la «Corte di cassazione») in merito all’applicazione,
da parte di quest’ultima, di una giurisprudenza asseritamente incompatibile con
il diritto dell’Unione e che ha avuto l’effetto di privare QH di un’indennità a
titolo di ferie annuali retribuite non godute, per il periodo compreso tra la
data del suo licenziamento illegittimo e quella della sua reintegrazione nel
posto di lavoro (causa C-762/18), e, dall’altro, CV a Iccrea Banca SpA, in
merito a fatti analoghi (C-37/19).

 

Contesto normativo

 

Diritto dell’Unione

3. Il considerando 5 della direttiva 2003/88 enuncia
quanto segue:

«Tutti i lavoratori dovrebbero avere periodi di
riposo adeguati. Il concetto di “riposo” deve essere espresso in unità di
tempo, vale a dire in giorni, ore e frazioni d’ora. I lavoratori della Comunità
devono beneficiare di periodi minimi di riposo giornaliero, settimanale e annuale
e di adeguati periodi di pausa. È anche necessario, in tale contesto, prevedere
un limite massimo di ore di lavoro settimanali».

4. L’articolo
7 di tale direttiva, rubricato «Ferie annuali», è formulato come segue:

«1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie
affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4
settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle
legislazioni e/o prassi nazionali.

2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non
può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del
rapporto di lavoro».

 

Diritto bulgaro

 

Codice del lavoro

5. Ai sensi dell’articolo 155, paragrafo 1, del
Kodeks na truda (codice del lavoro), «[o]gni lavoratore ha diritto a ferie
annuali retribuite».

6. In forza dell’articolo 224, paragrafo 1, di detto
codice:

«Alla cessazione del rapporto di lavoro il
lavoratore ha diritto a un’indennità finanziaria per le ferie annuali
retribuite non godute (…)».

7. L’articolo 225 di detto codice prevede quanto
segue:

«1. In caso di licenziamento illegittimo, il
lavoratore ha diritto al versamento da parte del datore di lavoro di
un’indennità di importo pari a quello della sua retribuzione lorda per il
periodo durante il quale è rimasto disoccupato dal lavoro a causa di tale
licenziamento, tuttavia, con un limite massimo di sei mesi.

2. Qualora, durante il periodo di cui al precedente
paragrafo, il lavoratore abbia occupato un posto di lavoro avente una
retribuzione inferiore, egli ha diritto al versamento della differenza di
retribuzione. Tale diritto è riconosciuto anche al lavoratore che sia stato
illegittimamente trasferito ad un altro posto di lavoro, retribuito in maniera
meno favorevole.

(…)».

8. L’articolo 354, paragrafo 1, del medesimo codice
così dispone:

«È riconosciuto quale periodo di servizio anche il
periodo in cui non sia sussistito alcun rapporto di lavoro, qualora:

1. il lavoratore si sia trovato in stato di
disoccupazione a causa di un licenziamento dichiarato illegittimo dalle
autorità competenti, e ciò dalla data del licenziamento sino alla
reintegrazione nel posto di lavoro;

(…)».

 

Codice di procedura civile

9. Ai sensi dell’articolo 290 del grazhdanski
protsesualen kodeks (codice di procedura civile):

«(1) L’impugnazione è esaminata da un collegio di
tre giudici [della Corte di cassazione] in udienza pubblica.

(2) [La Corte di cassazione] verifica la regolarità
della sentenza d’appello esclusivamente alla luce dei motivi dedotti
nell’impugnazione».

10. L’articolo 291 del codice di procedura civile
prevede quanto segue:

«Quando la sentenza in appello è stata emessa in un
contesto di orientamenti giurisprudenziali divergenti:

1. [La Corte di cassazione] indica in una decisione
motivata quale fra gli orientamenti giurisprudenziali divergenti giudica
adeguato; in tal caso, [essa] statuisce sulla controversia sulla base di tale
giurisprudenza;

2. Qualora giudichi che, nelle decisioni, la
giurisprudenza sia errata, [essa] ne indica la ragione in una decisione
motivata; in tal caso, [essa] pronuncia una decisione interpretando la legge
sulla base delle circostanze del caso di specie;

3. Qualora giudichi che gli orientamenti
giurisprudenziali divergenti non siano applicabili alla controversia, [essa] ne
indica la ragione in una decisione motivata; in tal caso, [essa] pronuncia una
decisione interpretando la legge sulla base delle circostanze del caso di
specie».

 

Diritto italiano

11. L’articolo 36, terzo
comma, della Costituzione della Repubblica italiana sancisce quanto segue:

«Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a
ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi».

12. L’articolo
10 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 – Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE
concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro
(supplemento ordinario alla GURI n. 87, del 14 aprile 2003), nella versione
applicabile ai fatti oggetto del procedimento principale nella causa C-37/19, è
formulato come segue:

«(…) [I]l prestatore di lavoro ha diritto a un
periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale
periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla
specifica disciplina riferita alle categorie di cui all’articolo 2, comma 2, va
goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del
lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due
settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.

Il predetto periodo minimo di quattro settimane non
può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il
caso di risoluzione del rapporto di lavoro. (…)».

13. L’articolo
52 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per le Banche di Credito
Cooperativo, Casse Rurali ed Artigiane, del 7 dicembre 2000, nella versione
applicabile ai fatti di cui al procedimento principale nella causa C-37/19,
intitolato «Ferie», prevede quanto segue:

«(…)

Il diritto alle ferie è irrinunciabile. Le ferie
devono essere usufruite nel corso dell’anno solare cui si riferiscono.

Nel caso di cessazione del rapporto di lavoro, al
lavoratore che non abbia usufruito in tutto o in parte delle ferie relative
all’anno solare in corso, maturate (…) in ragione di un dodicesimo del
periodo di ferie annuali per ogni mese intero di servizio prestato dal 1°
gennaio, compete una indennità corrispondente alla retribuzione dei giorni di
ferie perduti.

Nel caso di assenza dal servizio, il periodo di
ferie spettante viene ridotto di tanti dodicesimi quanti sono i mesi interi di
assenza.

(…)».

14. Ai sensi dell’articolo 53 di tale contratto
collettivo, intitolato «Permessi per ex festività»:

«A fronte delle disposizioni di legge in materia di
giorni festivi, sono attribuiti giorni di ferie e/o di permesso retribuito, da
usufruire nel corso dell’anno solare, anche in collegamento con i periodi di
ferie.

(…)

I permessi sopra previsti comunque non utilizzati
nel corso dell’anno solare (…) vanno liquidati sulla base dell’ultima
retribuzione percepita nell’anno di competenza».

15. Risulta, in sostanza, dalla domanda di pronuncia
pregiudiziale nella causa C-37/19, che, nella sua versione in vigore alla data
dei fatti oggetto del procedimento principale, l’articolo 18 della legge 20 maggio
1970, n. 300 – Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori,
della libertà sindacale e dell’attività sindacale, nei luoghi di lavoro e norme
sul collocamento (GURI n. 131, del 27 maggio 1970; in prosieguo: la «legge n. 300/1970»), intitolato «Tutela del
lavoratore in caso di licenziamento illegittimo», prevedeva che, in tal caso,
il giudice, nella sentenza con la quale dichiarava la nullità del licenziamento
ritenuto discriminatorio, ordinava al datore di lavoro la reintegrazione del
lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente
addotto e quale che fosse il numero dei dipendenti occupati dal datore di
lavoro. Il giudice condannava altresì il datore di lavoro al risarcimento del
danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui fosse stata accertata
la nullità o l’invalidità, stabilendo a tal fine un’indennità.

 

Controversie nei procedimenti principali, questioni
pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte Causa C-762/18

16. La sig.ra QH, dipendente di una scuola, è stata
licenziata con decisione del 29 aprile 2004. Con sentenza del Rayonen sad
Plovdiv (Tribunale distrettuale di Plovdiv, Bulgaria), passata in giudicato,
tale licenziamento è stato dichiarato illegittimo e la sig.ra QH è stata
reintegrata nel suo posto di lavoro il 10 novembre 2008.

17. Con decisione del 13 novembre 2008, la sig.ra QH
è stata nuovamente licenziata. Quest’ultimo licenziamento non è stato
impugnato.

18. Il 1º luglio 2009, la sig.ra QH ha presentato un
ricorso avverso la scuola datrice di lavoro dinanzi al Rayonen sad Plovdiv
(Tribunale distrettuale di Plovdiv), chiedendo, in particolare, il pagamento di
un’indennità di importo pari a 7 125 lev bulgari (BGN) (circa EUR 3 641) a
titolo di 285 giorni di ferie annuali retribuite non godute, vale a dire 57
giorni annui, per il periodo compreso tra il 30 aprile 2004 e il 13 novembre
2008, nonché a BGN 1 100 (circa EUR 562) a titolo di ritardato pagamento di
tale indennità per il periodo compreso tra il 13 novembre 2008 e il 1° luglio
2009.

19. Tale ricorso è stato respinto con sentenza del
15 aprile 2010, confermata in appello da una sentenza del 10 febbraio 2011
dell’Okrazhen sad Plovdiv (Tribunale regionale di Plovdiv, Bulgaria).

20. Avverso quest’ultima sentenza, la sig.ra QH ha
adito la Corte di cassazione. Con ordinanza del 25 ottobre 2011, detto giudice
non ha autorizzato tale impugnazione e ha confermato la fondatezza della
sentenza del 15 aprile 2010, pronunciata in primo grado dal Rayonen sad Plovdiv
(Tribunale distrettuale di Plovdiv), quale confermata in appello.

21. In particolare, la Corte di cassazione ha
considerato che il rigetto, da parte dei giudici di merito, della domanda di
cui erano stati investiti dalla sig.ra QH – e che era diretta, in sostanza,
alla dichiarazione che un lavoratore illegittimamente licenziato avesse diritto
a un’indennità a titolo di ferie annuali retribuite non godute, relative al
periodo di tempo compreso tra la data del licenziamento e quella della sua
reintegrazione nel posto di lavoro sulla base di una sentenza passata in
giudicato – fosse in linea con la sua giurisprudenza vincolante.

22. Secondo detta giurisprudenza, occorre tener
conto del fatto che, nel periodo compreso tra la data della cessazione del
rapporto di lavoro e l’annullamento della decisione di licenziamento mediante
sentenza definitiva nonché la reintegrazione del lavoratore illegittimamente
licenziato nel suo precedente posto di lavoro, quest’ultimo non ha in concreto
prestato alcuna attività lavorativa nell’ambito del rapporto di lavoro, di modo
che, per detto periodo, non sorge nessun diritto, in capo al lavoratore, a
ferie annuali retribuite e, in caso di un nuovo licenziamento, il datore di
lavoro non ha l’obbligo di corrispondere al lavoratore, relativamente a questo
periodo di tempo, alcuna indennità a titolo di ferie annuali retribuite non
godute, come quella prevista all’articolo 224, paragrafo 1, del codice del
lavoro.

23. La sig.ra QH ha adito il giudice del rinvio, il
Rayonen sad Haskovo (Tribunale distrettuale di Haskovo, Bulgaria), con un
ricorso per risarcimento danni contro la Corte di cassazione, diretto al
risarcimento del pregiudizio che essa ritiene di aver subito a causa della
violazione del diritto dell’Unione operata da tale giudice nella sua ordinanza
del 25 ottobre 2011. A sostegno di questo ricorso, la sig.ra QH afferma, in
particolare, che la Corte di cassazione avrebbe dovuto applicare l’articolo 7 della direttiva 2003/88
e riconoscerle il diritto alle ferie annuali retribuite relative al periodo nel
corso del quale non ha potuto beneficiarne a causa del suo licenziamento
illegittimo. La sig.ra QH aggiunge che se la Corte di cassazione avesse nutrito
dubbi in merito alla possibilità di applicare tale disposizione, essa avrebbe
dovuto, in quanto organo giurisdizionale supremo, sottoporre alla Corte di
giustizia dell’Unione europea una domanda di pronuncia pregiudiziale, ai sensi
dell’articolo 267 TFUE,
vertente sull’interpretazione di tale disposizione di diritto dell’Unione.
Pertanto, secondo la sig.ra QH, il mancato rispetto dell’obbligo di rinvio che
incombeva alla Corte di cassazione dev’essere considerato come un atto illecito
a carico di quest’ultima, comportante per la sig.ra QH un danno stimabile in
misura pari all’importo richiesto.

24. In tali circostanze, il Rayonen sad Haskovo
(tribunale distrettuale di Haskovo) ha deciso di sospendere il procedimento e
di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’articolo
7, paragrafo 1, della [direttiva 2003/88] debba essere interpretato nel
senso che osta a una normativa e/o a una giurisprudenza nazionali, in forza
delle quali un lavoratore illegittimamente licenziato e successivamente
reintegrato nel suo posto di lavoro a seguito di ordine giudiziale, non ha
diritto a ferie annuali retribuite per il periodo compreso tra la data del licenziamento
e quella della sua reintegrazione nel posto di lavoro.

2) In caso di risposta affermativa alla prima
questione: se l’articolo 7,
paragrafo 2, della [direttiva 2003/88] debba essere interpretato nel senso che
osta a una normativa e/o a una giurisprudenza nazionali in forza delle quali, a
seguito di una nuova cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore di cui
trattasi non ha diritto ad alcuna indennità finanziaria per le ferie annuali
retribuite non godute in relazione al periodo compreso tra la data del
precedente licenziamento e quella della sua reintegrazione nel posto di
lavoro».

 

Causa C-37/19

25. La sig.ra CV, dipendente di Iccrea Banca, è
stata licenziata l’11 luglio 2002 in esito a una procedura di licenziamento
collettivo. Tuttavia, con ordinanza del 4 settembre 2003, il Tribunale di Roma
(Italia) ha ordinato la reintegrazione della sig.ra CV nel suo posto di lavoro,
a decorrere dal 6 ottobre 2003.

26. Con lettere del 13 ottobre e del 15 novembre
2003, Iccrea Banca recedeva nuovamente dal contratto di lavoro della sig.ra CV,
con effetto immediato. Tuttavia, i due atti di licenziamento sono stati
dichiarati illegittimi con provvedimenti giurisdizionali passati in giudicato e
la sig.ra CV è stata reintegrata nel suo posto di lavoro a partire dal 26
settembre 2008.

27. Il 17 settembre 2010 il contratto di lavoro di
CV è stato nuovamente risolto.

28. Nel frattempo, la sig.ra CV ha presentato due
ricorsi dinanzi al Tribunale di Roma, ottenendo da quest’ultimo due decreti che
ingiungevano a Iccrea Banca di pagare, il primo, la somma di EUR 3 521, oltre
agli oneri accessori, a titolo di importo dovuto per 30,5 giorni di ferie
nonché 5 di permessi per festività soppresse maturate e non godute per l’anno
2003, e, il secondo, la somma di EUR 2 596,16, oltre accessori, a titolo di
importo dovuto per 27 giorni di ferie e 5 di permessi per festività soppresse
maturate e non godute per l’anno 2004.

29. A seguito dell’opposizione proposta da Iccrea
Banca, il Tribunale di Roma ha revocato il primo decreto ingiuntivo e ha
condannato Iccrea Banca al pagamento della somma lorda di EUR 3 784,82, allo
stesso titolo, ma limitatamente al periodo antecedente la data del secondo
licenziamento. Inoltre, il Tribunale di Roma ha revocato il secondo decreto
ingiuntivo relativo ai diritti rivendicati per l’anno 2004.

30. La sig.ra CV ha impugnato le suddette sentenze.
La Corte d’appello di Roma (Italia), rinviando a precedenti della Corte suprema
di cassazione (Italia), ha respinto tali ricorsi per il motivo che, durante il
periodo oggetto della domanda della sig.ra CV, quest’ultima non aveva svolto un
lavoro effettivo, mentre il diritto all’indennità sostitutiva delle ferie e
delle ferie speciali potrebbe essere riconosciuto solo qualora, nel corso del
periodo di riferimento, sia stata esercitata l’attività professionale.

31. La sig.ra CV ha proposto ricorso avverso tali
decisioni della Corte d’appello di Roma dinanzi al giudice del rinvio, la Corte
suprema di cassazione (Italia).

32. Il giudice del rinvio precisa che la domanda
oggetto del procedimento di cui è investito è circoscritta all’accertamento del
diritto della sig.ra CV all’indennità sostitutiva delle ferie e dei permessi
non goduti in relazione al periodo che va dal 15 novembre 2003 al 31 dicembre
2004. In particolare, secondo tale giudice, relativamente a detto periodo, si
pone la questione di accertare se, sulla base dell’articolo 31 della Carta e
dell’articolo 7 della direttiva
2003/88, il lavoratore illegittimamente licenziato, e successivamente
reintegrato nel suo posto di lavoro, abbia diritto all’indennità sostitutiva
delle ferie annuali retribuite non godute in relazione al periodo compreso tra
il licenziamento e la reintegrazione.

33. A tal riguardo, il giudice del rinvio osserva,
anzitutto, che, alla luce della giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 7 della direttiva 2003/88,
non si può escludere che l’espletamento dell’attività lavorativa durante il
periodo di riferimento non sia una conditio sine qua non del diritto alle ferie
annuali retribuite e che, in ogni caso, l’influenza di fattori esterni non
imputabili al lavoratore potrebbe essere rilevante ai fini del riconoscimento
di un’indennità sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute.

34. Inoltre, il giudice del rinvio pone in risalto
taluni aspetti rilevanti della giurisprudenza italiana in materia di
licenziamento, di reintegrazione nel posto di lavoro e di diritto all’indennità
per ferie non godute in caso di reintegrazione.

35. In particolare, da un lato, il giudice del
rinvio precisa che la giurisprudenza italiana è consolidata nel ritenere che,
una volta accertata in sede giudiziaria l’illegittimità del recesso, il
lavoratore ha, in linea di principio, diritto ad essere reintegrato nel suo
posto di lavoro. La decisione giudiziaria che dispone la reintegrazione del
lavoratore avrebbe efficacia ripristinatoria del rapporto di lavoro nel senso
che questo dovrebbe intendersi pertanto ricostituito ad ogni fine giuridico ed
economico sulla base della sola pronuncia del giudice, senza la necessità di un
atto di riassunzione da parte del datore di lavoro. Dall’altro lato,
l’accertamento giudiziale dell’illegittimità del licenziamento ed il
conseguente ordine di reintegrazione, ai sensi dell’articolo 18 della legge n.
300/1970, comporterebbero la ricostituzione de iure del rapporto di lavoro,
il quale andrebbe pertanto considerato come mai risolto.

36. Infine, il giudice del rinvio richiama la
propria giurisprudenza secondo la quale, in caso di licenziamento dichiarato
illegittimo, l’attribuzione al lavoratore delle retribuzioni percepite per il
periodo che va dalla data di comunicazione del licenziamento a quella
dell’esercizio del diritto di opzione per l’indennità sostitutiva della
reintegrazione non comprende l’indennità sostitutiva delle ferie non godute, né
quella dei permessi per riduzione mensile dell’orario di lavoro. Secondo le
indicazioni fornite dal giudice del rinvio, tale soluzione è giustificata dalla
natura ibrida di tali indennità, che mirano al contempo al risarcimento di un
danno e al pagamento di una retribuzione, cosicché esse sono dovute unicamente
nel caso in cui il lavoratore, essendo in servizio effettivo, abbia svolto la
propria attività nel corso di tutto l’anno senza fruire delle ferie. Il
lavoratore licenziato non si troverebbe nella stessa situazione, posto che, nel
periodo intercorrente tra la cessazione del suo contratto di lavoro e
l’esercizio dell’opzione per l’indennità, si troverebbe in una situazione, sia
pure «forzata», di riposo.

37. In tale contesto, la Corte suprema di cassazione
ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente
questione pregiudiziale:

«Se l’articolo
7, paragrafo 2[,] della direttiva 2003/88 e l’articolo 31, [paragrafo] 2, della
[Carta], anche separatamente considerati, debbano essere interpretati nel senso
che ostino a disposizioni o prassi nazionali in base alle quali, cessato il
rapporto di lavoro, il diritto al pagamento di una indennità pecuniaria per le
ferie maturate e non godute (e per un istituto giuridico quale le [cosiddette]
“Festività soppresse” equiparabile per natura e funzione al congedo annuale per
ferie) non sia dovuto in un contesto in cui il lavoratore non abbia potuto
farlo valere, prima della cessazione, per fatto illegittimo (licenziamento
accertato in via definitiva dal giudice nazionale con pronuncia comportante il
ripristino retroattivo del rapporto lavorativo) addebitale al datore di lavoro,
limitatamente al periodo intercorrente tra la condotta datoriale e la
successiva reintegrazione».

38. Con decisione del presidente della Prima Sezione
del 2 marzo 2020, le cause C-762/18 e C-37/19 sono state riunite ai fini della
sentenza.

 

Sulle questioni pregiudiziali

 

Sulla competenza della Corte nella causa C-762/18

39. In primo luogo, il governo bulgaro fa valere che
la Corte non sarebbe competente ad esaminare le questioni sollevate nell’ambito
della causa C-762/18, in quanto l’azione per responsabilità della sig.ra QH è
direttamente connessa al primo licenziamento di quest’ultima e tale
licenziamento ha avuto luogo il 29 aprile 2004, ossia prima dell’adesione della
Repubblica di Bulgaria all’Unione europea, avvenuta il 1º gennaio 2007.

40. A tal riguardo, occorre rilevare che, come
risulta dai punti da 21 a 23 della presente sentenza, la domanda della sig.ra
QH mira al pagamento di un’indennità a titolo dei danni derivanti dall’asserita
violazione, da parte della Corte di cassazione, dell’articolo 7 della direttiva 2003/88,
in quanto tale organo giurisdizionale avrebbe applicato una giurisprudenza
nazionale relativa agli effetti giuridici dell’annullamento di detto primo
licenziamento e della reintegrazione dell’interessata nel suo posto di lavoro,
la quale sarebbe incompatibile con tale disposizione di diritto dell’Unione. Il
giudice del rinvio nella causa C-762/18 si interroga quindi sulla compatibilità
di una giurisprudenza nazionale di questo tipo con la suddetta disposizione,
cosicché le questioni da esso sollevate sono connesse alle conseguenze
giuridiche derivanti dall’annullamento del primo licenziamento della sig.ra QH
nonché dalla sua reintegrazione nel posto di lavoro.

41. Come risulta dall’articolo 2 dell’atto relativo
alle condizioni di adesione della Repubblica di Bulgaria e della Romania e agli
adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2005, L 157,
pag. 203), le disposizioni dei trattati originari e gli atti adottati dalle
istituzioni prima dell’adesione, in particolare la direttiva 2003/88, vincolano
la Repubblica di Bulgaria a decorrere dalla data della sua adesione e sono
pertanto destinate ad applicarsi agli effetti futuri delle situazioni createsi
prima di tale data (v., per analogia, sentenza del 14 febbraio 2019,
Milivojević, C-630/17, EU:C:2019:123, punto 42 e giurisprudenza ivi
citata).

42. Orbene, se è vero che il primo licenziamento
della sig.ra QH ha avuto luogo prima dell’adesione della Repubblica di Bulgaria
all’Unione, vero è anche che il suo annullamento e la reintegrazione della
sig.ra QH nel suo posto di lavoro, le cui conseguenze giuridiche sono oggetto
del procedimento principale, hanno entrambi avuto luogo dopo tale data. Di
conseguenza, l’articolo 7 della
direttiva 2003/88 si applica ratione temporis agli effetti di tale
annullamento e di tale reintegrazione, nei limiti in cui tali effetti si siano
verificati successivamente al 1º gennaio 2007.

43. In secondo luogo, nel contesto della causa
C-762/18, sia la Corte di cassazione sia il governo bulgaro sostengono che, nel
periodo compreso tra la data del primo licenziamento della sig.ra QH e la data
della sua reintegrazione nel posto di lavoro, quest’ultima non aveva la qualità
di «lavoratore» ai sensi della direttiva 2003/88 e, pertanto, non rientrava
nell’ambito di applicazione di tale direttiva né, in generale, nell’ambito di
applicazione del diritto dell’Unione, cosicché la Corte non sarebbe competente
a pronunciarsi sulle questioni sollevate in detto procedimento.

44. A tal riguardo, occorre rilevare che dalla
giurisprudenza della Corte risulta che la direttiva
2003/88 è applicabile solo ai lavoratori e che deve essere considerato
«lavoratore» una persona che fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore
di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in cambio delle
quali percepisca una retribuzione (v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2018, Sindicatul Familia Constanţa
e a., C-147/17, EU:C:2018:926, punti 40 e 41).

45. Nel caso di specie, le questioni sollevate
nell’ambito della causa C-762/18 vertono sul diritto alle ferie annuali
retribuite nel contesto di un licenziamento illegittimo di un lavoratore e
della sua reintegrazione nel posto di lavoro, conformemente al diritto
nazionale, in forza di una decisione giudiziaria.

46. Orbene, dall’ordinanza di rinvio risulta che, in
forza del diritto bulgaro, la constatazione dell’illegittimità di un
licenziamento implica che il periodo compreso tra la data del licenziamento e
la data della reintegrazione della persona interessata nel suo posto di lavoro
dev’essere considerato, retroattivamente, come facente parte della durata di
servizio di tale persona nei confronti del suo datore di lavoro.

47. Di conseguenza, la direttiva
2003/88 si applica ratione materiae alla controversia oggetto del
procedimento principale.

48. Da quanto precede risulta che la Corte è
chiamata ad interpretare disposizioni del diritto dell’Unione applicabili a
tale controversia principale, e che di conseguenza è competente a rispondere
alle questioni sollevate nella causa C-762/18.

 

Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia
pregiudiziale nella causa C-37/19

49. Iccrea Banca e il governo italiano dubitano
della ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa
C-37/19, in quanto l’ordinanza di rinvio in tale causa sarebbe viziata da una
mancanza di precisione e di chiarezza per quanto riguarda i fatti e le
normative o le prassi nazionali che sarebbero eventualmente in contrasto con il
diritto dell’Unione.

50. A tal riguardo, si deve constatare che il
giudice del rinvio individua in modo giuridicamente adeguato le disposizioni
del diritto dell’Unione la cui interpretazione è necessaria e la giurisprudenza
nazionale che potrebbe essere incompatibile con tali disposizioni. Inoltre, gli
elementi contenuti nella domanda di pronuncia pregiudiziale consentono di
comprendere la questione sollevata dal giudice del rinvio nonché il contesto in
cui essa è stata posta.

51. Ne consegue che la domanda di pronuncia
pregiudiziale nella causa C-37/19 è ricevibile.

 

Sulla prima questione nella causa C-762/18

52. Con la sua prima questione nella causa C-762/18,
il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7, paragrafo 1, della
direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una
giurisprudenza nazionale in forza della quale un lavoratore illegittimamente
licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente
al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento
mediante una decisione giudiziaria, non ha diritto a ferie annuali retribuite
per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua
reintegrazione nel posto di lavoro, per il fatto che, nel corso di detto
periodo, tale lavoratore non ha svolto un lavoro effettivo al servizio del
datore di lavoro.

53. A questo proposito, si deve in primo luogo
ricordare che, come emerge dalla formulazione stessa dell’articolo 7, paragrafo 1, della
direttiva 2003/88, ogni lavoratore beneficia di ferie annuali retribuite di
almeno quattro settimane. Tale diritto alle ferie annuali retribuite dev’essere
considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale
dell’Unione, la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può
essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88 stessa (sentenza del 29 novembre 2017, King, C-214/16,
EU:C:2017:914, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

54. Peraltro, il diritto alle ferie annuali retribuite
non solo riveste, in qualità di principio del diritto sociale dell’Unione,
particolare importanza, ma è anche espressamente sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta,
cui l’articolo 6, paragrafo 1, TUE
riconosce il medesimo valore giuridico dei Trattati (sentenza del 21 giugno 2012, ANGED, C-78/11,
EU:C:2012:372, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

55. Inoltre, come già dichiarato dalla Corte, il
diritto alle ferie annuali retribuite non può essere interpretato in senso
restrittivo (sentenza del 30 giugno 2016,
Sobczyszyn, C-178/15, EU:C:2016:502, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

56. Infine, dal tenore della direttiva 2003/88 e dalla giurisprudenza della
Corte emerge che, se è vero che spetta agli Stati membri definire le condizioni
di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, essi
devono, però, astenersi dal condizionare la costituzione stessa di tale
diritto, il quale scaturisce direttamente dalla suddetta direttiva (sentenza del 29 novembre 2017, King, C-214/16,
EU:C:2017:914, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

57. In secondo luogo, si deve rammentare che,
secondo una giurisprudenza costante della Corte, il diritto alle ferie annuali,
sancito dall’articolo 7 della
direttiva 2003/88, ha una duplice finalità, ossia consentire al lavoratore,
da un lato, di riposarsi rispetto all’esecuzione dei compiti attribuitigli in
forza del suo contratto di lavoro e, dall’altro, di beneficiare di un periodo
di distensione e di ricreazione (sentenza del 20
luglio 2016, Maschek, C-341/15, EU:C:2016:576, punto 34 e giurisprudenza
ivi citata).

58. Tale finalità, che distingue il diritto alle
ferie annuali retribuite da altri tipi di congedo aventi scopi differenti, si
fonda sulla premessa che il lavoratore abbia effettivamente lavorato durante il
periodo di riferimento. Infatti, l’obiettivo di consentire al lavoratore di
riposarsi presuppone che tale lavoratore abbia svolto un’attività che, per
assicurare la protezione della sua sicurezza e della sua salute prevista dalla direttiva 2003/88, giustifica il beneficio di un
periodo di riposo, di distensione e di ricreazione. Pertanto, i diritti alle
ferie annuali retribuite devono, in linea di principio, essere determinati in
funzione dei periodi di lavoro effettivo svolti in forza del contratto di
lavoro (sentenza del 4 ottobre 2018, Dicu, C-12/17, EU:C:2018:799, punto 28 e
giurisprudenza ivi citata).

59. Alla luce di ciò, in talune situazioni
specifiche nelle quali il lavoratore non è in grado di adempiere alle proprie
funzioni, il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere subordinato
da uno Stato membro all’obbligo di avere effettivamente lavorato (v., in tal
senso, sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez,
C-282/10, EU:C:2012:33, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

60. Ciò vale, in particolare, con riferimento ai
lavoratori che sono assenti dal lavoro a causa di un congedo per malattia durante
il periodo di riferimento. Infatti, come risulta dalla giurisprudenza della
Corte, per quanto riguarda il diritto alle ferie annuali retribuite, detti
lavoratori sono assimilati a quelli che hanno effettivamente lavorato nel corso
di tale periodo (sentenza del 4 ottobre 2018,
Dicu, C-12/17, EU:C:2018:799, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

61. In tal senso, secondo l’articolo 7 della direttiva 2003/88,
il diritto alle ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane, spettante
a qualsiasi lavoratore che si trovi in congedo di malattia durante il periodo
di riferimento, non può essere leso (v., in tal senso, sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez, C-282/10,
EU:C:2012:33, punto 30).

62. In tale contesto, la Corte ha giudicato che l’articolo 7, paragrafo 1, della
direttiva 2003/88 doveva essere interpretato nel senso che esso osta a disposizioni
o a prassi nazionali, le quali prevedano che il diritto alle ferie annuali
retribuite si estingue allo scadere del periodo di riferimento e/o di un
periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore è stato
in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di
riferimento e, per tale ragione, non ha potuto concretamente esercitare tale
diritto (sentenza del 30 giugno 2016, Sobczyszyn,
C-178/15, EU:C:2016:502, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

63. Ai sensi della giurisprudenza summenzionata è
dunque escluso che il diritto di un lavoratore alle ferie minime annuali
retribuite, garantito dal diritto dell’Unione, possa subire limitazioni in una
situazione caratterizzata dal fatto che il lavoratore non ha potuto adempiere
il suo obbligo di lavorare a causa di una malattia durante il periodo di
riferimento (sentenza del 19 settembre 2013, Riesame Commissione/Strack,
C-579/12 RX-II, EU:C:2013:570, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

64. Pertanto, la direttiva
2003/88 non permette agli Stati membri né di precludere la nascita del
diritto alle ferie annuali retribuite, né di prevedere che tale diritto di un
lavoratore al quale è stato impedito di esercitarlo si estingua allo scadere
del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto
nazionale (sentenza del 29 novembre 2017, King,
C-214/16, EU:C:2017:914, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

65. Occorre quindi verificare se i principi
derivanti dalla giurisprudenza in materia di diritto alle ferie annuali
retribuite di un lavoratore che, a causa di una malattia, non sia stato in
grado di esercitare il suo diritto a tali ferie durante il periodo di
riferimento e/o il periodo di riporto fissato dal diritto nazionale siano
estendibili, mutatis mutandis, ad una situazione, come quella di cui trattasi
nei procedimenti principali nelle presenti cause, nella quale un lavoratore
illegittimamente licenziato, e successivamente reintegrato nel suo posto di
lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo
licenziamento mediante una decisione giudiziaria, non ha svolto un lavoro
effettivo al servizio del datore di lavoro durante il periodo compreso tra la
data del licenziamento illegittimo e la data della sua reintegrazione nel posto
di lavoro.

66. A tal riguardo, occorre osservare che, al fine
di derogare, per quanto riguarda i lavoratori assenti dal lavoro a causa di un
congedo per malattia, al principio secondo cui i diritti alle ferie annuali
devono essere determinati in funzione dei periodi di lavoro effettivo, la Corte
si è basata sul fatto che la sopravvenienza di un’inabilità al lavoro per causa
di malattia è, in linea di principio, imprevedibile ed indipendente dalla
volontà del lavoratore (v., in particolare, in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2018, Dicu, C-12/17,
EU:C:2018:799, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

67. Orbene, si deve constatare che, così come la
sopravvenienza di un’inabilità al lavoro per causa di malattia, il fatto che un
lavoratore sia stato privato della possibilità di lavorare a causa di un
licenziamento successivamente dichiarato illegittimo è, in via di principio,
imprevedibile e indipendente dalla volontà di tale lavoratore.

68. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al
paragrafo 48 delle sue conclusioni, la circostanza che il lavoratore
interessato non abbia svolto – nel periodo compreso tra la data del suo
licenziamento illegittimo e la data della sua reintegrazione nel posto di
lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento di tale
licenziamento mediante una decisione giudiziaria – alcun lavoro effettivo al
servizio del suo datore di lavoro, è il risultato degli atti di quest’ultimo
sfociati nel licenziamento illegittimo, senza i quali detto lavoratore sarebbe
stato in grado di lavorare durante detto periodo annuale e di esercitare il suo
diritto alle ferie annuali.

69. Di conseguenza, in una situazione come quella di
cui trattasi nei procedimenti principali nelle presenti cause, il periodo
compreso tra la data del licenziamento illegittimo e la data della
reintegrazione del lavoratore nel suo impiego, conformemente al diritto
nazionale, a seguito dell’annullamento di tale licenziamento mediante una
decisione giudiziaria, deve essere assimilato a un periodo di lavoro effettivo
ai fini della determinazione dei diritti alle ferie annuali retribuite.

70. Pertanto, la giurisprudenza della Corte in
materia di diritto alle ferie annuali retribuite di un lavoratore che, a causa
di una malattia, non sia stato in grado di esercitare il suo diritto a tali
ferie durante il periodo di riferimento e/o il periodo di riporto fissato dal
diritto nazionale è estendibile, mutatis mutandis, ad una situazione, come
quella di cui trattasi nei procedimenti principali nelle presenti cause, nella
quale un lavoratore illegittimamente licenziato, e successivamente reintegrato
nel suo posto di lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito
dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, non
ha svolto un lavoro effettivo al servizio del suo datore di lavoro durante il
periodo compreso tra la data del licenziamento illegittimo e la data della sua
reintegrazione nel posto di lavoro.

71. In terzo luogo, si deve ricordare che, in
circostanze particolari nelle quali si trova un lavoratore inabile al lavoro
per diversi periodi di riferimento consecutivi, la Corte ha statuito che l’articolo 7 della direttiva 2003/88,
alla luce non soltanto della protezione del lavoratore alla quale mira tale
direttiva, ma anche di quella del datore di lavoro, il quale affronta il
rischio di un cumulo troppo considerevole di periodi di assenza del lavoratore
e le difficoltà che tali assenze potrebbero implicare per l’organizzazione del
lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a norme o a prassi
nazionali le quali, prevedendo un periodo di riporto di quindici mesi allo
scadere del quale il diritto alle ferie annuali retribuite si estingue,
limitano il cumulo dei diritti a tali ferie di un lavoratore inabile al lavoro
durante più periodi di riferimento consecutivi (sentenza
del 29 novembre 2017, King, C-214/16, EU:C:2017:914, punto 55 e
giurisprudenza ivi citata).

72. Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale
al paragrafo 49 delle sue conclusioni, circostanze come quelle di cui trattasi
nei procedimenti principali nelle presenti cause non possono giustificare una
deroga al principio sancito dall’articolo
7 della direttiva 2003/88, secondo cui un diritto alle ferie annuali
retribuite maturato non può estinguersi alla scadenza del periodo di
riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando
il lavoratore non è stato in grado di fruire delle sue ferie.

73. Infatti, da un lato, conformemente alla
giurisprudenza ricordata al punto 55 della presente sentenza, il diritto alle
ferie annuali retribuite non può essere interpretato in senso restrittivo.

74 Di conseguenza, qualsiasi deroga al regime
dell’Unione in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, previsto dalla direttiva 2003/88, deve essere interpretata in
modo che la sua portata sia limitata a quanto strettamente necessario alla
tutela degli interessi che tale deroga permette di proteggere (sentenza del 29 novembre 2017, King, C-214/16,
EU:C:2017:914, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

75. Orbene, in circostanze come quelle di cui
trattasi nei procedimenti principali nelle presenti cause, una protezione degli
interessi del datore di lavoro non sembra strettamente necessaria e, di
conseguenza, non risulta tale da giustificare una deroga al diritto alle ferie
annuali retribuite del lavoratore.

76. Dall’altro lato, come è stato rilevato al punto
68 della presente sentenza, anche in circostanze di questo tipo, è a causa
degli atti dello stesso datore di lavoro, il quale ha proceduto al
licenziamento illegittimo del lavoratore interessato, che, nel periodo compreso
tra la data di tale licenziamento e la data della reintegrazione di detto
lavoratore nel suo posto di lavoro, quest’ultimo non è stato in grado né di
lavorare né, di conseguenza, di esercitare il suo diritto alle ferie annuali.

77. Ebbene, occorre ricordare che spetta al datore
di lavoro assicurarsi che il lavoratore sia messo in condizione di esercitare
il diritto alle ferie annuali (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018,
Kreuziger, C-619/16, EU:C:2018:872, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). A
tal proposito, contrariamente ad una situazione di cumulo del diritto alle
ferie annuali retribuite di un lavoratore che è stato impossibilitato a
beneficiarne a causa di malattia, il datore di lavoro che non metta un
lavoratore in condizione di esercitare il diritto alle ferie annuali retribuite
deve assumersene le conseguenze (sentenza del 29
novembre 2017, King, C-214/16, EU:C:2017:914, punto 63).

78. Di conseguenza, un lavoratore illegittimamente
licenziato, e successivamente reintegrato nel suo impiego, conformemente al
diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante
una decisione giudiziaria, ha il diritto di far valere tutti i diritti alle
ferie annuali retribuite maturati durante il periodo compreso tra la data del
licenziamento illegittimo e la data della sua reintegrazione nel posto di
lavoro conseguente a tale annullamento.

79. Infine, occorre precisare, al pari dell’avvocato
generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, che, nell’ipotesi in cui il
lavoratore interessato abbia occupato un altro posto di lavoro nel periodo
compreso tra la data del licenziamento illegittimo e quella della
reintegrazione nel suo primo posto di lavoro, tale lavoratore non può far
valere, nei confronti del suo primo datore di lavoro, i diritti alle ferie
annuali corrispondenti al periodo durante il quale ha occupato un altro posto
di lavoro.

80. Infatti, in tali circostanze, il lavoratore
interessato è tenuto a far valere i propri diritti alle ferie annuali
retribuite corrispondenti a quest’ultimo periodo nei confronti del suo nuovo
datore di lavoro.

81. Alla luce delle considerazioni che precedono,
alla prima questione nella causa C-762/18 occorre rispondere dichiarando che l’articolo 7, paragrafo 1, della
direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una
giurisprudenza nazionale in forza della quale un lavoratore illegittimamente
licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente
al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento
mediante una decisione giudiziaria, non ha diritto a ferie annuali retribuite
per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua
reintegrazione nel posto di lavoro, per il fatto che, nel corso di detto
periodo, tale lavoratore non ha svolto un lavoro effettivo al servizio del
datore di lavoro.

 

Sulla seconda questione nella causa C-762/18 e
sull’unica questione nella causa C-37/19

82. Con la seconda questione nella causa C-762/18 e
con la questione unica nella causa C-37/19, che occorre esaminare
congiuntamente, i giudici del rinvio chiedono, in sostanza, se l’articolo 7, paragrafo 2, della
direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una
giurisprudenza nazionale in forza della quale, in caso di cessazione di un
rapporto di lavoro verificatasi dopo che il lavoratore interessato sia stato
illegittimamente licenziato, e successivamente reintegrato nel suo posto di
lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo
licenziamento mediante una decisione giudiziaria, tale lavoratore non ha
diritto a un’indennità pecuniaria a titolo delle ferie annuali retribuite non
godute nel corso del periodo compreso tra la data del licenziamento illegittimo
e quella della sua reintegrazione nel posto di lavoro.

83. Si deve ricordare che il diritto alle ferie
annuali costituisce solo una delle due componenti del diritto alle ferie
annuali retribuite in quanto principio essenziale del diritto sociale
dell’Unione che si riflette nell’articolo 7 della direttiva
93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti
dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 1993, L 308, pag. 18), e nell’articolo 7 della direttiva 2003/88,
nel frattempo espressamente sancito come diritto fondamentale all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta.
Tale diritto fondamentale include anche un diritto a ottenere un pagamento
nonché, in quanto diritto intrinsecamente collegato a detto diritto alle ferie
annuali «retribuite», il diritto a un’indennità finanziaria per le ferie
annuali non godute al momento della cessazione del rapporto di lavoro (sentenza
del 6 novembre 2018, Bauer e Willmeroth, C-569/16 e C-570/16, EU:C:2018:871,
punto 58).

84. La Corte ha sottolineato che l’articolo 7,
paragrafo 2, della direttiva 2003/88, non assoggetta il diritto a un’indennità
finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla
cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte
del lavoratore di tutte le ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui
detto rapporto è cessato (sentenza del 6 novembre 2018, Kreuziger, C-619/16,
EU:C:2018:872, punto 31).

85. Sotto tale profilo, risulta dalla giurisprudenza
della Corte che la predetta disposizione deve essere interpretata nel senso che
essa osta a disposizioni o prassi nazionali le quali prevedano che, al momento
della cessazione del rapporto di lavoro, non sia versata alcuna indennità
finanziaria a titolo di ferie annuali retribuite non godute al lavoratore che
non sia stato in grado di fruire di tutte le ferie annuali cui aveva diritto
prima della cessazione di tale rapporto di lavoro, in particolare perché era in
congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di
riferimento e/o di un periodo di riporto (sentenza del 6 novembre 2018,
Kreuziger, C-619/16, EU:C:2018:872, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

86. Orbene, come risulta dal punto 78 della presente
sentenza, un lavoratore illegittimamente licenziato, e successivamente
reintegrato nel suo impiego, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento
del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, può reclamare tutti i
diritti alle ferie annuali retribuite maturati durante il periodo compreso tra
la data del licenziamento illegittimo e la data della sua reintegrazione nel posto
di lavoro conseguente a tale annullamento.

87. Pertanto, il lavoratore che – come i lavoratori
di cui trattasi in ciascuna delle presenti cause – dopo essere stato
reintegrato nel suo posto di lavoro a seguito dell’annullamento del suo
licenziamento illegittimo, sia nuovamente licenziato, può, sul fondamento dell’articolo 7, paragrafo 2, della
direttiva 2003/88, al momento di detto nuovo licenziamento, esigere
un’indennità a titolo di ferie annuali non godute, ivi incluse quelle
corrispondenti al periodo compreso tra la data del licenziamento illegittimo e
la data della sua reintegrazione nel posto di lavoro.

88. Tuttavia, come risulta dal punto 79 della
presente sentenza, qualora il lavoratore interessato, nel corso di tale
periodo, abbia occupato un altro posto di lavoro, egli non può far valere, nei
confronti del suo primo datore di lavoro, un’indennità corrispondente al
periodo durante il quale ha occupato detto altro posto di lavoro.

89. Alla luce delle considerazioni che precedono,
alla seconda questione nella causa C-762/18 nonché alla questione unica nella
causa C-37/19 occorre rispondere dichiarando che l’articolo 7, paragrafo 2,
della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una
giurisprudenza nazionale in forza della quale, in caso di cessazione di un
rapporto di lavoro verificatasi dopo che il lavoratore interessato sia stato
illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di
lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo
licenziamento mediante una decisione giudiziaria, tale lavoratore non ha
diritto a un’indennità pecuniaria a titolo delle ferie annuali retribuite non
godute nel corso del periodo compreso tra la data del licenziamento illegittimo
e quella della sua reintegrazione nel posto di lavoro.

 

Sulle spese

 

90. Nei confronti delle parti nei procedimenti
principali le presenti cause costituiscono un incidente sollevato dinanzi al
giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute
da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo
a rifusione.

 

P.Q.M.

 

dichiara:

1) L’articolo
7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione
dell’orario di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una
giurisprudenza nazionale in forza della quale un lavoratore illegittimamente
licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro, conformemente
al diritto nazionale, a seguito dell’annullamento del suo licenziamento
mediante una decisione giudiziaria, non ha diritto a ferie annuali retribuite
per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua
reintegrazione nel posto di lavoro, per il fatto che, nel corso di detto
periodo, tale lavoratore non ha svolto un lavoro effettivo al servizio del
datore di lavoro.

2) L’articolo
7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso
che esso osta ad una giurisprudenza nazionale in forza della quale, in caso di
cessazione di un rapporto di lavoro verificatasi dopo che il lavoratore
interessato sia stato illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato
nel suo posto di lavoro, conformemente al diritto nazionale, a seguito
dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, tale
lavoratore non ha diritto a un’indennità pecuniaria a titolo delle ferie
annuali retribuite non godute nel corso del periodo compreso tra la data del
licenziamento illegittimo e quella della sua reintegrazione nel posto di
lavoro.

Giurisprudenza – CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 25 giugno 2020, n. C-762/18 e C-37/19
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