Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 giugno 2020, n. 12446
Infortunio sul lavoro, Condotta imprudente, Responsabilità
penale, Condizioni di assicurazione della polizza
Rilevato che
La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n.
1262/2013, ha rigettato l’appello proposto da A.O., A.M. e S.M., n.q. di eredi
di G.M., avverso la sentenza del Tribunale del lavoro della stessa città resa
nei confronti dell’Inail, di P. Assicurazioni s.p.a., di I.C., di M.
Assicurazioni s.p.a. e di E. I. L. ed avente ad oggetto l’azione di regresso
esercitata dall’Inail nei confronti di G.M. e I.C., in solido, ritenuti
responsabili dell’infortunio sul lavoro occorso al dipendente del M., I.Z., a
causa della condotta imperita ed imprudente di I.C., pure suo dipendente; la
Corte territoriale, dopo aver confermato il giudizio sulla responsabilità
penale del M., pur se assente al momento in cui il C. investì lo Z. all’interno
dell’autolavaggio di proprietà dello stesso M., ha pure confermato il rigetto
espresso dal primo giudice rispetto alle domande di garanzia proposte dal M.
nei confronti di M. assicurazioni s.p.a, in mancanza della condizione che
l’assicurato fosse in regola, al momento del sinistro, con gli obblighi di
assicurazione di legge, posto che l’autore materiale della condotta non era
stato assunto regolarmente; quanto, poi, all’assicurazione stipulata con E. I.
L. ( che aveva acquistato tutti i contratti stipulati da P. Assicurazioni
s.p.a, assicuratrice di Agip, proprietaria dell’impianto), ad avviso della Corte
territoriale, la stessa non era operante perché la copertura assicurativa era
rivolta ai danni subiti dai terzi; avverso tale sentenza, ricorrono per
cassazione gli eredi di G.M. sulla base di quattro motivi;
H.I. Assicurazioni (già P. Assicurazioni s.p.a. )
resiste con controricorso e propone ricorso incidentale basato su due motivi;
E. insurance e Unipolsai ( nuova denominazione di
Fondiaria che ha inglobato per fusione M. Assicurazioni s.p.a.) resistono con
controricorso;
sono state presentate memorie da tutte le parti ad
eccezione dell’INAIL;
considerato che
i ricorrenti hanno formulato i seguenti motivi : 1)
violazione e falsa applicazione dell’art. 12 disp.
prel. cod.civ., degli artt. 2049 e 2087 cod.civ. e degli artt. 20 e 59 d.lgs. n. 81 del 2008 (già 5 e 93 d.lgs. n. 626/1994), in
quanto lamentano l’erroneità dell’attribuzione al M. della responsabilità per
l’accaduto, posto che nessuna colpa poteva ravvisarsi a suo carico trattandosi
di infortunio accaduto a causa della condotta del tutto imprevista del C., il
quale avrebbe dovuto essere controllato dallo Z., preposto dallo stesso datore
di lavoro; ritengono i ricorrenti, inoltre, che, seppure privo di permesso di
soggiorno e non assicurato, il C. svolgeva solo attività di asciugatura delle
macchine per cui non era richiesta alcuna specializzazione o particolare
formazione ed il M. gli aveva vietato di guidare, non potendosi ritenere che
l’obbligo di vigilanza dovesse essere inteso nel senso di un obbligo permanente
ed integrale;
2) con il secondo motivo, si denuncia la violazione
e falsa applicazione dell’art. 12 disp. prel.
cod.civ., degli artt. 2049 e 2087 cod.civ. e degli artt. 2 e 19 d.lgs. n. 81 del 2008, artt. 4, 8 e 90 d.lgs. n. 626 del 1994, in
relazione al mancato riconoscimento della qualità di preposto in capo ad I.Z.,
da cui era derivato il mancato riconoscimento del concorso di colpa dello
stesso nella determinazione dell’evento;
3) con il terzo motivo, si deduce la violazione e o
falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c.
ed in particolare degli artt. 1363 e 1370 cod.civ. con conseguente erronea
interpretazione degli artt. 14 lett. b, 21, 22, 26 lett. c.) , 27 lett. e) e 28
lett. h) delle condizioni di assicurazione della polizza responsabilità civile
rischi diversi, stipulata tra il M. e la M. Assicurazioni s.p.a., dovendosi
intendere che la copertura assicurativa non fosse operativa qualora il
danneggiato non fosse assicurato all’INAIL ma, nel caso di specie, il non
assicurato era il danneggiante e tale interpretazione era stata seguita dal
Tribunale di Firenze nel parallelo giudizio per danno differenziale proposto
dallo Z. nei riguardi del M.;
4) con il quarto motivo, si denuncia la violazione e
o falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c.
ed in particolare degli artt. 1363 e 1370 cod.civ., con conseguente erronea
interpretazione della Sezione IV e degli svariati articoli richiamati e
trascritti; i ricorrenti ritengono che la sentenza abbia errato nel ritenere
che la polizza sottoscritta da E., fosse destinata alla copertura dei soli
danni cagionati a terzi, ciò per la inosservanza del canone interpretativo
logico sistematico che avrebbe condotto alla necessaria considerazione sia
delle cause di inclusione che di quelle di esclusione dalla copertura
assicurativa, con la conseguenza che si sarebbe dovuto ravvisare la espressa
copertura assicurativa per i danni corporali subiti dai coassicurati, loro
familiari e/o loro dipendenti e per tutte le conseguenze della responsabilità
civile derivanti all’assicurato nell’esercizio delle sue attività comprese
nell’oggetto sociale; in ogni caso, seppure residuassero dubbi sulla proposta
interpretazione, le clausole ambigue avrebbero dovuto essere interpretate in
favore dell’assicurato ex art. 1370 c.c.
i ricorrenti hanno allegato alla memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. la sentenza della Corte
d’appello di Firenze n. 1962 del 2015 (relativa al giudizio con il quale lo Z.
aveva chiesto il risarcimento del danno differenziale per l’infortunio di cui
si discute) resa sull’impugnazione di quella del Tribunale n. 2750 del 2012, di
rigetto dell’appello proposto da M. assicurazioni s.p.a., e quella di questa
Corte di Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione
avverso la medesima;
il ricorso incidentale proposto da H.I.
Assicurazione s.p.a. (già P. Assicurazioni s.p.a.) è formulato attraverso i
seguenti motivi: 1) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed
oggetto di discussione tra le parti che si ravvisa nel fatto che la sentenza
impugnata ha omesso di pronunciarsi sulla eccezione di inammissibilità ed
infondatezza dell’appello nei confronti della stessa società che aveva ceduto
ad E. Insurance LTD il ramo d’azienda costituito dai contratti di
assicurazione, posto che erano stati gli stessi eredi a chiedere di poter
chiamare in causa E. Insurance LTD; 2) nullità della sentenza e del procedimento per aver omesso
di pronunciare sulla eccezione di inammissibilità dell’appello, proposto nei
propri confronti, da P. Assicurazioni s.p.a. posto che i ricorrenti non avevano
impugnato il punto della decisione relativo al difetto di legittimazione
passiva della stessa società; i primi due motivi del ricorso principale,
relativi all’accertamento della responsabilità penale in capo al M., vanno
trattati congiuntamente e sono infondati;
la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione
dei principi elaborati da questa Corte di cassazione in tema di accertamento
della responsabilità datoriale in ipotesi di esercizio dell’azione di rivalsa
da parte dell’Inail, nella fisionomia disegnata dai plurimi interventi della
Corte Costituzionale;
I’Inail basa la propria azione di regresso sul D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, chiedendo in sede
civile l’accertamento della responsabilità del datore di lavoro, posto che,
come si evince dagli atti, è mancato nella fattispecie l’accertamento in sede
penale del reato di cui è stato vittima il lavoratore Z. e, dunque,
l’accertamento della responsabilità del datore di lavoro nella causazione
dell’infortunio sul lavoro è demandato al giudice civile (Corte Cost. 9 marzo 1967, n. 22; Corte Cost., 26 maggio 1981, n. 74; Corte Cost., 19 giugno 1981, n. 102);
con tali decisioni la Corte Costituzionale ha
ridisegnato i confini dell’area della responsabilità civile del datore di
lavoro, sostenendo, con la prima, che se è vero che l’art. 38 Cost. intende garantire alle vittime di
infortuni mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, è pur vero che la quantità
del ristoro attribuita va parametrata ad un canone certo che, nel caso di
specie, è quello del grado di riduzione dell’integrità fisica; ha chiarito, con
la seconda pronuncia, che la formula «coloro che il datore ha incaricato della
direzione o sorveglianza del lavoro », contenuta nel comma 3, comprende ogni
lavoratore delle cui azioni il datore debba rispondere ai sensi dell’art. 2049 c.c.; con l’ultima delle decisioni,
infine, la Corte ha eliminato la cd. pregiudiziale penale permettendo che
l’accertamento del fatto reato possa essere compiuto dal giudice civile anche
nei casi in cui il procedimento penale nei confronti del datore di lavoro o di
un suo dipendente si sia concluso con proscioglimento in sede istruttoria o vi
sia provvedimento di archiviazione;
la sentenza impugnata ha, dunque, applicato i
principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità in
materia di responsabilità omissiva nel campo degli infortuni sul lavoro,
principi che fanno leva sulla posizione di garanzia attribuita, in primo luogo,
dall’art. 2087 c.c. al datore di lavoro; tale
posizione di garanzia (Cass. pen. n. 31615 del 29-3-2018) si fonda sulla
necessità di evitare che si verifichino eventi lesivi dell’incolumità fisica
intrinsecamente connaturati all’esercizio dell’attività lavorativa, anche
nell’ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuali negligenze,
imprudenze e disattenzioni dei lavoratori subordinati, la cui incolumità deve
essere protetta con appropriate cautele;
il garante, dunque, ove abbia negligentemente omesso
di attivarsi per impedire l’evento, non può invocare, quale causa di esenzione
dalla colpa, la legittima aspettativa in ordine all’assenza di condotte imprudenti,
negligenti o imperite da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della
normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore
anche dai rischi derivanti dalle sue stesse imprudenze e negligenze o dai suoi
stessi errori, purché connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa (Cass.pen. n. 18998 del 27-3- 2009);
ne deriva che il titolare della posizione di
garanzia è tenuto a valutare i rischi e a prevenirli e la sua condotta non è
scriminata, in difetto della necessaria diligenza, prudenza e perizia, da
eventuali responsabilità dei lavoratori (Cass. pen. n. 22622 del 29-4-2008) ed
il datore di lavoro non può essere considerato esente da responsabilità ove il
lavoratore esplichi un incombente che, anche se inutile ed imprudente, rientri
comunque nelle sue attribuzioni (Cass. pen. n.
23292 del 28-4-2011) e non risulti eccentrico rispetto alle mansioni a lui
specificamente assegnate, nell’ambito del ciclo produttivo (Cass. pen. n. 7985 del 10-10-2013);
nel caso di specie, la dinamica dell’accadimento è
pacifica, come è pacifico il fatto che l’autore materiale della condotta
lesiva, chiaramente derivata da imperizia nella guida dell’autovettura
investitrice, è stato altro dipendente del M. che espletava mansioni non
straordinariamente eccentriche rispetto a quelle ordinariamente affidategli,
con la conseguenza che la causa dell’infortunio è sempre ricollegabile alla
struttura organizzativa apprestata dal datore di lavoro ed alla posizione di
garanzia assunta dallo stesso M.; il
datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, ha l’obbligo non solo di
predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente
sulla loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in
quanto, in virtù della generale disposizione di cui all’art. 2087 cod. civ., egli è costituito garante
dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro ( Cass. pen. n. 4631 del 2014);
del tutto infondato, inoltre, è anche il profilo
relativo alla operatività della delega, in qualità di preposto, della posizione
di garanzia in capo allo stesso infortunato, posto che in materia di infortuni
sul lavoro, l’onere della prova circa l’avvenuto conferimento della delega di
funzioni – e del conseguente trasferimento ad altri soggetti degli obblighi di
prevenzione, assicurazione e sorveglianza incombenti sul datore di lavoro –
grava su chi l’allega, trattandosi di una causa di esclusione di responsabilità
( Cass. pen. n. 44141 del 2019), e che la sentenza impugnata ha esplicitamente
affermato la carenza di ogni prova della sussistenza di una delega del datore,
aggiungendo anche che tale possibilità sarebbe esclusa dalla stessa minima
dimensione aziendale;
le critiche mosse alla sentenza impugnata su questo
punto, laddove si richiamano stralci di verbale di prove testimoniali, al fine
di indurre a ritenere sussistente la prova della delega di funzioni, sono del
tutto inammissibili mirando a sovvertire l’apprezzamento di merito operato
dalla Corte d’appello che è insindacabile in sede di legittimità, il terzo
motivo è fondato;
l’esclusione dell’operatività della copertura
assicurativa prevista dall’art. 14 lett. B) delle condizioni generali di
contratto con riguardo alla responsabilità civile verso i prestatori di lavoro
(RCO), riportate integralmente in ricorso, stabilisce, tra l’altro, che la
società assicuratrice si obbliga a tenere indenne l’assicurato quale civilmente
responsabile per infortuni sofferti da prestatori di lavoro da lui dipendenti
addetti alle attività per le quali è prestata assicurazione, per i danni
cagionati a prestatori di lavoro ed al di fuori delle ipotesi coperte dal d.p.r. n. 1124 del 1965 <[…] a condizione
che, al momento del sinistro, l’Assicurato sia in regola con gli obblighi
dell’assicurazione di legge […]> ;
l’art. 21 delle citate condizioni generali prevede,
inoltre, che l’assicurazione comprende la responsabilità civile personale dei
dipendenti dell’assicurato per danni involontariamente cagionati a terzi o ad
altri dipendenti e relativamente a tale estensione di garanzia la copertura è
resa alle stesse condizioni di cui al citato art. 14;
la relazione esistente tra le due disposizioni rende
evidente che la logica della copertura assicurativa è quella di operare in
relazione alla responsabilità dell’imprenditore nello spazio non coperto dalla
copertura assicurativa pubblica prestata dall’Inail; dunque, la condizione
della regolarità degli obblighi assicurativi, prevista dall’art. 14 cit., non
può che riferirsi all’obbligo assicurativo relativo al lavoratore danneggiato,
così coprendosi quei profili di danno risarcibili, ma non oggetto di indennizzo
da parte dell’Inail;
la sentenza impugnata, laddove ha genericamente
riferito l’operatività della esclusione della copertura a qualsiasi
irregolarità contributiva, ha violato i criteri di interpretazione dettati
dall’art. 1362 c.c., che impone di indagare la
comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole,
e dell’art. 1364 c.c., che richiede
l’interpretazione complessiva delle clausole;
il quarto motivo è inammissibile;
la censura è sorretta da una complessa ricostruzione
interpretativa, basata sulla lettura di diverse disposizioni contrattuali
(riportate in stralcio e riferite a varie parti dell’intero testo della
convenzione assicurativa, non allegata al ricorso né individuata all’interno
degli atti del processo) che dovrebbe dimostrare l’erroneità
dell’interpretazione accolta dalla Corte territoriale relativamente alla
limitazione ai soli danni cagionati a terzi della copertura dell’assicurazione
stipulata da E. Insurance I.t.d. ;
questa Corte, sul punto, ha affermato che
l’interpretazione della volontà delle parti in relazione al contenuto di un
contratto o di una qualsiasi clausola contrattuale importa indagini e
valutazioni di fatto affidate al potere discrezionale del giudice del merito,
non sindacabili in sede di legittimità ove non risultino violati i canoni
normativi di ermeneutica contrattuale e non sussista un vizio nell’attività
svolta dal giudice di merito, tale da influire sulla completezza della motivazione;
inoltre, quando il ricorrente per cassazione censuri l’erronea interpretazione
di clausole contrattuali da parte del giudice del merito, per il principio di
autosufficienza del ricorso, ha l’onere di trascriverle integralmente perché al
giudice di legittimità è precluso l’esame degli atti per verificare la
rilevanza e la fondatezza della censura (Cass. n.
24461 del 2005; Cass. n. 2560 del 2007);
il ricorso incidentale proposto da H.I.
Assicurazioni s.p.a. (già P. Assicurazioni s.p.a.), è infondato;
la stessa questione è stata proposta con un primo
motivo con il quale si lamenta vizio di motivazione derivante dall’omesso
esame, da parte della Corte d’appello, delle difese addotte al fine di
rappresentare la cessione del ramo d’azienda in favore di E. Insurance Ltd, che
avrebbero condotto all’estromissione dal giudizio della società, con vittoria
di spese; il vizio denunciato non è compatibile con la nuova formulazione dell’art. 360, primo comma n. 5, c.p.c. che ha ridotto
il vizio di motivazione alla omessa valutazione di fatti storici principali o
secondari, oggetto di discussione tra le parti e decisivi per il giudizio e
tale non è una deduzione difensiva o un capo di domanda;
l’ulteriore profilo della nullità della sentenza per
violazione dell’art. 112 c.p.c. è ammissibile
ma infondato; invero, la sentenza impugnata ha, con formula assai sintetica,
rigettato la domanda di manleva avanzata dagli appellanti nei confronti di E.
Insurance Ltd in quanto non ha ritenuto operante la copertura assicurativa.
Tale decisione, peraltro confermata in questa sede, ha definito nel merito la
questione, implicitamente, anche nei riguardi di P. Assicurazioni s.p.a. che
era l’originaria stipulante, dunque non si è determinata alcuna omissione di
pronuncia.
In definitiva, va accolto il terzo motivo del
ricorso principale, mentre vanno rigettati gli ulteriori motivi del medesimo
ricorso principale ed il ricorso incidentale; la sentenza va, dunque, cassata
quanto al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa
composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo del ricorso principale,
rigetta gli ulteriori motivi; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza
impugnata, quanto al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’appello di Firenze
in diversa composizione cui demanda anche la regolazione delle spese del
giudizio di legittimità.