Il danno esistenziale non può essere considerato in re ipsa, ma deve essere provato (ex art. 2697 c.c.), dovendo consistere nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione della personalità e nello sconvolgimento dell’esistenza del soggetto, con la conseguenza che la relativa allegazione va circostanziata e riferirsi a fatti specifici e precisi, non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere generico, astratto, eventuale ed ipotetico.

Nota a Cass. 20 maggio 2020, n 9295

Francesco Belmonte

Lo “stress psicologico da timore” di contrarre una malattia da esposizione all’amianto non costituisce una situazione giuridicamente tutelabile in difetto di prova circa l’esistenza di circostanze di fatto esterne, obiettivamente osservabili, atte a cagionare il dedotto turbamento psichico.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione (20 maggio 2020, n 9295, in conformità ad App. Genova n. 230/2016) la quale ha ritenuto infondato il ricorso con cui si chiedeva “l’autonoma risarcibilità del danno morale di tipo soggettivo, anche in assenza del danno biologico o di altro evento produttivo del danno patrimoniale ex art. 2059 e 1226 cod. civ., in combinato disposto con l’art. 32 Cost.”.

La decisione si pone in linea con la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione stessa (n. 26972/2008, confermata dalla Sezione Lavoro (Cass. n. 21460/2019 e n. 5747/2019) che ha escluso sia la tesi che identificava il danno non patrimoniale nella lesione stessa del diritto (danno – evento) sia quella costituita dalla affermazione che, nel caso di lesione di valori della persona, il danno sarebbe in re ipsa. I giudici hanno infatti precisato che “entrambe le posizioni avrebbero snaturato la funzione del risarcimento in quella di una pena privata per un comportamento lesivo”.

La Corte perviene alle medesime conclusioni per quanto concerne il cd. “danno esistenziale”, che non può essere considerato in re ipsa, ma va provato (ex art 2697 c.c.), dovendo consistere nel “radicale cambiamento di vita, nell’alterazione della personalità e nello sconvolgimento dell’esistenza del soggetto”, (in tal senso, Cass. n. 27482/2018). Con la conseguenza che “la relativa allegazione deve essere circostanziata e riferirsi a fatti specifici e precisi, non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere generico, astratto, eventuale ed ipotetico”.

In conformità con la citata decisione delle SU e della Corte territoriale, i giudici di legittimità hanno ammesso la prova presuntiva previa, però, allegazione da parte del danneggiato di tutti gli elementi che consentano di risalire al fatto ignoto, in quanto probanti “la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto” (nel caso in esame, il riferimento è alla sofferenza e al cambiamento delle abitudini di vita derivati dalla consapevolezza della esposizione lavorativa ad agenti nocivi).

Nella fattispecie i giudici di merito avevano escluso la sussistenza del nesso di causalità fra l’attività lavorativa svolta e le patologie respiratorie (di tipo lieve) da cui risultavano affetti i ricorrenti, ritenendo altresì che il lamentato “stress psicologico da timore” del conseguimento di una malattia non costituisse situazione giuridicamente tutelabile, mancando la prova dell’esistenza di circostanze di fatto esterne, obiettivamente osservabili, atte a cagionare il dedotto turbamento psichico.

Stress psicologico da timore di contrarre una malattia da esposizione all’amianto, stress psicologico e risarcimento del danno
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