Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 giugno 2020, n. 13044

Infortunio sul lavoro, Risarcimento danni, Cattiva
manutenzione del motociclo messo a disposizione dal datore di lavoro

 

Rilevato che

 

– la Corte di appello di Venezia, in riforma della
sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta da C.B., dipendente da
P.I. s.p.a. con mansioni di portalettere, volta a ottenere il risarcimento dei
danni subiti in conseguenza dell’infortunio sul lavoro occorsole il 29/11/2000
quando, alla guida del motociclo in dotazione dell’ufficio, a causa del fondo
ghiacciato della strada che stava percorrendo, era scivolata procurandosi
lesioni al ginocchio destro con postumi invalidanti permanenti;

rilevava la Corte territoriale che la ricorrente era
incorsa in difetto di allegazione e prova, e, specificamente, non aveva dedotto
l’inidoneità – cattiva manutenzione del motociclo messo a disposizione dal
datore di lavoro per lo stato di usura o inefficienza dei pneumatici, né aveva
lamentato la mancata dotazione di pneumatici per ciclomotore da neve,
limitandosi ad allegare che il ciclomotore era equipaggiato con i pneumatici in
uso in tutte le stagioni, senza neppure allegare di essere caduta per
l’eccessivo carico o cattiva distribuzione sul mezzo degli effetti postali
trasportati, così come non aveva indicato con precisione quali fossero le
condizioni della strada e se le stesse fossero tali da impedire la circolazione
in sicurezza il giorno e nel luogo del sinistro;

evidenziava, inoltre, che Poste risultava aver
assolto all’obbligo formativo e che tanto il documento di valutazione dei
rischi quanto le disposizioni con istruzioni operative per gli addetti al
recapito, sottoscritte dalla C., prevedevano che occorresse aumentare
l’attenzione e ridurre la velocità durante la percorrenza di strade bagnate o
in situazioni di scarsa aderenza, concludendo che “le circostanze emerse
non consentono di ritenere provato che la caduta sia stata causata da fatti
addebitabili alla società (la cattiva manutenzione del mezzo e/o la circostanza
che il borsone fosse eccessivamente carico di posta, ovvero l’avere consentito
la circolazione in condizioni di obiettiva pericolosità della strada);

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione
C.B. sulla base di due motivi, illustrati con memoria;

la società resiste con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata
alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio
non partecipata;

 

Considerato che

 

con il primo motivo la ricorrente deduce violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., 132 c.p.c. e 118 disp
att. c.p.c., nonché omessa valutazione di un fatto decisivo e controverso
tra le parti, rilevando che la Corte territoriale aveva omesso di motivare su
specifiche causae petendi, dedotte con riferimento alla non conformità del
motorino rispetto alla previsione dell’art. 2087
c.c. e con riferimento alla omessa disamina da parte di P.I. s.p.a. dello
specifico rischio al quale era esposta la ricorrente per effetto del mezzo a
due ruote privo di pneumatici invernali e corredato da borsoni senza un
adeguato assetto, nel particolare ambiente lavorativo ove doveva prestare la
sua attività, costituito dalla strada ghiacciata o innevata;

con il secondo motivo deduce violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 414 c.p.c. e dell’art.
432 c.p.c. e dell’art. 1362 c.c., nonché
omessa valutazione di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti,
osservando che la sentenza era stata pronunciata sulla base di una errata
interpretazione della causa petendi, poiché aveva rigettato la domanda
analizzando il solo profilo attinente alle condizioni della strada, ancorché
tale circostanza non fosse stata indicata come causa esclusiva dell’infortunio
e pur in presenza di altre allegazioni idonee ciascuna a costituire valida
causa dell’evento;

con il terzo motivo denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 2967 c.c., dell’art. 2087 c.c. e dell’art.
1218 c.c. nonché dell’art. 2729 c.c. e
dell’art. 34 d.lgs. 626/94
e degli artt. 61 e 62
c.p.c. art.421 c.p.c., deducendo l’erronea
applicazione del criterio legale del riparto dell’onere della prova con riferimento
al profilo di responsabilità dedotto, con imposizione di un onere della prova
in capo al lavoratore non previsto dalla legge, anche in ragione della errata
interpretazione del contenuto dell’obbligazione di sicurezza imposto in capo al
datore dì lavoro dall’art. 2087 c.c.;

i motivi, da trattare congiuntamente in ragione
dell’intima connessione, sono fondati;

il ragionamento della Corte territoriale in punto di
valutazione degli oneri di allegazione e prova delle parti, infatti, non è
conforme all’indirizzo consolidato di questa Corte di legittimità, secondo il
quale “la responsabilità del datore di lavoro di cui all’art. 2087 cod. civ. è di natura contrattuale. Ne
consegue che, ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che
lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla
salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività
dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre
grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le
predette circostanze – l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per
evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per
impedire il verificarsi del danno medesimo” (Cass.
n. 3788 del 17/02/2009);

erroneamente, pertanto, è stato ritenuto un difetto
di allegazione in capo alla lavoratrice, ancorché essa avesse indicato le
circostanze in astratto idonee a provare il fatto costituente l’inadempimento
ed il nesso di causalità materiale tra detto inadempimento ed il danno, con
riguardo al tipo di pneumatici in dotazione del mezzo e alle condizioni della
strada, spettando al datore di lavoro, in ipotesi di responsabilità derivanti
dall’art. 2087 c.c., cd. innominate, la prova
liberatoria correlata alla diligenza ritenuta esigibile nella predisposizione
delle misure di sicurezza idonee a scongiurare il danno (Cass. n. 10319 del 26/04/2017);

in base alle svolte argomentazioni, in difformità
rispetto alla proposta, il ricorso va accolto e la sentenza cassata, con rinvio
alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che, previ i
necessari accertamenti in fatto, si conformerà ai principi di diritto prima
enunciati, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di
Venezia in diversa composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 giugno 2020, n. 13044
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