Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 giugno 2020, n. 13223
Ratei dell’assegno sociale, lrripetibilità dell’indebito
pensionistico, Errore imputabile all’ente erogatore, Settore della previdenza
e dell’assistenza obbligatorie, Non addebitabilità al percepiente della
erogazione non dovuta ed una situazione idonea a generare affidamento
Rilevato che
la Corte d’appello di Bari, con la sentenza n. 592
del 2018, respingeva l’appello dell’Inps ed accoglieva l’appello incidentale
proposto da L.V. e litisconsorti, in qualità di eredi di M.F., in relazione
alla sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’irripetibilità
dell’indebito afferente ad importi versati in più, rispetto al dovuto, sui
ratei dell’assegno sociale, mentre respingeva la domanda di pagamento
dell’indennità di accompagnamento per il periodo dal maggio 2005 settembre
2006, e quella di condanna dell’Istituto alla corresponsione delle ulteriori
somme eventualmente trattenute dall’Istituto a titolo di recupero
dell’indebito.
Per quanto qui interessa – in relazione alla
questione dell’indebito – secondo la Corte d’appello la domanda della de cuius
avendo quale oggetto un indebito maturato dal 2001 al 2006, con esclusione del
2003, doveva essere valutata alla stregua dell’articolo 13 della l. 412/91,
norma di interpretazione autentica la quale prevede che in materia di indebito
previdenziale la sanatoria prevista dall’articolo 52 della legge 88/89 operi in
relazione alle somme corrisposte in base a formale provvedimento del quale si
sia data espressa comunicazione all’interessato e che risulti viziato da errore
di qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore, salvo che l’indebita
percezione sia dovuta dolo dell’interessato.
Secondo la Corte, in concreto, considerata la
causale dell’indebito, che atteneva al presupposto reddituale, dalla
documentazione allegata dalla M. al proprio fascicolo di primo grado risultava
che nelle dichiarazioni reddituali degli anni 2001 e 2002 fosse inserita la
pensione estera tanto per l’anno 2001 che per l’anno 2002, sicché l’Inps era
stato in grado di avvedersi dell’intero reddito dell’assistita. E’ evidente
allora che la formazione dell’indebito non fosse ascrivibile né ad un
comportamento colposo, né tantomeno doloso della M.; ma fosse piuttosto
ascrivibile ad errore imputabile all’ente erogatore il quale non si era
avveduto del dato reddituale come correttamente dichiarato dalla pensionata.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per
cassazione l’Inps con un motivo al quale ha resistito L.R. con controricorso
contenente ricorso incidentale condizionato in relazione all’inammissibilità
dell’appello. E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore
unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Ritenuto che
1. – con l’unico motivo di ricorso l’Inps ha
denunziato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 13 della legge 412/1991,
dell’articolo 19 della legge 418/1971, dell’articolo 3 comma 6 della legge
numero 335/1995, dell’articolo
42 del decreto-legge numero 269/2003 convertito in legge numero 326/2003, dell’articolo 2033 c.c. per avere la Corte d’appello
applicato all’indebito assistenziale quale quello di cui si discute, relativo
ad assegno sociale, la disciplina di cui all’articolo 13 legge 412/1991 che si
applica invece all’indebito previdenziale. Secondo l’INPS, la Corte avrebbe
dovuto dichiarare, ai sensi dell’articolo
42 del d.l. cit. n. 269/2003 (conv. in legge
326/2003), che dopo il 2.10.2003 le somme percepite a titolo di prestazioni
assistenziali, indebitamente erogate per motivi reddituali, fossero pienamente
ripetibili ex art.2033 c.c. (non rinvenendosi
appunto una norma di deroga come quella citata che ha previsto la
irrecuperabilità solo per le somme erogate fino al 2.10.2003).
2. – Il ricorso è infondato, dovendosi tuttavia
correggere la motivazione ai sensi dell’art.384
c.p.c.
3. – Ed infatti se è vero che, come sostiene l’INPS,
in materia di indebito assistenziale non si applichi la disciplina dell’art. 13 l. 412/1991 che si
riferisce all’indebito previdenziale non è men vero tuttavia che nel settore
non si applichi nemmeno il principio generale di ripetizione dell’indebito
stabilito dall’art. 2033 c.c. ed invocato
dall’Istituto.
4. Vanno bensì applicati i principi di settore,
propri dell’indebito assistenziale, per come ricostruiti dalla giurisprudenza
di questa Corte la quale ha individuato, in relazione alle singole e
diversificate fattispecie esaminate, una articolata disciplina che distingue
vari casi, a seconda che il pagamento non dovuto afferisca, volta per volta,
alla mancanza dei requisiti reddituali, di quelli sanitari, di quelli socio
economici (incollocazione o disoccupazione) o a questioni di altra natura (come
ad es. l’esistenza di ricovero ospedaliero gratuito nel caso dell’indennità di
accompagnamento).
5. – In termini generali, questa Corte ha sempre
precisato (fin dalla sentenza n. 1446/2008
est. P., v. pure n. 11921/2015) che “nel settore della previdenza e dell’assistenza
obbligatorie si è affermato, ed è venuto via via consolidandosi, un principio
di settore secondo il quale, in luogo della generale regola codicistica di
incondizionata ripetibilità dell’indebito, trova applicazione la regola,
propria di tale sottosistema, che esclude viceversa la ripetizione in presenta
di situazioni di fatto variamente articolate, ma comunque avente generalmente
come minimo comune denominatore la non addebitabilità al percepiente della
erogazione non dovuta ed una situazione idonea a generare affidamento.
6. – Sulla esistenza di questo principio si è
appoggiata anche la giurisprudenza della Corte Cost. in materia di indebito
assistenziale allorché pur affermando – ordinanze
n. 264/2004 e n. 448/2000 – che non
sussista un’esigenza costituzionale che imponga per l’indebito previdenziale e
per quello assistenziale un’identica disciplina, ha ritenuto che operi anche
“in questa materia un principio di settore, onde la regolamentazione della
ripetizione dell’indebito è tendenzialmente sottratta a quella generale del
codice civile (ord. n. 264/2004).
7. – Al riguardo la Corte Cost. ha pure evidenziato
che il canone dell’art. 38 Cost., appresta al descritto principio di settore
una garanzia costituzionale in funzione della soddisfazione di essenziali
esigenze di vita della parte più debole del rapporto obbligatorio, che
verrebbero ad essere contraddette dalla indiscriminata ripetizione di prestazioni
naturaliter già consumate in correlazione – e nei limiti – della loro
destinazione alimentare (C. cost. n. 39 del 1993;
n. 431 del 1993)”‘.
8. Sulla precipua questione dell’indebito
assistenziale per mancanza del requisito reddituale, che qui viene in rilievo,
da ultimo questa Corte di cassazione ha affermato (Sez. L -, Sentenza n. 26036
del 15/10/2019) che ” l’indebito assistenziale determinato dalla sopravvenuta
carenza del requisito reddituale, in assenza di norme specifiche che dispongano
diversamente, è ripetibile solo a partire dal momento in cui intervenga il
provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge, e ciò a meno
che non ricorrano ipotesi che escludano qualsivoglia affidamento dell'”accipiens”,
come nel caso di erogazione di prestazioni a chi non abbia avanzato domanda o
non sia parte di un rapporto assistenziale o di radicale incompatibilità tra
beneficio ed esigente assistenziali o, infine, di dolo comprovato”.
9. La pronuncia si pone nella scia di Cass. Sez. L., Sentenza n. 28771 del 09/11/2018
(che richiama in motivazione) che pure aveva affermato che ‘‘l’indebito
assistenziale determinato dal venir meno, in capo all’avente diritto, dei
requisiti reddituali previsti dalla legge abilita l’ente erogatore alla
ripetizione delle somme versate solo a partire dal momento in cui è stato
accertato il superamento dei predetti requisiti, a meno che non si provi che
“l’accipiens” versasse in dolo rispetto a tale condizione (come ad esempio
allorquando l’incremento reddituale fosse talmente significativo da rendere
inequivocabile il venire meno dei presupposti del beneficio), trattandosi di
coefficiente soggettivo idoneo a far venir meno l’affidamento alla cui tutela
sono preposte le norme limitative della ripetibilità dell’indebito”.
10. – Nella stessa traccia motivazionale, ma con
riferimento alla mancanza del requisito dell’incollocazione al lavoro, si
colloca anche la più recente sentenza (Cass. Sez. L., n. 31372 del 02/12/2019)
secondo cui “In tema di ripetibilità delle prestazioni assi stendali indebite
per mancanza del requisito di incollocazione al lavoro, trovano applicazione,
in difetto di una specifica disciplina, le norme sull’indebito assistenziale riferite
alla mancanza dei requisiti di legge in via generale che, in quanto speciali
rispetto alla disposizione di cui all’art. 2033
c.c., limitano la restituzione ai soli ratei indebitamente erogati a
decorrere dalla data del provvedimento amministrativo di revoca del beneficio
assistenziale non dovuto, restando esclusa la ripetizione delle somme
precedentemente corrisposte, e senza che rilevi l’assenza di buona fede
dell'”accipiens”.
11. – Il principio generale di settore richiamato
nelle stesse tre più recenti pronunce della IV sezione muove dalla tesi prima
ricordata secondo cui “il regime dell’indebito previdenziale ed assistenziale
presenta tratti eccentrici rispetto alla regola della ripetibilità propria del
sistema civilistico e dell’art. 2033 c.c., in
ragione dell’ «affidamento dei pensionati nell’irripetibilità di trattamenti
pensionistici indebitamente percepiti in buona fede» in cui le prestazioni
pensionistiche, pur indebite, sono normalmente destinate «al soddisfacimento di
bisogni alimentari propri e della famiglia» (Corte
Costituzionale 13 gennaio 2006, n. 1), con disciplina derogatoria che
individua «alla luce dell’art. 38 Cost. – un
principio di settore, che esclude la ripetizione se l’erogazione (…) non sia
(…) addebitabile» al percettore (Corte Costituzionale 14 dicembre 1993 n.
431).”
12. – Giova ricordare che si tratta di un principio
risalente, la cui prima affermazione si rinviene appunto nella sentenza n. 1446/2008 (est. P.); e che anche le
Sez. Unite di questa Corte (sentenza n. 10454 del
21/05/2015) hanno riconosciuto che le prestazioni di assistenza sociale
rivestano natura alimentare, in quanto fondate esclusivamente sullo stato di
bisogno del beneficiario, a differenza delle prestazioni previdenziali, che
presuppongono un rapporto assicurativo e hanno più ampia funzione di tutela.
13. – Nella specifica fattispecie dell’indebito per
mancanza del requisito reddituale va rilevato che ai fini della ripetizione
Cass. 31372/2019 e Cass. 28771/18 cit.
richiedono, entrambe, che sia necessario il “dolo comprovato dell’accipiens”
atto a far venir meno l’affidamento dell’accipiens. E ricordano che lo stesso art. 42 d.l. 269/2003 conv. in legge 326/2003 – prima di stabilire per il periodo
pregresso e fino al 2 ottobre 2003, la sanatoria degli indebiti per mancanza
dei requisiti reddituali- preveda, nello stesso comma 5, che entro trenta
giorni attraverso una determinazione interdirigenziale ( INPS, Ministero
dell’Economia, Agenzia dell’Entrate) si debba procedere a stabilire le modalità
tecniche per effettuare, in via telematica, le verifiche sui requisiti
reddituali dei titolari delle provvidenze economiche allo scopo di sospendere
le prestazioni e di ripetere l’indebito.
14. – L’art.
42 d.l. 269/2003 cit. ha previsto dunque che in materia di invalidità
civile vi fosse anzitutto una sanatoria generalizzata per il periodo precedente
il 2003, mentre per il periodo successivo ha stabilito che, a seguito delle
verifiche reddituali effettuate dall’INPS, si possano sospendere le prestazioni
e quindi ripetere le somme erogate per indebiti previdenziali. Questo non
significa però, dopo il 2 ottobre 2003, che le stesse prestazioni si possano recuperare
indiscriminatamente; tutte e sempre. In quanto, come già detto, in materia
assistenziale va tutelato l’affidamento del percipiente, il quale, secondo la
consolidata giurisprudenza prima menzionata della IV sezione, consente di norma
(anche dopo il 2003) la ripetizione solo a partire dal provvedimento che
sospende l’erogazione ed accerta l’indebito (come prevede lo stesso art. 42) , salvo il dolo
comprovato.
15. – Per quanto concerne poi l’esistenza di tale
specifico coefficiente soggettivo, necessario per il venir meno della tutela
dell’affidamento del percipiente, la sentenza di questa Corte n. 31372/2019 ha
affermato che esso non sussista in un caso in cui il mancato inoltro della
dichiarazione reddituale da parte del pensionato poteva ritenersi compatibile
con una mera dimenticanza.
16. – Mentre Cass. n.
28771/2018 ha affermato che una situazione di dolo comprovato
dell’accipiens rispetto al venire meno del suo diritto potrebbe sussistere “ad
es. allorquando l’incremento reddituale sia talmente significativo da rendere
inequivocabile il venir meno del beneficio; trattandosi di coefficiente che
naturalmente fa venire meno l’affidamento alla cui tutela sono preposte le
norme”.
17. – Va ora evidenziato che nessun obbligo di
restituzione si può configurare nell’ipotesi in cui l’accipiens ha già
dichiarato i propri redditi alla PA. ed essi fossero perciò conoscibili
dall’INPS al quale già l’art. 42
d.l. 269/2003 conv. in legge 326/2003
consentiva di accedere alla conoscenza dei redditi dichiarati onerandolo del
controllo telematico dei requisiti reddituali.
18. – Il concetto è stato reso ancor più chiaro ed
esplicito dall’art. 15 d.l.
78/2009 convertito con modificazioni dalla L.
3 agosto 2009, n. 102 , il quale prevede che dal primo gennaio 2010,
l’Amministrazione finanziaria ed ogni altra Amministrazione pubblica, che
detengono informazioni utili a determinare l’importo delle prestazioni
previdenziali ed assistenziali collegate al reddito dei beneficiari, sono
tenute a fornire all’INPS in via telematica le predette informazioni presenti
in tutte le banche dati a loro disposizione, relative a titolari, e rispettivi
coniugi e familiari, di prestazioni pensionistiche o assistenziali residenti in
Italia.
Da ciò si evince che tutti i fatti relativi ai dati
reddituali dei titolari di prestazioni pensionistiche o assistenziali sono
sempre conosciuti o conoscibili d’ufficio dall’INPS in via telematica.
19. Lo stesso principio risulta poi ribadito e
rafforzato dall’art.13, d.l. 78
del 2010 convertito con modificazioni dalla L.
30 luglio 2010, n. 122 il quale prevede al comma 1 l’istituzione presso
l’INPS del ” Casellario dell’Assistenza” ” per la raccolta, la
conservazione e la gestione dei dati, dei redditi e di altre informazioni
relativi ai soggetti aventi titolo alle prestazioni di natura assistenziale; ed
al comma 6 dello stesso art. 13
stabilisce che “i titolari di prestazioni collegate al reddito di cui al
precedente comma 8 ” devono comunicare all’INPS soltanto i dati della propria
situazione reddituale, incidente sulle prestazioni in godimento, che non sia
già stata integralmente comunicata all’Amministrazione finanziaria. Da qui discende
perciò confermato che essi non devono comunicare all’INPS la propria situazione
reddituale già integralmente dichiarata e conosciuta dall’Amministrazione.
La norma (che ha modificato l’articolo 35, del decreto-legge 30
dicembre 2008, n.207 convertito dalla legge 27
febbraio 2009, n. 14 ed introdotto il comma 10 bis) prevede testualmente:
“Ai fini della razionalizzazione degli adempimenti di cui all’articolo 13 della legge 30 dicembre
1991, n. 412, i titolari di prestazioni collegate al reddito, di cui al
precedente comma 8, che non comunicano integralmente all’Amministrazione
finanziaria la situazione reddituale incidente sulle prestazioni in godimento,
sono tenuti ad effettuare la comunicazione dei dati reddituali agli Enti
previdenziali che erogano la prestazione. In caso di mancata comunicazione nei
tempi e nelle modalità stabilite dagli Enti stessi, si procede alla sospensione
delle prestazioni collegate al reddito nel corso dell’anno successivo a quello
in cui la dichiarazione dei redditi avrebbe dovuto essere resa.”
20. – L’obbligo dei titolari di prestazioni
collegate al reddito riguarda in sostanza di quei dati reddituali che proprio
perché non vanno dichiarati nel modello 730 (come ad esempio i redditi da
lavoro dipendente prestato all’estero, gli interessi bancari, postali, dei BOT,
dei CCT e di altri titoli di Stato, ecc. ) devono essere però dichiarati all’INPS.
21. – Infine va osservato che in nessun caso si
possono ipotizzare i presupposti per la restituzione dell’indebito quando esso
scaturisca dal possesso di un certo reddito costituito da una prestazione di
qualsiasi natura (previdenziale o assistenziale) erogata dall’INPS e che quindi
l’Istituto già conosce.
21.1. In questa ipotesi l’affidamento riposto dal
pensionato nella legittima erogazione di entrambi gli importi effettuati dallo
stesso Istituto (informato della situazione reddituale) appare certamente
tutelabile alla luce delle premesse. Tanto più che la legge citata (art. 42 d.l. 269/2003 conv. in legge 326/2003) onera l’INPS della attivazione dei
controlli reddituali in via telematica allo scopo di sospendere le prestazioni
e richiedere la restituzione dell’indebito. Sicché, giammai, potrebbe farsi
carico al percipiente di un’omessa comunicazione di dati reddituali incidenti
sulla misura o sul godimento della prestazione che l’INPS conosce o ha l’onere
di conoscere.
21.2. Inoltre come già detto, l’art. 13, d.l. 78 del 2010
convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio
2010, n. 122 al comma 1 prevede l’istituzione presso l’INPS del “Casellario
dell’Assistenza per la raccolta, la conservazione e la gestione dei dati, dei
redditi e di altre informazioni relativi ai soggetti aventi titolo alle
prestazioni di natura assistenziale.
Il secondo comma 2 stabilisce ” Il Casellario
costituisce l’anagrafe generale delle posizioni assistenziali e delle relative
prestazioni, condivisa tra tutte le amministrazioni centrali dello Stato, gli
enti locali, le organizzazioni no profit e gli organismi gestori di forme di
previdenza e assistenza obbligatorie che forniscono obbligatoriamente i dati e
le informazioni contenute nei propri archivi e banche dati, per la
realizzazione di una base conoscitiva per la migliore gestione della rete
dell’assistenza sociale, dei servizi e delle risorse. La formazione e
l’utilizzo dei dati e delle informazioni del Casellario avviene nel rispetto
della normativa sulla protezione dei dati personali.
22. – Infine va osservato che in casi simili (
secondo una considerazione effettuata da questa Corte a proposito dell’indebito
previdenziale ma valida sul piano logico giuridico, alla luce delle norme
richiamate, anche per quello assistenziale) allorché le situazioni ostative
all’erogazione siano note all’ente previdenziale ovvero siano da esso
conoscibili facendo uso della diligenza richiestagli dalla sua qualità di
soggetto erogatore della prestazione, il comportamento omissivo del
percipiente, ancorché in malafede, non è determinante della indebita erogazione
e non può dunque costituire ragione di addebito della stessa (così, in specie,
Cass. n. 11498 del 1996; Cass. n. 8731/2019). Ed è alla stregua di tale
orientamento consolidato che la Corte costituzionale ha rilevato come,
nell’ambito dell’ordinamento previdenziale, diversamente dalla regola generale
di incondizionata ripetibilità dell’indebito posta dall’art. 2033 c.c., trovi applicazione la diversa
regola, propria di tale sottosistema normativo, che esclude la ripetizione in
presenza di una situazione di fatto avente come minimo comun denominatore la
non addebitabilità al percipiente della erogazione non dovuta (cfr. in tal
senso Corte cost. n. 431 del 1993, ma anche Cass.
n. 1446/2008 est. P.).
23. Va pertanto affermato che secondo le ragioni fin
qui precisate le prestazioni erogate alla pensionata non fossero ripetibili
fino al provvedimento che ha accertato l’indebito dovendosi tutelare
l’affidamento dell’accipiens, non potendosi applicare l’art. 2033 c.c. e non sussistendo nessuna
allegazione in relazione al dolo comprovato, il quale non è comunque
configurabile nella mera omissione di comunicazione di dati reddituali che
l’INPS già conosce o ha l’onere di conoscere.
24. – Inoltre deve considerarsi che nel caso in
esame la Corte d’appello ha pure accertato in fatto che dalla documentazione
allegata dalla M. al proprio fascicolo di primo grado risultava che nelle
dichiarazioni reddituali degli anni 2001 e 2002 fosse inserita la pensione
estera tanto per l’anno 2001 che per l’anno 2002, sicché l’Inps era stato in
grado di avvedersi dell’intero reddito dell’assistita.
25. – Per le considerazioni che precedono il ricorso
principale deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le
spese del presente giudizio.
Resta invece assorbito il ricorso incidentale
condizionato.
26. -Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla
data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti processuali per il
raddoppio del contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a
norma del dpr n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito
l’incidentale. Condanna il ricorrente principale a pagare le spese processuali
liquidate in complessive € 2200, di cui € 2000 per compensi professionali,
oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del
comma 1 bis , dello stesso art. 13.