La busta paga ha efficacia probatoria del credito del dipendente di un’azienda consentendo al lavoratore di insinuarsi nel passivo della procedura fallimentare riguardante il datore di lavoro.
Nota a Cass. (ord.) 6 luglio 2020, n. 13781
Francesco Belmonte e Sonia Gioia
Le copie delle buste paga rilasciate al lavoratore dal datore di lavoro hanno piena efficacia probatoria del credito che il dipendente intenda insinuare al passivo della procedura fallimentare riguardante il suo datore di lavoro purché siano munite dei requisiti previsti dall’art. 1, co. 2, L. n. 4/1953 secondo cui: “È fatto obbligo ai datori di lavoro di consegnare, all’atto della corresponsione della retribuzione, ai lavoratori dipendenti, con esclusione dei dirigenti, un prospetto di paga in cui devono essere indicati il nome, cognome e qualifica professionale del lavoratore, il periodo cui la retribuzione si riferisce, gli assegni familiari e tutti gli altri elementi che, comunque, compongono detta retribuzione, nonché, distintamente, le singole trattenute.
Tale prospetto paga deve portare la firma, sigla o timbro del datore di lavoro o di chi ne fa le veci.
Le società cooperative sono tenute alla compilazione del prospetto di paga sia per gli operai ausiliari che per i propri soci dipendenti” (v. Cass. n. 10123/2017 e Cass. n. 17930/2016).
Lo ribadisce la Corte di Cassazione (ord. 6 luglio 2020, n. 13781, conforme a Trib. Bologna 7 marzo 2018), la quale precisa che il valore probatorio della sussistenza di un rapporto di lavoro discende (a mente del combinato disposto degli artt. 39, D.L. n. 112/2008 e 1, 2 e 5, L. n. 4/1953) “dal fatto che il contenuto delle buste paga è obbligatorio e sanzionato (un tempo penalmente e ora) in via amministrativa e, come tale, è di per sé sufficiente a provare il credito maturato dal lavoratore. Ciò richiede evidentemente che il libro unico del lavoro sia tenuto in modo regolare e completo, in quanto il curatore può confutarne il valore probatorio a motivo della sua irregolare formazione e contestarne le risultanze con mezzi contrari di difesa o, semplicemente, con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l’inesattezza”. (v. Cass. n. 6501/2012).