Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 luglio 2020, n. 14894

Contratto di apprendistato, Portalettere, Avviso di
selezione, Superamento di una visita medica di idoneità

 

Rilevato che

 

1. con sentenza del 6.10.2015, La Corte d’appello di
Roma rigettava l’appello principale e l’appello incidentale rispettivamente
proposti dalla società P.I. p.a. e da C.D.G. avverso la decisione del Tribunale
capitolino che, in parziale accoglimento della domanda proposta da
quest’ultima, aveva condannato la società a corrispondere alla stessa, a titolo
di risarcimento del danno, un importo pari a trentasei mensilità della
retribuzione dovuta per un apprendista portalettere, respingendo nel resto il
ricorso;

2. la Corte distrettuale, sulla premessa che la G.
aveva partecipato ad una selezione indetta dalla società H.G. e P. per conto
della società P.I., selezione finalizzata alla ricerca di portalettere da
assumere in varie regioni, e che detto avviso prevedeva che P.I. offrissero un
contratto di apprendistato di tre anni, che i candidati avrebbero partecipato
ad una selezione articolata in diverse prove e che l’assunzione era subordinata
al superamento di una visita medica di idoneità, che la G. aveva superato sia
la prima che la seconda prova, ma non aveva ricevuto alcuna comunicazione di
assunzione, rilevava che non poteva escludersi ogni obbligo per P., che, per la
natura di offerta al pubblico dell’avviso di selezione, si era vincolata
all’assunzione in qualità di apprendisti portalettere di partecipanti che avessero
superato le prove selettive;

3. a ciò conseguiva, secondo la Corte, che, in
ipotesi di mancata assunzione, come nella specie, la società fosse tenuta a
risarcire il danno, che nella specie era quantificato nella misura suindicata;

4. di tale decisione ha domandato la cassazione la
società, affidando l’impugnazione a due motivi, cui ha resistito, con
controricorso, la G.;

5. entrambe le parti hanno depositato memorie, ai
sensi dell’art. 380 bis. 1 c.p.c.

 

Considerato che

 

1. va, preliminarmente, disattesa l’eccezione della
controricorrente di tardività del ricorso della società, in quanto, all’esito
della prima notifica dell’impugnazione, effettuata infruttuosamente in data
6.4.2016, per essere risultato il difensore domiciliatario trasferito, il
procedimento notificatorio è stato immediatamente riattivato dalla società con
richiesta del 15.4.2016, cui è seguita la rituale notifica in pari data: ciò è
conforme a quanto sancito da questa Corte a sezioni unite (cfr. Cass., s.u.
15.07.2016 n. 14594 e ss. conformi);

2. con il primo motivo, la società denunzia
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1336 c.
c., assumendo che la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato come, per
configurare l’offerta al pubblico, il bando debba contenere tutti gli elementi
essenziali del contratto, oltre ad alcuni requisiti del bando stesso, come il
numero di posti disponibili ed i criteri di valutazione dei partecipanti, ciò
che nel caso di specie era stato assente;

3. con il secondo motivo, lamenta violazione e/o
falsa applicazione dell’art. 1218 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., nullità del procedimento, ai
sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., sul rilievo
che la ricorrente avrebbe potuto trovare anche nella situazione di mancata
conclusione del contratto una diversa occupazione, che avrebbe reso possibile
limitare il danno da risarcire; la società ricorrente adduce di avere avanzato
specifiche richieste istruttorie finalizzate ad accertare l’aliunde perceptum,
quali la richiesta di ordine alla ricorrente di esibire la dichiarazione dei
redditi per gli anni di riferimento, ovvero di acquisizione presso gli uffici
competenti di necessarie informazioni circa lo stato di occupazione della G. e
di avere anche avanzato istanza di ammissione di interrogatorio formale della
ricorrente;

4. il primo motivo di ricorso è fondato;

5. la doglianza, nella sostanza della articolazione
e dello sviluppo argomentativo seguito, non risulta diretta a contestare la
ricostruzione fattuale compiuta dalla Corte distrettuale, fondata
essenzialmente su elementi documentali, quanto, piuttosto, a censurare la
violazione e la interpretazione della norma cui la stessa ha ricondotto la
fattispecie concreta, secondo parametri normativi non conformi a quelli idonei
a delineare la fattispecie della offerta al pubblico, disciplinata dall’art. 1336 c.c.;

6. l’offerta al pubblico è un particolare tipo di
proposta contrattuale caratterizzata dall’essere rivolta ad una generalità di
destinatari indeterminati. Il legislatore, all’art.
1336 c.c., dispone che l’offerta al pubblico “vale come proposta”
quando “contiene gli elementi essenziali del contratto alla cui
conclusione è diretta, salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli
usi”. Per valere come proposta, dunque, l’offerta deve essere completa,
ossia deve contenere gli elementi essenziali del contratto alla cui conclusione
è rivolta. Inoltre, deve essere idonea a manifestare, anche tacitamente, la
volontà del preponente. Nella sussistenza di tali requisiti, il contratto si
conclude nel momento in cui il proponente ha conoscenza dell’accettazione della
proposta da parte di uno dei destinatari;

6.1. la giurisprudenza di questa Corte ha affermato
che “ove il datore di lavoro per la copertura di posti di una determinata
qualifica abbia manifestato la volontà di procedere mediante un concorso
interno ed abbia, a tal fine, pubblicato un bando contenente tutti gli elementi
essenziali (numero dei posti disponibili, qualifica, modalità del concorso,
criteri di valutazione dei titoli), prevedendo altresì il riconoscimento del
diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro
disponibile e la data a decorrere dalla quale è destinata ad operare
giuridicamente l’attribuzione della nuova posizione, è configurabile una
offerta al pubblico, la quale impegna il datore di lavoro ad adempiere le
obbligazioni assunte e consolida nel patrimonio dell’interessato l’acquisizione
di una situazione giuridica soggettiva, vale a dire la modifica del precedente
rapporto di lavoro, dalla quale il datore non può sciogliersi che per mutuo
consenso o per cause ammesse dalla legge e non per mutamento in peggio da parte
di un sopravvenuto contratto collettivo…” (cfr. Cass. 21.8.2004 n. 16501, Cass. 24.6.2014 n. 14275, Cass. 22.9.2015 n. 18685);

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