Il docente scolastico, ripetutamente assunto con contratti a tempo determinato, ha diritto a percepire il medesimo trattamento retributivo riservato agli insegnanti di ruolo con il riconoscimento dell’anzianità di servizio e della stessa progressione stipendiale.

Nota a Cass. (ord.) 23 giugno 2020, n. 12372

Kevin Puntillo

“Nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.I. succedutisi nel tempo, sicché vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.I. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”.

Il principio è affermato dalla Corte di Cassazione (ord. 23 giugno 2020, n. 12372), la quale, in linea con la giurisprudenza consolidata di legittimità (v., fra tante, Cass. nn. 30573, 20918, 19270 del 2019) e con quella della Corte di Giustizia (20 giugno 2019, C- 72/18), precisa che bisogna non confondere il principio di non discriminazione, previsto dalla clausola 4 in questione con il divieto di abusare della reiterazione del contratto a termine, oggetto della disciplina dettata dalla clausola 5 dello stesso Accordo.

La citata Direttiva, infatti, persegue due diversi obiettivi: “creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato”; e “migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione”.

In questo ambito, sussiste, a carico degli Stati membri, l’obbligo di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”. Ciò, anche a fronte della legittima apposizione del termine al contratto, giacché il suddetto obbligo è attuazione del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione, che costituiscono norme di diritto sociale dell’Unione di particolare rilievo di cui ogni lavoratore deve usufruire in quanto prescrizioni minime di tutela (Corte di Giustizia 9 luglio 2015, C-177/14, punto 32).

Dal momento che la citata clausola 4 impone l’equiparazione in tutte le condizioni di impiego, ad eccezione di quelle che siano oggettivamente incompatibili con la natura a termine del rapporto, non vale ad escludere la violazione del principio di non discriminazione la circostanza che ad altri fini (ferie, festività, permessi, malattia, congedi) siano riconosciute al personale supplente le medesime garanzie delle quali godono gli assunti a tempo indeterminato. E non è lecito appellarsi alla ricostruzione della carriera (v. Cass. n. 31150/2019), perché tale istituto assicura il recupero, a fini giuridici ed economici, dell’anzianità di servizio prestata sulla base di contratti a tempo determinato a partire dal momento dell’immissione in ruolo mentre la questione in discussione riguarda la spettanza o meno della progressione stipendiale in pendenza del rapporto a termine.

La Corte territoriale, cui si uniforma la sentenza in commento, aveva evidenziato che “la disparità di trattamento non può essere giustificata facendo leva sulla specialità del sistema di reclutamento scolastico e sulla legittimità dei termini apposti ai contratti succedutisi nel tempo e ciò perché, ai fini della comparazione e del giudizio sulla sussistenza di ragioni oggettive, occorre apprezzare la prestazione lavorativa, che nella specie non differiva da quella resa dal docente a tempo indeterminato”.

Docente a termine e trattamento retributivo riservato agli insegnanti di ruolo
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