Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 luglio 2020, n. 14896

Trasferimento intimato per esigenze tecnico organizzative,
Parametri di correttezza e buona fede, Canoni di valutazione dell’esercizio
della facoltà imprenditoriale, Assunzione del lavoratore alle dipendenze
dell’azienda subentrante nell’appalto

 

Rilevato che

 

1. il Tribunale di Torre Annunziata accoglieva la
domanda di P.G. e, dichiarata la nullità/inefficacia del trasferimento
comunicato al predetto il 5 agosto 2010, dalla sede di lavoro di S.M. al comune
di Ardea, condannava la s.r.l. I.U. a reintegrare il lavoratore presso la sede
di lavoro assegnata allo stesso con il contratto di assunzione;

2. la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del
20.12.2017, rigettava gli atti di gravame proposti da I.U. s.r.l. e da A.M.
Tecnology s.r.l., subentrata nell’appalto, ritenendo, per quel che rileva nella
presente sede, in piena condivisione degli accertamenti effettuati in primo
grado: che il primo trasferimento, intimato per esigenze tecnico organizzative,
non rispondeva a queste ultime, né ai parametri di correttezza e buona fede,
intese come canoni di valutazione dell’esercizio della facoltà imprenditoriale,
posto che le esigenze effettive del cantiere di appartenenza (S.M.) e quelle
del cantiere di destinazione (Ardea) non corrispondevano a quelle rappresentate
nella lettera di trasferimento; che il secondo trasferimento, disposto per
ragioni di carattere punitivo, era caratterizzato nella sostanza da una
medesima causale rispetto a quella già ritenuta invalida, non corroborata da
una situazione di fatto diversa rispetto a quella già in precedenza vagliata;
che il ripristino del rapporto di lavoro nel cantiere originario comportava,
sulla base di uno “specifico accordo di passaggio”, l’assunzione del
lavoratore alle dipendenze dell’azienda subentrante nell’appalto;

3. di tale decisione hanno domandato la cassazione
le due società, affidando l’impugnazione ad undici motivi, illustrati nella
memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis. 1
c.p.c., cui ha resistito, con controricorso, il G.. Il P.G. ha fatto
pervenire le sue conclusioni scritte.

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo, le società ricorrenti
denunziano violazione dell’art. 112 c.p.c. in
relazione alla costituzione del rapporto di lavoro ex novo con l’azienda
subentrante nell’appalto sulla base di un accordo sindacale nemmeno prodotto
dal lavoratore, con sostituzione della causa petendi sulla quale poggiava la
domanda introduttiva del giudizio;

2. con il secondo motivo, le ricorrenti lamentano
violazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1369 c.c. in relazione alla costituzione del
rapporto ex novo con l’azienda subentrante nell’appalto sulla base di una
interpretazione dell’accordo sindacale del 29.12.2014 non conforme ai
richiamati canoni ermeneutici;

3. con il terzo, ascrivono alla decisione impugnata
violazione degli artt. 6 CCNL
Igiene ambientale aziende private Fise, del 12 aprile 2013, e degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1369 c.c.,
in relazione alla ritenuta costituzione del rapporto di lavoro ex novo con
l’azienda subentrante nell’appalto sulla base di un’interpretazione del
richiamato ccnl non conforme ai richiamati canoni ermeneutici;

4. con il quarto motivo, si dolgono della violazione
degli artt. 33 e 413
c.p.c., in relazione al rigetto dell’eccezione di incompetenza per
territorio, ritualmente e tempestivamente formulata dall’azienda subentrante, e
con riferimento all’unico criterio di collegamento che si ritiene nella specie
operativo, e cioè il foro della sede dell’azienda, non essendo applicabile la
deroga del simultaneus processus;

5. il quinto motivo attiene alla deduzione di
violazione degli art. 32, quarto
comma, legge 183/2010, dell’art.
6 della legge 604/1966 e dell’art. 112 c.p.c.,
in relazione al rigetto dell’eccezione di decadenza con riguardo alla domanda
di costituzione del rapporto di lavoro ex novo con l’azienda subentrante;

6. il sesto motivo è incentrato sul rilievo di
violazione dell’art. 2908 c.c., con riferimento
al mancato passaggio in giudicato della sentenza costitutiva di primo grado,
che aveva statuito sul primo trasferimento al momento della decisione in sede
di gravame, che asseritamente non poteva prendersi in considerazione, con
riferimento al secondo trasferimento;

7. con il settimo motivo, si addebita alla decisione
impugnata violazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1369 c.c., in relazione alla ritenuta distorta
interpretazione della lettera del secondo trasferimento e delle ragioni poste
alla base di esso;

8. con l’ottavo motivo, le società ricorrenti si
dolgono della violazione degli artt.
34 c.c.n.I. Igiene ambientale aziende private Fise del 21.4.2013 e 2103 c.c., in relazione alla ritenuta mancata
ponderazione delle esigenze personali e familiari del lavoratore;

9. con il nono, denunziano violazione degli artt. 1375 e 2103 c.c.
con riguardo all’affermato giudizio di contrarietà a correttezza e buona fede
della condotta aziendale;

10. con il decimo, deducono violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione alla ritenuta
violazione degli obblighi di correttezza e buona fede sulla base di un verbale
di conciliazione nemmeno prodotto dal lavoratore, con sostituzione della causa
petendi sulla quale poggiava la domanda introduttiva del giudizio;

11. con l’undicesimo motivo, lamentano omesso esame
di un fatto decisivo e controverso, in relazione alla mancata considerazione
dello spostamento della sede legale dell’azienda ai fini della valutazione
della competenza per territorio;

12. preliminarmente, deve essere respinta
l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla parte
controricorrente in relazione alla mancata esposizione nel ricorso per
cassazione delle difese svolte nei gradi di merito; come ripetutamente
affermato da questa Corte, infatti, requisito di cui all’art. 366, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., per
il quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità,
l’esposizione sommaria dei fatti di causa, essendo strumentale alla esigenza di
individuazione del contenuto della impugnazione, deve intendersi riferito solo
a quei fatti indispensabili per comprendere chiaramente l’oggetto della
impugnazione ed i motivi del ricorso e, non richiedendo che alla predetta
esposizione sia dedicata una distinta parte del ricorso, deve ritenersi
soddisfatto anche quando i fatti possano desumersi dallo svolgimento dei motivi
del ricorso (Cass. n, 3831 del 2002, Cass. n. 1430 del 1999, Cass. n. 8711 del
1997). Nel caso di specie la esposizione dei fatti di causa è formulata in
termini che consentono la piena comprensione delle censure articolate
risultando compiutamente individuati sia le questioni giuridiche sia i profili
fattuali oggetto di controversia. Tanto è sufficiente a determinare il rigetto
della eccezione, dovendo ulteriormente osservarsi che parte controricorrente
neppure indica quali sono le specifiche questioni oggetto di censura la cui
comprensione risulta pregiudicata dalla mancata, puntuale, esposizione delle
difese articolate dalle ricorrenti nella fase di merito;

13. vanno esaminati prioritariamente il quarto e
l’undicesimo motivo, attinenti alle questioni di competenza per territorio;

13.1 la doglianza espressa nell’undicesimo motivo è
inammissibile in quanto, anche a non volere applicare il principio della doppia
conforme, è prospettata in modo incompatibile con il vigente testo dell’art. 360 n. 5 c.p.c., in base alle modifiche
apportate dall’art. 54 d. I. 22
giugno 2012 n. 83, conv. dalla I. 7 agosto
2012 n. 134, alla stregua dei criteri espressi da Cass. s. u. 7 aprile 2014 nn. 8053 e 8054;

13.2. parte ricorrente, nel denunciare il vizio di
motivazione della sentenza, non si confronta con il testo novellato dell’art. 360 primo comma n. 5 cod.proc.civ. che limita
il sindacato di legittimità sulla motivazione al “minimo
costituzionale”, che rende denunciabile solo l’anomalia motivazionale che
si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, poiché
attinente all’esistenza della motivazione in sé;

13.3. quanto all’omesso esame di un fatto storico,
principale o secondario, la cui esistenza emerga dal testo della sentenza o
dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le
parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe
determinato un esito diverso della controversia), va ribadito che l’omesso
esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame
di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato
comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia
dato conto di tutte le risultanze probatorie, purché il vizio risulti dal testo
della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze
processuali (cfr. per tutte Cass. S.U. 07/04/2014
n. 8053);

13.4. nel caso in esame parte ricorrente si duole
della mancata considerazione dello spostamento della sede legale dell’azienda
ai fini della valutazione della questione sulla competenza, ma, poiché nella
sostanza è rinvenibile nella pronuncia impugnata una sia pur sintetica
argomentazione circa il fatto storico del quale si lamenta l’omesso esame, e
cioè la circostanza che la stipula del contratto di lavoro, che rappresenta uno
dei criteri di collegamento ai fini della individuazione del foro competente ai
sensi dell’art. 413 c.p.c. (luogo in cui è
sorto il rapporto), coinciderebbe con la stipula della conciliazione giudiziale
all’udienza del 9 giugno 2010 dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata, la
ricorrente deduce una insufficienza o contraddittorietà della motivazione che
esula dai confini del vizio oggi denunciabile;

14. quanto alla dedotta violazione di legge
denunziata con il quarto motivo, la Corte del merito ha statuito, in linea con
l’orientamento giurisprudenziale espresso da questa Corte, alla cui stregua
“il socio lavoratore di una società cooperativa nell’ambito di un appalto
di servizi, licenziato a fronte dell’impegno della società subentrante
nell’appalto di procedere alla sua assunzione, poi non effettuata, qualora
agisca per la costituzione del rapporto di lavoro, e, in via subordinata, per
l’annullamento del licenziamento, può adire, anche per la domanda nei confronti
della società subentrante, il Tribunale del luogo dove si trova la dipendenza
aziendale cui era addetto, trattandosi di domande in rapporto di connessione
per il titolo, sì da consentire l’instaurazione del giudizio davanti al giudice
territorialmente competente per il rapporto di lavoro già in essere” (Cfr.
Cass. 28 maggio 2015, n. 11076). La soluzione adottata dal giudice del gravame
risulta conforme a diritto essendo l’ipotesi sovrapponibile a quella in
relazione alla quale è stato enunciato il principio riportato;

14.1. al riguardo vanno richiamate ulteriori
pronunce di questa Corte, affermative del medesimo principio, ritenuto di
carattere generale in quanto ispirato a quello di cui all’art. 413 c.p.c., di cui costituisce un adattamento
per i casi in cui mancano gli elementi direttamente considerati in tale
disposizione, espressione di una regola di natura ancora più generale in base
alla quale, nel caso in cui un rapporto di lavoro si configuri come presupposto
per il sorgere del diritto alla costituzione di un successivo rapporto di
lavoro, i criteri di identificazione della competenza territoriale vanno
riferiti al rapporto in essere, stante il collegamento funzionale tra gli
stessi rapporti (cfr. Cass. 17903/2016, Cass.
2152/2015, Cass. 21883/2010, discostatasi da Cass. 8042/2002);

15. con riguardo alle questioni relative alla
ritenuta illegittimità dei disposti trasferimenti del lavoratore da una sede
all’altra, le stesse risultano prospettate nei motivi sesto, settimo, ottavo e
nono;

15.1. deve essere disatteso il rilievo secondo cui
la sentenza di primo grado che aveva statuito sulla illegittimità del primo
trasferimento non potesse avere effetti costitutivi o modificativi del rapporto
di lavoro sino al suo passaggio in giudicato: la sentenza che aveva annullato
il trasferimento aveva invero ripristinato lo status quo ante con efficacia ex
tunc, sicché ben poteva il giudice di secondo grado prendere in considerazione
tale statuizione di illegittimità del primo trasferimento per valutare la
illegittimità del secondo trasferimento tanto più che i due procedimenti erano
stati riuniti in sede di gravame;

15.2. le violazioni dei canoni ermeneutici
prospettate con il settimo motivo non sono censurate in maniera tale da
rispondere all’esigenza sottolineata necessità di indicazione delle ragioni
della asserita violazione e come tali sono inammissibili. Il principio espresso
al riguardo da questa Corte è quello secondo il quale “la parte che, con
il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio
di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può
limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt.
1362 e ss. c.c., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in
concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il
giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure
risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e
quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere
l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni,
sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più
interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto
l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di
legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra” (cfr. Cass.
27.6.2018 n. 16987, Cass. 28.11.2017 n. 28319, Cass.
15.11.2013 n. 25728);

15.3. anche i successivi due motivi sono da
disattendere, in quanto le ulteriori considerazioni svolte in sentenza e poste
a base della ritenuta illegittimità dei due trasferimenti, vale a dire le
considerazioni attinenti al mancato esame da parte dell’azienda delle
condizioni personale e familiare del lavoratore ed alla ritenuta mancata
osservanza dei criteri di correttezza e buona fede da parte del datore di
lavoro medesimo, costituiscono autonome rationes decidendi rispetto alla
principale, assorbente considerazione attinente alla mancata sussistenza delle
ragioni tecnico organizzative poste a fondamento di entrambi gli atti di
trasferimento, al che consegue che anche i successivi motivi di ricorso
appaiono inammissibili ancor prima che infondati;

16. quanto alle statuizioni della sentenza impugnata
riguardanti la costituzione del rapporto di lavoro ex novo con l’azienda
subentrante nell’appalto, risulta pregiudiziale l’esame del quinto motivo,
attinente alla pretesa decadenza dalla domanda, ai sensi degli artt. 32, quarto comma, della I.
183/2010 e 6 della I. 604
del 1966. Parte ricorrente si duole in particolare della violazione di un
preteso giudicato interno sul punto perché non è stata impugnata la sentenza di
primo grado in ordine al profilo dell’applicazione o meno del termine di
decadenza, ma solo in ordine alla decorrenza del termine stesso, ritenendolo quindi
applicabile. Non si è formato alcun giudicato in quanto la sentenza di primo
grado ha ritenuto non fondata l’eccezione di decadenza ex art. 32 della I. citata
formulata dall’appellata società subentrante, in quanto il dies a quo sarebbe
da ricollegarsi alla risoluzione del rapporto ad opera dell’impresa cedente,
che mai vi è stata;

16.1. a fronte della impugnata statuizione da parte
della società sul punto dell’applicazione del termine decadenziale nessun onere
aveva il lavoratore, nemmeno per il profilo della proposizione di appello
incidentale condizionato, poiché la sentenza di primo grado aveva ritenuto
l’inapplicabilità di un termine decadenziale che neppure aveva iniziato a
decorrere e la cui decorrenza avrebbe potuto essere meramente ipotetica. La
sentenza impugnata è conforme in diritto al successivo orientamento
giurisprudenziale secondo cui l’art.
32 quarto comma in tali casi nemmeno si applichi (Cass. 7.11.2019 n. 4, 28750, in tema di cessione
d’azienda, ma il principio è lo stesso anche in tema di assunzione ex novo),
deve intendersi assorbente rispetto al motivo di appello, laddove risolve la
questione “a monte” ed a prescindere dalla decorrenza di un termine,
che nella specie non sussiste;

17. i primi tre motivi di ricorso relativi alla
statuizione della sentenza impugnata costitutiva del rapporto di lavoro ex novo
con l’azienda subentrante nell’appalto vanno disattesi;

17.1. la dedotta violazione del principio di
corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato – violazione dedotta anche con
il decimo motivo – non sussiste, in quanto, secondo consolidato orientamento
giurisprudenziale di legittimità, il divieto non concerne le ipotesi in cui,
come nella specie, il giudice espressamente o implicitamente dia al rapporto
controverso o ai fatti allegati quali causa petendi dell’esperita azione una
qualificazione giuridica diversa da quella prospettata dalle parti (cfr. tra le
tante Cass. 9 aprile 2018 n. 8645);

17.2. in ordine alle prospettate violazioni dei
canoni ermeneutici, con riferimento all’accordo sindacale del 29 dicembre 2004
(terzo motivo) ed all’art. 6 del
CCNL Igiene ambientale aziende private FISE del 12 aprile 2013 (terzo
motivo), anche tale motivo, come il settimo, è privo di doglianze specifiche,
con riferimento alla pretesa violazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362, 1363, 1366 e 1369 c.c.,
sicché lo stesso si risolve nella mera contrapposizione di una diversa
interpretazione rispetto a quella effettuata dal giudice di merito, onde il
motivo in considerazione va dichiarato inammissibile;

17.3. il secondo motivo esplicita, invece,
specificamente le pretese ragioni di discostamento del decisum rispetto ai
canoni ermeneutici di cui agli articoli sopra menzionati, tuttavia la sentenza
non li ha violati.

In particolare, innanzi tutto non vi è contestazione
da parte della ricorrente con riguardo all’utilizzo del termine
“trasferimento” in senso atecnico laddove rimanda all’impegno per
l’impresa, formalizzato nell’accordo stesso e vincolante per le parti, di
procedere all’assunzione” dei soggetti in possesso dei requisiti.
L’intenzione dei contraenti, come ritenuto correttamente dalla sentenza
impugnata, è rinvenibile nello scopo dell’accordo sindacale, individuabile
nella premessa, che, come sottolineato nell’art. 1, “è parte integrante
dell’atto negoziale. Lo scopo e, dunque, l’intenzione dei contraenti, è proprio
la formalizzazione dell’assunzione delle maestranze già in forza alla società
“L’Igiene ambientale srl, a seguito del subentro della costituita impresa
– a far data dal prossimo 01/01/2015 – nel servizio di igiene ambientale del
Comune di S.M. (NA)”)

17.4. il riferimento all’allegato contenente i
nominativi dei lavoratori da assumere nell’impresa subentrante, come sostenuto
dalla Corte partenopea, non può allora che essere un riferimento di massima,
suscettibile di essere integrato attraverso verifiche ulteriori circa altri
eventuali soggetti “aventi diritto”. Ciò del resto è esplicitato
nell’accordo attraverso l’inciso, richiamato espressamente nella sentenza
impugnata, secondo cui “le rappresentanze sindacali di riservano un
ulteriore controllo su tale elenco”. Non può, pertanto, ritenersi che la
sentenza impugnata abbia violato il canone interpretativo di cui all’art. 1362 c.c.;

17.5. ugualmente il riferimento alla funzione
ricognitiva dell’accordo fatto in sentenza non può ritenersi come in violazione
del criterio ermeneutico di cui all’art. 1369 c. c.,
in quanto la considerazione del “valore meramente ricognitivo” del
documento allegato all’accordo negoziale e parte integrante di esso sta a
significare che esso andava confrontato con una situazione di fatto che poteva
risultare anche diversa, come reso evidente dalla riserva di un “ulteriore
controllo su tale elenco”. Peraltro, la sentenza impugnata, contrariamente
a quanto sostenuto dalla ricorrente, afferma che anche il dipendente G. rientra
tra i dipendenti di cui all’allegato elenco ” e quindi è individuabile in
concreto, “in quanto la sentenza dichiarativa della nullità del
trasferimento ad altro cantiere produce l’implicito effetto del ripristino del
rapporto lavorativo nel cantiere originario di S.M., nel cui comune non esistevano
altre attività della società I.U. s.r.l. diverse da quelle oggetto dell’appalto
cessato”. Tale interpretazione, lungi dal potere essere considerata
un’interpretazione cavillosa dell’accordo, come sostenuto da parte ricorrente,
appare invece rispettosa del principio di buona fede di cui all’art. 1366 c.c., ulteriore criterio interpretativo
di legge;

17.6. infine, la sentenza non ha violato neanche il
canone di cui all’art. 1363 c.c., in quanto, diversamente
da quanto sostenuto da parte ricorrente, non ha utilizzato esclusivamente
frammenti del testo negoziale, ma ha tenuto ben presente l’allegato che ne
costituisce parte integrante con i relativi nominativi, ritenendo tuttavia che
l’elenco dei lavoratori aventi diritto all’assunzione potesse essere integrato,
per i motivi già richiamati, attraverso l’individuazione di altri aventi
diritto, come appunto il sig. P.G., che si è rivelato in possesso dei requisiti
previsti dall’accordo stesso. Ciò in quanto, come accertato proprio dalla
sentenza impugnata, “l’impegno rivolto indistintamente a “tutte le
maestranze” in forza al 29 dicembre 2014 – giorno della stipula dell’accordo –
riguardava anche l’appellato che a tale data era certamente ancora in forza
presso il cantiere, dovendo, questi, prendere servizio sulla base del
trasferimento, dichiarato comunque inefficace, a partire dal 31 dicembre
2014″;

17.7. il secondo motivo è pertanto infondato;

18. le svolte considerazioni conducono al rigetto
del ricorso;

19. le spese del presente giudizio di legittimità
seguono la soccombenza delle ricorrenti e sono liquidate come da dispositivo,
con attribuzione ai difensori dichiaratisi antistatari;

20. si applica il disposto di cui all’art. 13 comma 1 quater DPR n. 115/2002
nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna le società ricorrenti al pagamento delle
spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per
esborsi, euro 7000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per
legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%, con
attribuzione agli avv.ti A.O. e R.P..

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,
comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13, comma 1bis, del citato
D.P.R., ove dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 luglio 2020, n. 14896
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